Responsabilità del proprietario (e dei comproprietari) dell’immobile abusivo

Il proprietario dell’immobile in cui viene realizzato un abuso ex art. 44 del T.U. dell’Edilizia, proprietario che però non sia anche titolare del permesso, può essere responsabile del relativo reato, anche quando non sia anche committente (o costruttore e/o direttore dei lavori) delle opere abusive?  qualche cenno (considerazioni a margine di Cass. pen., sez. III, 29 novembre 2016, n. 50499). Leggi il commento di S. Maini

21 Marzo 2017
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Il proprietario dell’immobile in cui viene realizzato un abuso ex art. 44 del T.U. dell’Edilizia, proprietario che però non sia anche titolare del permesso, può essere responsabile del relativo reato, anche quando non sia anche committente (o costruttore e/o direttore dei lavori) delle opere abusive?

La domanda potrebbe in effetti apparire curiosa, perché, “a buon senso”, potrebbe essere non facilissimo immaginare un soggetto che abbia, con l’immobile, un rapporto più stretto del suo proprietario. Per capirci, il “buon senso” potrebbe tranquillamente condurre a chiedersi chi mai, più e meglio del proprietario, può avere “voce in capitolo” su ciò che si fa nel/del proprio immobile, domanda che, a propria volta, renderebbe plausibile chiedersi come si possa anche soltanto ipotizzare la sua impunità per l’abuso perpetrato sul  proprio immobile.
In realtà, non è così semplice.

Basti pensare che, ad onta di quanto potrebbe far pensare il “buon senso”, il proprietario non è tra i soggetti che l’art. 29, T.U. Edilizia –  la norma di riferimento in materia –  elenca come responsabili, ai fini e per gli effetti delle norme contenute nel presente capo (di che capo effettivamente si tratti, dirò tra un attimo – n.d.r.), della conformità delle opere alla normativa urbanistica, alle previsioni di piano nonché … a quelle del permesso e alle modalità esecutive stabilite dal medesimo (anche se, naturalmente, quando egli fosse anche committente/esecutore/direttore dei lavori, risponderebbe del reato in tali vesti ).

Quale che sia la ragione della mancata “nomination” del proprietario (che si dovrebbe tendenzialmente escludere sia dovuta ad una svista (reiterata) del legislatore – visto che essa data, senza soluzione di continuità, dall’art. 31 della legge n. 1150/1942), fatto sta che la sua mancata inclusione nell’art. 29 cit., è, per l’appunto, un fatto, con cui bisogna fare i conti.
Conti che, peraltro, la giurisprudenza penale di legittimità ha semplificato assai, in questo modo:

  1. ha ritenuto irrilevante il fatto che il presente capo dell’art. 29 del T.U. cit., non comprende le disposizioni sanzionatorie (che invece, ben più linearmente, comprendeva il presente capo dell’art. 6 della legge n. 47/1985, di cui l’art. 29 è trasposizione nel T.U. dell’Edilizia) ;
  2. di fatto, ha reso da sempre irrilevante la questione, ammettendo comunque, da sempre, la possibilità di concorso dell’extraneus nel reato proprio (Cass. pen., 23 ottobre 2012, n. 41309), fino a praticamente azzerare ogni eventuale questione nel momento in cui, più di recente , qualifica i reati dell’art. 44, T.U. dell’Edilizia, come reati comuni (naturalmente “…salvo che per i fatti commessi dal direttore dei lavori e per la fattispecie di inottemperanza all’ordine di sospensione dei lavori…” (Cass. pen., 16 settembre 2016, n. 38492)

In soldoni, allo stato, sul se il proprietario… Leggi il commento di S. Maini

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