Inseguimento fuori dal territorio comunale: la Cassazione non ritiene sia un atto arbitrario

Maurizio Marchi 21 Maggio 2014
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Per la verità i fatti traggono origine da altro:  un diverbio tra un cittadino ed un agente che, inseguito il presunto trasgressore ben oltre i confini del proprio territorio comunale (parliamo quindi di un agente di polizia locale), avrebbe utilizzato un linguaggio e mantenuto un atteggiamento un poco “inurbano”.
Ma non è questo che ci interessa, pur ribadendo che il comportamento degli agenti, anche nelle situazioni più difficili, deve sempre essere caratterizzato da gentilezza (ma anche fermezza).
Poco importa ora sapere chi aveva ragione nei fatti che portarono alla pronuncia di Cassazione, sezione V,  n. 15676 , 8 aprile 2014.  Quello che ci interessa è rilevare, con sollievo, come la Suprema Corte non ritenga un atto arbitrario l’inseguimento fuori territorio di competenza per contestare una violazione commessa prima di “varcare il confine”.

E’ una questione di non poco conto, tenuto conto del quotidiano attacco che le divise subiscono: si sono registrati addirittura casi in cui la giurisprudenza (quella del Giudice di Pace) avrebbe sancito una sorta di divieto per la polizia locale di accedere addirittura alle strade statali:  figuriamoci in un caso come questo!

Ora la Cassazione, anche se non a sezioni unite (ma non si registrano sentenze di parere opposto), riconosce la possibilità (non essendo un atto arbitrario) di “varcare il Rio Bravo” per inseguire un trasgressore.

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