Il ‘nemico’ può stare in commissione?

Maurizio Marchi 27 Marzo 2012
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I fatti traggono origine da una selezione interna con “incidente di percorso”: almeno per quel che ne pensa la ricorrente.

In pratica, una dipendente del Comune di XXX, inquadrata nella categoria C (livello retributivo C2), partecipò alla procedura per il passaggio di n. 1 dipendente alla categoria D (pos. ec. D1) presso, classificandosi a pari merito (punti 22) con l’altra concorrente, che fu dichiarata vincitrice in quanto più giovane di età.

La seconda classificata ricorre precisando che un componente della Commissione era incompatibile in quanto vi sarebbero stati forti contrasti, risalenti a prima della selezione/concorso tra la partecipante alla selezione e la Commissaria.

Il Consiglio di Stato (Consiglio di Stato sez. V 7/2/2012 n. 650) ha precisato che “se è vero che il primo comma, secondo periodo, dell’articolo 11 del D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, stabilisce che “I componenti (della commissione), presa visione dell’elenco dei partecipanti, sottoscrivono la dichiarazione che non sussistono situazioni di incompatibilità tra essi e i concorrenti, ai sensi degli articoli 51 e 52 del codice di procedura civile”, deve pur tuttavia evidenziarsi che la giurisprudenza ha precisato che le cause di incompatibilità, estensibili, in omaggio al principio di costituzionalità, a tutti i campi dell’azione amministrativa e segnatamente alla materia concorsuale, rivestono carattere tassativo e, come tali, sfuggono ad ogni tentativo di manipolazione analogica, stante l’esigenza di assicurare la certezza dell’azione amministrativa e la stabilità della composizione delle commissione giudicatrici”, aggiungendo che “non vale ad integrare la pendenza di una “causa” la mera presentazione di un esposto, che non è un atto di citazione, un ricorso o comunque un atto di impulso idoneo a dare inizio ad un procedimento giudiziale; nè tale presentazione può configurare l’obbligo di astensione per “grave inimicizia”, che deve essere reciproca ed originata da rapporti privati”. Ed ancora che “non è stata fornito alcuno specifico ed in equivoco elemento di fatto volto a comprovare la eventuale situazione di grave inimicizia tra il predetto dott. Marco Tonelli e l’appellata, a tale fattispecie non potendo ricondursi le dinamiche lavorative che contrappongono, quasi fisiologicamente, la figura del dirigente e quelle dei suoi subordinati o anche dei suoi più stretti collaboratore, non essendo stato in alcun modo provato che tale contrapposizione abbia superato i limiti della tollerabilità, sfociando in atteggiamenti illeciti e persecutori, volti palesemente ed ingiustificatamente a pregiudicare o danneggiare irrimediabilmente la persona del proprio dipendente – collaboratore”.

In sostanza “non sussiste l’obbligo di astensione nel caso in cui il partecipante ad un concorso abbia instaurato un giudizio per un preteso comportamento di “mobbing” subito quale dipendente del comune che ha indetto il concorso, ove tale giudizio sia in realtà pendente nei confronti dell’amministrazione comunale e non già nei confronti del dirigente – componente della commissione di concorso nei cui confronti si vuol fare valere la pretesa situazione di incompatibilità (ancorché quest’ultimo sia, secondo le affermazioni del dipendente, l’autore materiale dei comportamenti incriminati); nè in tal caso sussiste una situazione di grave inimicizia tra il dirigente ed il dipendente, a tale fattispecie non potendo ricondursi le dinamiche lavorative che contrappongono, quasi fisiologicamente, la figura del dirigente e quelle dei suoi subordinati.”

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