Va detto in primo luogo che è del tutto privo di fondamento l’assunto che il Comune (e chissà poi perché il Comune e non la locale Questura, o il Comando dell’Arma o della Guardia di Finanza, o gli altri organi di polizia stradale/polizia giudiziaria) avrebbe dovuto stipulare un protocollo con l’ASL per determinare le modalità di assunzione e conservazione dei campioni di sangue, né si comprende il riferimento al protocollo che sarebbe intercorso tra il Comune di Firenze e l’ASL fiorentina, dato che alcuna norma di diritto positivo lo prevede, né pare sensato ipotizzare che ogni comune possa o debba ancor di meno dettare disposizioni di ordine tecnico/scientifico all’organo competente.
Se, invece, si volesse fare riferimento al protocollo siglato dal Ministero dell’interno e dal Ministero della salute, risalente al 2005, occorre rilevare in primo luogo che lo stesso non è previsto da alcuna norma positiva e, soprattutto, non riveste carattere normativo, ma solo indicativo, di mero indirizzo; inoltre, esso è rivolto, quanto alla procedura tecnico-scientifica alle stesse ASL cui compete, in maniera esclusiva, il prelievo, l’esame e l’eventuale conservazione di campioni di liquidi biologici e/o sangue prelevati. Infatti, solamente per il comma 3 dell’articolo 186 del codice della strada è richiesta l’emanazione di una non meglio precisata direttiva del solo Ministero dell’interno, mentre nulla è disposto per il caso del prelievo di sangue, in quanto caso eccezionale subordinato al consenso della persona indagata…
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