Collocazione abusiva di cartello pubblicitario: vige l’art. 23 c.d.S.
La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 2689 del 1.2.2017, ricorda che la collocazione di un cartello pubblicitario, su suolo privato, in prossimità di svincolo autostradale è soggetta, ex art. 23, quarto comma, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, a specifica autorizzazione da parte dell’ente proprietario della strada, finalizzata a verificare che i mezzi pubblicitari non costituiscano un pericolo per la circolazione in relazione alla distrazione che possono determinare negli utenti della strada, insufficiente rivelandosi, pertanto, la sola concessione edilizia, rilasciata dal comune, avente la diversa finalità di accertamento della compatibilità con le norme urbanistiche dell’intervento edilizio per la suddetta collocazione.
Nel caso in analisi, il cartello pubblicitario è stato posto in prossimità di uno svincolo autostradale, senza la specifica autorizzazione dell’ente proprietario della strada ma solo con l’autorizzazione rilasciata dal Comune. Da ciò, deriva la legittima applicazione dell’art. 23 comma 7 e la conseguente applicazione del comma 13 bis del c.d.s., quanto alla sanzione, il quale dispone che:
“In caso di collocazione di cartelli, insegne di esercizio o altri mezzi pubblicitari privi di autorizzazione o comunque in contrasto con quanto disposto dal comma 1, l’ente proprietario della strada diffida l’autore della violazione e il proprietario o il possessore del suolo privato, nei modi di legge, a rimuovere il mezzo pubblicitario…..l’ente proprietario provvede ad effettuare la rimozione del mezzo pubblicitario e alla sua custodia ponendo i relativi oneri a carico dell’autore della violazione e, in via tra loro solidale, del proprietario o possessore del suolo.. …”.
Cosa significa che il proprietario del suolo è responsabile in via solidale?
La norma del C.d.S. menziona espressamente la responsabilità del proprietario o possessore del suolo anche in via solidale, dove per “in via solidale” viene inteso per implicito il concetto espresso nell’art. 6 della legge 689/81, sulle sanzioni amministrative, secondo il quale:
“il proprietario della cosa che servì o fu destinata a commettere la violazione o, in sua vece, l’usufruttuario o, se trattasi di bene immobile, il titolare di un diritto personale di godimento, è obbligato in solido con l’autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta se non prova che la cosa è stata utilizzata contro la sua volontà….”
La suprema Corte richiama il fondamento giuridico di tale solidarietà: esso va individuato nella proprietà del mezzo usato per la commissione dell’infrazione e nel rapporto soggettivo e funzionale della condotta tenuta con l’interesse ovvero gli scopi di una persona giuridica o di un ente di fatto, con l’autore della violazione, indipendentemente dalla identificazione della persona fisica che ha commesso materialmente la violazione.
Quindi – concludono i giudici – la responsabilità solidale del proprietario dei mezzi che servirono a perpetrare l’infrazione rispondono in solido della violazione per scelta del legislatore. E il contratto tra il ricorrente e la società che ha materialmente collocato i mezzi pubblicitari in questione non può comportare la deroga alla responsabilità solidale normativamente prevista.
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