Spray al peperoncino come un’arma comune da sparo
La Corte di Cassazione interviene nuovamente sul tema con la Sentenza n. 10889, pubblicata il 6.3.2017, nella quale è chiaramente ribadito che lo spray al peperoncino è considerato alla stregua di un’arma comune da sparo. Perciò può essere utilizzato solo per autodifesa. In caso contrario si rischia di commettere reato aggravato. I giudici della Suprema Corte richiamano la giurisprudenza prevalente della stessa corte che :
“ha affermato il principio che il porto in luogo pubblico di tale bomboletta, contenente gas urticante idoneo a provocare irritazione degli occhi, sia pure reversibile in un breve tempo, è idonea ad arrecare offesa alla persona e come tale rientra nella definizione di arma comune da sparo da cui all’art. 2 L. n. 110 del 1975 (Sez. 1, sent. n. 11753 del 28/02/2012, Cecchetti, Rv. 252261; Sez. 1, sent. n. 44994 del 14/11/2007, Amantonico, Rv. 238704) o ancora è ricompresa nel novero degli aggressivi chimici…”
Quando si può usare lo spray al peperoncino?
I giudici ribadiscono che lo spray è uno strumento di autodifesa, anche se non ha l’attitudine di recare offesa alle persone e i danni che provoca sono reversibili (posto che la concentrazione della sostanza sia al di sotto dei limiti consentiti per legge). Il suo utilizzo e produzione sono regolati dal Decreto Ministero dell’Interno del 12.5.2011 n. 103 “Regolamento concernente la definizione delle caratteristiche tecniche degli strumenti di autodifesa che nebulizzano un principio attivo naturale a base di Oleoresin Capsicum e che non abbiano attitudine a recare offesa alla persona, in attuazione dell’articolo 3, comma 32, della legge n. 94/2009”. Per essere considerato a norma di legge deve avere, fra le molte, queste caratteristiche:
- miscela contenuta deve essere a base di oleoresin capsicum
- percentuale della sostanza non deve essere superiore al 10%
- non deve nebulizzare sostanze infiammabili, corrosive o tossiche
- non deve superare la gittata di 3 metri
- va venduto a persone oltre i 16 anni.
La Corte di Cassazione, a suffragio di quanto valutato, ricorda il fatto che l’art. 2 del citato Decreto stabilisce che
“La confezione dei prodotti di cui al comma 1 deve riportare: (…) c) le istruzioni, le precauzioni d’uso e l’indicazione che l’uso dei prodotti è consentito solo per sottrarsi a una minaccia o a una aggressione che ponga in pericolo la propria incolumità”.
Consulta la Sentenza n. 10889 del 6.3.2017, Corte di Cassazione
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