La sentenza viene impugnata in Cassazione dal ricorrente che lamenta violazione degli artt. 203 e 204-bis C.d.S., nonché dell’art. 2699 c.c. essendo il verbale di contestazione un atto pubblico avente una forma predeterminata dal codice della strada, nella quale devono essere necessariamente indicati i termini di 30 e 60 giorni per proporre ricorso, rispettivamente, al giudice di pace e al prefetto, non potendo il modulo essere corretto a penna dal verbalizzatore.
Secondo la Corte il Tribunale ha correttamente valutato la situazione fattuale, rilevando l’inidoneità della correzione manuale del verbale ad indurre in errore il ricorrente, come sostenuto da quest’ultimo a sostegno di una pretesa violazione del proprio diritto di difesa.
L’ordinanza in commento precisa infatti che «il significato della correzione era del tutto evidente e pertanto non poteva non essere percepito nel caso concreto dalla persona che riceveva attraverso il verbale la contestazione di violazione e l’indicazione delle vie per opporsi».
Il ricorso è inammissibile.
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