Deve essere riconosciuta al soggetto coinvolto in un acceso diverbio, determinante l’intervento dell’autorità di polizia ferroviaria che procedeva a verbalizzare le generalità di entrambi i soggetti coinvolti, l’ostensione delle generalità in questione (mediante esibizione del relativo verbale di identificazione), nel caso in cui le ragioni della denegata ostensione siano del tutto differenti da quelle inerenti il segreto istruttorio e poggino sulla convinzione che la polizia non sia tenuta a fornire le generalità (accertate nell’esercizio di funzioni di p.s. e non solo di p.g.) dei cittadini coinvolti in situazioni di diverbio o litigio, pena la violazione della privacy degli stessi.
D’altro canto, dalla nota in questione non emerge né se gli atti di p.g. siano stati compiutamente compendiati in una informativa di reato, né quale sia il livello di completezza delle indagini finora svolte. Sicchè, in assenza di concreti elementi da cui desumere l’attuale esistenza di indagini e soprattutto il loro oggetto ed il loro grado, non può che ritenersi che le ragioni indicate siano recessive rispetto all’esigenza di trasparenza. Ciò è tanto più vero laddove si pensi che l’atto di cui si chiede l’ostensione (verbale di identificazione) non pregiudica in modo alcuno le indagini da svolgersi o la loro segretezza, in quanto si riferisce ad un avvenimento che risulta del tutto noto (e per ciò non segreto) sia al richiedente sia al controinteressato.
Risulta di tutta evidenza che ogni ulteriore documento inerente agli atti di indagine esula dal novero degli atti ostensibili, a tutela del perdurante dovere di segretezza.
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