Di fondo c’è che la condizione di flagranza che legittima la misura dell’arresto non si concilia perfettamente con i tempi di esercizio del diritto di querela (tre mesi, salvi periodi maggiori in casi speciali).
Conciliando l’obbligo di procedere della PG con l’ipotesi in cui fosse assente sul momento la condizione di procedibilità il legislatore, nella formulazione originaria dell’art. 380 c.p.p., aveva risolto questa discrasia ipotizzando – considerata la flagranza – che la parte offesa, titolare del diritto di querela, fosse presente e legittimata ad esprimersi nell’immediato sulla volontà di querelarsi, salva la possibilità di rimettere l’atto subito dopo.
Tale soluzione, tuttavia, non si palesava esaustiva nei casi in cui la vittima invece non fosse presente (come nei casi di cosiddetta quasi-flagranza, oppure quando l’azione si risolva con la violenza sulle cose in assenza del titolare del diritto).
È proprio per colmare questa lacuna che la nuova formulazione del citato 3° comma, prevede ora (a seguito della modifica, da ultimo, apportata dall’art. 3 della legge 24 maggio 2023, n. 60) che:
<< Se si tratta di delitto perseguibile a querela e la querela non è contestualmente proposta, quando la persona offesa non è prontamente rintracciabile, l’arresto in flagranza, nei casi di cui ai commi 1 e 2, è eseguito anche in mancanza della querela che può ancora sopravvenire. In questo caso, se la querela non è proposta nel termine di quarantotto ore dall’arresto oppure se l’avente diritto dichiara di rinunciarvi o rimette la querela proposta, l’arrestato è posto immediatamente in libertà. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria che hanno proceduto all’arresto effettuano tempestivamente ogni utile ricerca della persona offesa. Quando la persona offesa è presente o è rintracciata ai sensi dei periodi precedenti, la querela può essere proposta anche con dichiarazione resa oralmente all’ufficiale o all’agente di polizia giudiziaria, ferma restando la necessità di rendere alla persona offesa, anche con atto successivo, le informazioni di cui all’art. 90-bis.>>
Si rammenta che l’operatore di PG che procede deve esporre gli elementi di fatto che hanno comportato la misura al fine di consentire al giudice, in sede di convalida, una puntuale verifica di legittimità.
Infatti, il giudice, oltre a procedere ad una verifica formale circa la osservanza dei termini previsti dagli artt. 386, comma 3 e 390, comma 1 c.p.p., deve necessariamente controllare la sussistenza dei presupposti che legittimano la misura, ossia valutare l’operato della PG, sulla base di un controllo di ragionevolezza in relazione allo stato di flagranza ed alla possibilità di ipotizzare uno dei reati di cui agli artt. 380 c.p.p.
Tale verifica in sede di convalida riguarda, ai sensi dell’art. 391, comma 4 c.p.p.:
a) l’osservanza formale dei termini dagli artt. 386, comma 3 e 390, comma 1 c.p.p.;
b) la sussistenza dei presupposti legittimanti l’eseguito arresto, secondo il disposto degli art. 380 e 382 c.p.p., ossia se ricorrono gli estremi della flagranza e se sia configurabile, con riferimento al caso specifico, una delle ipotesi criminose che impongono l’arresto (fumus commissi delicti);
c) la legittimità dell’operato della polizia giudiziaria sulla base di un controllo di ragionevolezza dell’arresto stesso in relazione allo stato di flagranza ed alla possibilità di ipotizzare uno dei reati di cui agli artt. 380 c.p.p.;
d) la configurabilità in astratto del reato.
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