La causa di servizio è e resta una questione riservata

Corte di Cassazione Civile sez. I 13/2/2012 n. 2034

Maurizio Marchi 5 Marzo 2012
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Omissis chiedeva al comune di XXX con domanda del 13 settembre 2002 il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di una patologia da cui era affetto. Il Comitato di verifica con verbale del 30 giugno 2004 esprimeva parere negativo.

Con determinazione del 26 luglio 2004 la responsabile area direzionale del comune di XXX dottoressa Omissis  negava il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio in questione. Riportava nell’atto amministrativo diagnosi, cause, natura ed effetti della medesima, e ne disponeva la pubblicazione nell’Albo Pretorio del Comune per 15 giorni.

Il Omissis ritenendo gravemente leso il proprio diritto alla riservatezza si rivolgeva al Tribunale di Cagliari chiedendo la condanna del Comune e della dottoressa Omissis  al risarcimento dei danni non patrimoniali da lui subiti a seguito della illegittima divulgazione dei dati personali e sensibili in quanto riguardanti la sua salute.

La causa è arrivata in Cassazione (Cassazione civile sezione I – sentenza 13.02.2012 n. 2034) che ha precisato che il Tribunale di Cagliari ha individuato nella vicenda la sussistenza, in fatto, di imbarazzo e preoccupazione in capo all’attore quali effetti della pubblicazione di cui si tratta.

In sostanza, continua la sentenza appellata del Tribunale, ulteriore pregiudizio è derivato dalla specifica preoccupazione dell’attore, determinata dal fatto che le modalità di pubblicazione, che rendevano possibile una lettura da parte di un numero indeterminato di soggetti dell’atto amministrativo motivato nel modo che si è detto, hanno creato una ulteriore preoccupazione per l’incertezza sul numero degli effettivi conoscitori della predetta situazione personale.

Insomma, secondo il giudice del merito, in capo all’attore, si era creato uno specifico patema d’animo, consistente, nella mancanza di conoscenza se qualunque suo interlocutore nella vita di relazione, fosse o meno a conoscenza di quei dati, che: la legge, individuandoli come sensibili, intende debbano essere protetti.

Da non dimenticare che “la giurisprudenza del Garante sul tema chiarisce come non é sempre necessario riportare i dati in questione nelle valutazioni, negli atti amministrativi, o comunque in determinazioni del datore di lavoro da rendere pubbliche o da diffondere tra più soggetti, quando, per l’appunto, la menzione specifica di siffatti dati non é necessaria per il fine dell’atto che si sta compiendo.

Il giudice di merito conclude che vi é stato un trattamento del dato sensibile eccedente la funzione pubblica in questione – quella della pubblicazione ovvero della notificazione dell’atto – che ben avrebbe potuto, attraverso l’uso di omissis e senza trascurare gli obblighi di motivazione che spettano all’autore di un atto amministrativo, comunicare la determinazione in forma che avrebbe reso inevitabile la conoscenza di taluni fatti specifici.”

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