1. È legittimo l’utilizzo della posta elettronica non solo per l’invio delle domande di accesso agli atti ma anche per le risposte dell’ente pubblico. Vengono in questione, infatti: la norma generale dell’art. 3-bis della legge 7.8.1990, n. 241, secondo cui “per conseguire maggiore efficienza nella loro attività, le amministrazioni pubbliche incentivano l’uso della telematica, nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati”; la norma specifica dell’art. 13 del decreto del Presidente della Repubblica 12.4.2006, n. 184, a detta della quale “le pubbliche amministrazioni […] assicurano che il diritto d’accesso possa essere esercitato anche in via telematica”. Per il principio della parità delle posizioni e per assicurare l’efficienza dell’azione amministrativa (che è un valore costituzionale), la disposizione deve valere non solo nei confronti, ma anche a favore dell’amministrazione, salvo che non sussistano particolari ragioni in senso contrario, che nel caso di specie non compaiono e comunque non sono state effettivamente dedotte.
2. È illegittimo il provvedimento con il quale l’amministrazione, nell’evadere l’istanza di accesso agli elaborati di tutti i candidati ammessi alle prove orali, ha trasmesso copia di solo una parte degli elaborati, estratti a sorte. A norma dell’art. 24, comma 7, primo periodo, della citata legge n. 241 del 1990, “deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”. A questo diritto di accesso va garantita piena tutela. Né possono essere invocati in contrario difficoltà amministrative, che la legge non prevede come limiti all’esercizio del diritto stesso e che comunque in concreto, alla luce del numero degli elaborati a cui viene chiesto l’accesso, non appaiono rappresentare un onere eccessivo per un’amministrazione in questione. Certamente, il Collegio non si nasconde che, attraverso la lettura comparata degli elaborati dei candidati ammessi, la concorrente si prefigge il ben arduo compito di sindacare l’esercizio, da parte della commissione esaminatrice, della propria discrezionalità tecnica, cioè un obiettivo perseguibile – secondo la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato e della Corte di Cassazione – solo entro limiti assai ristretti. Si tratta però di una scelta processuale della parte, nel merito della quale non è lecito entrare e che esula comunque dal perimetro del presente giudizio.
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