Un primo sinistro causativo di lesioni personali ad una delle due persone coinvolte, a seguito del quale entrambi i conducenti, avendo indossato i prescritti giubbotti con catarifrangenti, scendevano dalle rispettive autovetture e impegnavano la sede stradale, luogo nel quale venivano investiti da una terza autovettura che sopraggiungeva, il cui conducente, a causa di un enorme pozzanghera d’acqua che si era formata, non riusciva ad arrestare la marcia, causando la morte di uno e le lesioni personali all’altro.
Tutti i conducenti venivano tratti a giudizio per il reato di omicidio colposo, il secondo investitore anche per il reato di lesioni personali colpose.
In primo grado i due imputati erano assolti con la formula perché il fatto non sussiste.
Avverso tale sentenza veniva proposto ricorso per cassazione dalla persona che aveva riportato lesioni personali in conseguenza del secondo sinistro, il quale lamentava la mancata disamina dei motivi di appello da parte della Corte territoriale, oltre che un erronea interpretazione della legge, elementi che avevano determinato l’incongruenza della formula assolutoria nei confronti dell’imputato rispetto ai fatti emersi durante l’istruttoria dibattimentale, motivi per i quali invocava, perché ritenuta più idonea, la pronuncia dell’assoluzione con la formula «perché il fatto non costituisce reato».
La Corte di Appello aveva confermato l’esclusione del nesso causale, il quale oltre a non rilevare nel fatto alcun elemento sul quale basare un rimprovero per inosservanza di norme disciplinanti la circolazione stradale, svolgeva considerazioni fattuali riferite alle condizioni metereologiche presenti al momento dell’incidente, che avevano determinato condizioni di scarsa visibilità ed il formarsi di una grossa pozza d’acqua sul manto stradale, condizione giudicata come eccezionale e tale da poter essere da solo considerata causa sopravvenuta, da sola sufficiente a determinare la perdita di controllo del mezzo e il conseguente sinistro, in modo tale da interrompere il rapporto causale tra l’azione del soggetto e l’evento lesioni personali.
La formula di assoluzione utilizzata in entrambi i gradi del giudizio di merito è quindi corretta, osservando anche come essa fosse più favorevole all’imputato, se comparata con quella «perché il fatto non costituisce reato», la cui applicazione era invocata nell’atto di ricorso.
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