CASI RISOLTI – Annullamento in autotutela dei verbali opposti

23 Aprile 2022
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IL CASO

Si chiede conferma circa il fatto che la Pubblica Amministrazione possa agire in autotutela per la revoca o l’annullamento di un atto anche quando sia stata proposta opposizione all’autorità competente e sino alla pronuncia della sentenza.

Il Ministero dell’interno si è occupato del gravame di sua competenza (articolo 203) che, peraltro, non comporta spese a carico della pubblica amministrazione convenuta, la quale, interessata dal ricorso di cui all’articolo 204-bis ben potrà far uso dell’autotutela in corso del procedimento laddove individui un oggettivo interesse pubblico concreto ed attuale; questo, senz’altro si realizza a fronte di una sicura soccombenza che, nel ricorso giurisdizionale può portare alla condanna alle spese.

Quanto a quest’ultimo aspetto la parte attrice ben potrà chiedere le spese ed il giudice, il quale, anche in caso di dichiarazione della cessazione della materia del contendere, potrà porle a carico dell’amministrazione soccombente, ovvero decidere con breve motivazione la compensazione delle stesse o comunque, determinarle nella misura ritenuta di giustizia, anche tenendo conto del contegno della convenuta amministrazione la quale, a fronte di un provvedimento irrimediabilmente viziato, ha provveduto in maniera solerte a non aggravare ulteriormente il procedimento.

Ovviamente, i motivi a causa dei quali conviene procedere in autotutela devono essere oggettivamente dimostrabili (ad esempio, una violazione inesistente, una notifica oltre i termini senza giustificato motivo, etc.) e riportati nel provvedimento.

La giurisprudenza di legittimità, supportata dall’indirizzo del Consiglio di Stato e dei Tribunali amministrativi, ha confermato il principio secondo il quale, anche quando sia stata proposta l’opposizione e sino alla pronuncia della sentenza, la p.a. conserva “la facoltà di agire in autotutela con la revoca o l’annullamento dell’atto opposto, perdurando il dovere per l’amministrazione convenuta di valutare la rispondenza al pubblico interesse e l’attualità del provvedimento emesso” (ex multis Cass. civ. sent. n. 828/94 e n. 2140/97).

La Corte dei Conti, ad esempio, ha precisato che <<Avuto riguardo a questi connotati, deve escludersi che sia necessario accertare l’intervenuta decadenza con un provvedimento del giudice, essendo sufficiente che l’Amministrazione, dopo aver accertato in sede di autotutela l’assenza del solo fatto impeditivo della decadenza (in questo caso la notificazione regolare del verbale C.S. ndr) , provveda d’ufficio ad archiviare il procedimento sanzionatorio: diversamente gli eventuali successivi atti (esecutivi) sarebbero esposti a nullità – questa sì, da accertarsi eventualmente giudizialmente – in considerazione dell’estinzione del diritto. Del resto, la prospettata necessità del provvedimento giudiziale contrasterebbe con lo stesso fondamento dell’Istituto, posto che l’attesa di tale provvedimento, necessariamente all’esito di un giudizio, integrerebbe una interruzione o una sospensione, in contrasto con la previsione ex art. 2964 c.c.>> (Corte dei conti 5/6/2019 n. 103. SI veda anche Corte dei conti sez. II 28/2/2018 n. 109).

Certo è che il criterio principale che può giustificare l’annullamento in autotutela sarà sempre l’assoluta oggettività del motivo di illegittimità del verbale, oltre alla presenza di un interesse concreto e attuale che non si concretizza tanto nel recupero di una giustizia sostanziale, quanto invece nel dovere di evitare o almeno limitare un danno per la pubblica amministrazione e tali argomentazioni, debitamente esplicitate nell’atto con il quale si annulla il verbale escludono il rischio dell’abuso d’ufficio che, invece, è sempre sotteso all’annullamento di atti basato su valutazioni soggettive.

Ovviamente, si tratta di una interpretazione personale – anche se basata sull’esperienza diretta nel contenzioso – per cui si tratta di scelte operative che ognuno potrà adottare, ovvero si potrà scegliere la diversa strada di presentare unicamente una memoria con la quale si da atto dell’illegittimità oggettiva del verbale, rimettendo la decisione al giudice.

 

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