È stato sequestrato un veicolo e affidato in custodia alla depositeria (se si fosse trattato di un custode-acquirente dopo 5 giorni dalla pubblicazione, sul sito istituzionale della prefettura, dell’avviso di affidamento senza intervento dell’interessato per il ritiro, il veicolo stesso sarebbe transitato nella proprietà dello stesso custode-acquirente interrompendo praticamente sul nascere, la maturazione delle spese di custodia).
All’esito della procedura di cui all’articolo 213 codice della strada la prefettura emette ordinanza di confisca, precisando che la quantificazione avverrà secondo tariffe stabilite dalla prefettura stessa e riscosse dal comune con richiamo all’articolo 27 della legge 689/81.
Occorre chiarire i seguenti aspetti:
– a chi compete l’anticipazione delle spese di custodia al titolare della depositeria?
– a chi spetta liquidare le spese di custodia?
– a chi spetta avviare le procedure di recupero dal trasgressore?
– con quale complesso normativo si avvia e si cura la procedura di recupero?
– e possibile attivare procedure di restituzione soldi in presenza di un preventivo pagamento?
A chi compete l’anticipazione delle spese di custodia al titolare della depositeria?
Dopo le modifiche del dicembre 2018 (e prima ancora di quelle del 2021) l’articolo 213 del codice della strada espressamente prevede che per i sequestri di veicoli non affidati al custode-acquirente attivati dopo l’entrata in vigore delle modifiche (ossia dal dicembre 2018) qualora il soggetto che ha eseguito il sequestro non appartenga ad una delle Forze di polizia di cui all’articolo 16 della legge 1° aprile 1981, n. 121, le spese di custodia sono anticipate dall’amministrazione di appartenenza.
Quindi, nel caso di specie, ove si tratti di sequestro adottato dopo il dicembre 2018 e la misura cautelare sia stata eseguita da personale appartenente al comando di polizia locale, l’anticipazione delle spese di custodia eventualmente richiesta dal titolare del deposito spetta senza dubbio alcuno al comune di appartenenza dell’agente operante. Ciò, fra le altre cose, in conformità all’articolo 11 del D.P.R. 571/82. Diverso sarebbe se il sequestro fosse stato eseguito in epoca precedente ovvero formalizzato da altro corpo di polizia.
A chi spetta liquidare le spese di custodia?
Tralasciando osservazioni sulla portata dell’espressione “liquidare”, sempre l’articolo 213, comma 3, conferma che in queste ipotesi (sequestro di veicoli non affidati al custode-acquirente) la liquidazione delle somme dovute alla depositeria spetta alla prefettura-ufficio territoriale del Governo. Divenuto definitivo il provvedimento di confisca, la liquidazione degli importi spetta all’Agenzia del demanio, a decorrere dalla data di ricezione del provvedimento adottato dal prefetto.
È pertanto evidente che la liquidazione – cioè la concreta quantificazione – spetti alla prefettura e non all’ente di appartenenza del pubblico ufficiale procedente.
Nel caso di cui al quesito la prefettura si limita a fare riferimento a tabelle predisposte dallo stesso organo periferico di Governo, senza però aver concretamente quantificato i costi.
Sul punto si possono consigliare due diversi comportamenti:
1) il comando di polizia locale, sulla base delle tabelle, se si tratta di operazione semplice, calcola l’ammontare delle spese di custodia e se le autodetermina ritenendo che con tale atto si sia data attuazione eterointegrata dell’ordinanza di confisca;
2) il comando di polizia locale riscrive alla prefettura invitandola a quantificare concretamente le spese di liquidazione in conformità alla disposizione sopra richiamata.
A chi spetta avviare le procedure di recupero dal trasgressore?
Spetta a chi ha anticipato (o avrebbe dovuto anticipare) il pagamento delle spese di custodia, cioè all’ente di appartenenza del pubblico ufficiale che ha adottato la misura cautelare del sequestro.
Con quale complesso normativo si avvia e si cura la procedura di recupero?
Ipotizzando di essere riusciti in qualche modo a quantificare (recte: liquidare) le spese di custodia spettanti al titolare della depositeria, occorre formare un atto che non è certamente l’ordinanza–ingiunzione di cui all’articolo 18 della legge 689/81, ed anche il richiamo all’articolo 27 della legge 689/81 (procedura tramite ruolo) è quanto meno alluvionale.
Prima della legge finanziaria del 2019 (legge 160) l’atto con cui si sarebbe dovuto procedere alla riscossione delle somme dovute a tale titolo era sicuramente l’ingiunzione fiscale di cui al R.D. 639/1910 (che è cosa diversa dall’ordinanza-ingiunzione).
Dal dicembre del 2019 è operativo altro sistema di recupero, che di fatto sostituisce la vecchia ingiunzione fiscale e assorbe, nelle procedure tramite ruolo, la cartella di pagamento. Si tratta dell’accertamento esecutivo di cui all’articolo 1, comma 792, della Legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio 2020), che incorpora anche i contenuti coattivi della cartella esattoriale. Tutto ciò contribuisce a far saltare un passaggio e ad anticipare i tempi della riscossione coattiva.
Più precisamente l’articolo citato stabilisce che le attività di riscossione relative agli atti degli enti, emessi a partire dal 1° gennaio 2020 sono, fra le altre cose potenziate mediante il c.d. l’avviso di accertamento relativo anche agli atti finalizzati alla riscossione delle entrate patrimoniali. Il provvedimento sostituisce la cartella di pagamento e deve contenere anche l’intimazione ad adempiere, entro il termine di sessanta giorni dalla notifica dell’atto finalizzato alla riscossione delle entrate patrimoniali, all’obbligo di pagamento degli importi negli stessi indicati.
Gli atti di questa tipologia devono altresì recare espressamente l’indicazione che gli stessi costituiscono titolo esecutivo idoneo ad attivare le procedure esecutive e cautelari nonché l’indicazione del soggetto che, decorsi sessanta giorni dal termine ultimo per il pagamento, procederà alla riscossione delle somme richieste, anche ai fini dell’esecuzione forzata.
Si consiglia la lettura dell’articolo 1, commi 792 e ss. della legge 160/2019.
È possibile attivare procedure di restituzione somme in presenza di tempestivo pagamento in misura ridotta?
Anche in questo caso la risposta è tendenzialmente negativa.
Fatta eccezione per casi di straordinaria illegittimità determinati da casistiche di assoluta oggettività, il tempestivo pagamento in misura ridotta manifesta una volontà opposta a quella di sindacare la legittimità di una verbalizzazione ad effetti sanzionatori e, quindi, in conformità a ciò che accade nell’ambito del procedimento sanzionatorio del codice della strada, si ritiene che il pagamento in misura ridotta sia ostativo ad ogni ulteriore valutazione compreso l’eventuale avvio di un procedimento di annullamento in autotutela.
Il ricorrente potrà, se vorrà, far valere i propri diritti con opportune azioni giudiziarie.
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