Nel quotidiano l’inevitabile non è solo tale

Barbara Riva 8 Giugno 2012
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E’ diffusa l’idea che nel quotidiano l’inevitabile sia tale e, che il dramma sia  solo attribuibile a un destino avverso e/o ad una fatalità: ma non è spesso così. Anche nel caso specifico del fenomeno degli incidenti stradali, ci si confronta con la circostanza derivante dai dati statistici, i quali, continuano a riscontrare che le cause di questi sono purtroppo da attribuire, con significativa frequenza, anche ad un agire umano scorretto, dovuto a molteplici fattori. Affinché questi ultimi siano sempre meno attribuibili a mancanza di conoscenze, di rispetto di regole, di norme, di condivisione e, se vogliamo, in una sola parola, di “senso comune”, bisogna far si che l’educazione stradale venga riconosciuta quale diritto del singolo e veramente inserita all’interno di tutti curricula scolastici (e non solo). Di cosa tratta precisamente l’educazione stradale? A quale età del bambino è importante proporla?

 

Essa è indubbiamente una tematica multidisciplinare e trasversale che presuppone un’integrazione di saperi e di “pensieri”. Basata sul principio fondamentale del rispetto di se stessi e degli altri, essa coinvolge numerosi aspetti della vita di ognuno di noi, affettivi, sociali ed etici: non si rifà, infatti, solo a regole, norme e prassi.

 

Premesso che “educare” vuol dire “allevare”, “tirar fuori” (dal latino “educere”), che anche l’educazione stradale coinvolge fortemente la maturazione interiore e sociale della persona, può risultare strategico far conoscerne i principi e le norme, sin dalla più tenera età.

 

Essa rappresenta quello “strumento” in grado di  portare a un modo di essere, a una “cultura” della strada, dove cultura ed educazione devono assumere un ruolo fondamentale nel condizionare i comportamenti degli individui, nel loro modo di pensare e di agire.

 

Perché non educarlo ad essa?

 

L’educazione stradale deve essere parte dell’Educazione che il bambino ha diritto di ricevere fin da subito, “al fine di sviluppare tutte le capacità” e “libertà” e per divenire in grado di condividere il mondo con tutti (anche quella parte di mondo che è la strada).

Se l’argomento non si trasmette all’uomo fin da piccolo, non si sfrutta il potenziale di approfondimento tipico che il bambino possiede ed il suo alto grado di attenzione (ed imitazione) verso la figura adulta, nonché la forte capacità che lo stesso ha di introiettare i concetti più diversi, di farli propri, di vederli e di memorizzarli. Senza contare che quello che si impara da piccoli, non si scorda più, il comportamento corretto sulla strada, può venire assimilato dal bambino come un qualcosa di normale, come quell’insieme di piccoli gesti che si fanno, e “si vedono fare”, tutti i giorni. L’educazione stradale, se veicolata fin dalla più tenera età, contribuisce anche al processo di formazione della personalità individuale attraverso l’integrazione sociale e la trasmissione culturale. Due concetti complementari, che ben evidenziano come tale tematica sia basilare per un processo culturale che la nostra società deve intraprendere, al fine di modificare un fenomeno troppo radicato quale quello dell’incidentalità stradale. Concepire la sicurezza stradale come una forma di educazione sembra però più facile – almeno nel nostro paese – dal farne una “Cultura”. Se la cultura di un paese è il background del suo popolo, la realtà delle cose dimostra infatti che, almeno in Italia, troppe persone non testimoniano ancora con il proprio comportamento di aver acquisito un approccio culturale verso la tematica della sicurezza stradale, intesa quale valore di vita e di rispetto di se e degli altri.

 

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