I due decreti intervengono, da un lato, sulla disciplina del regime di procedibilità per alcuni reati, ampliando le ipotesi di procedibilità a querela, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza del sistema penale e, dall’altro, sulle disposizioni in materia di intercettazione di conversazioni o comunicazioni, confermando il ruolo delle intercettazioni come fondamentale strumento di indagine e creando un giusto equilibrio tra la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione e il diritto all’informazione.
Procedibilità – Il regime della querela è stato esteso «a quei reati contro la persona e contro il patrimonio che si caratterizzano essenzialmente per il valore privato dell’offesa o per il suo modesto valore offensivo», quali i reati contro la persona puniti con la sola pena pecuniaria o con la pena detentiva non superiore ai 4 anni (ad eccezione della violenza privata).
Intercettazioni – Il testo «non restringe la facoltà dei magistrati e delle forze dell’ordine di utilizzare le intercettazioni e non interviene sulla libertà di stampa e il diritto di cronaca», confermando al contempo il fondamentale ruolo come strumento di indagine. «Le misure contenute nella delega puntano a garantire la riservatezza delle comunicazioni rilevanti a fini di giustizia, escludendo, in tempi certi e prossimi alla conclusione delle indagini, il materiale documentale non rilevante, in modo da impedire l’indebita divulgazione di fatti e riferimenti a persone estranee alla vicenda oggetto di attività investigativa».
Registrazioni fraudolente – Il testo si fonda su criteri direttivi ben precisi. In primo luogo, viene introdotto il delitto di diffusione di riprese e registrazioni di comunicazioni fraudolente «che punisce chi, partecipando a incontri o conversazioni riservate con la persona offesa, ne raccolga dolosamente il contenuto con microfoni o telecamere nascoste al fine di diffonderlo per recare danno alla reputazione della vittima. La punibilità è esclusa nel caso in cui la registrazione senza consenso venga utilizzata in ambito processuale, come esercizio del diritto di difesa o nell’ambito del diritto di cronaca».
Riservatezza -Lo schema di decreto interviene anche sul codice di procedura penale vietando «la trascrizione, anche sommaria, delle comunicazioni o conversazioni irrilevanti per le indagini nonché di quelle concernenti dati personali sensibili, imponendo che nel verbale siano indicate solo la data, l’ora e il dispositivo su cui la registrazione è stata effettuata».
Vengono riscritte le norme in tema di deposito degli atti e selezione del materiale raccolto: il PM assume il ruolo di «garante della riservatezza della documentazione a cui spetta la custodia, in un apposito archivio riservato, del materiale irrilevante e inutilizzabile, con facoltà di visione ed ascolto, ma non di copia, da parte dei difensori e del giudice».
Inoltre, in riferimento alla verbalizzazione delle intercettazioni, il decreto prevede che siano indicati, oltre ai nominativi dei soggetti appartenenti alla P.G. delegati alle operazioni, i luoghi in cui in cui avviene la captazione, l’attivazione del captatore e le modalità di trasmissione dei dati.
Intercettazioni informatiche – Il decreto disciplina poi le intercettazioni mediante captatore informatico cd. trojan «un malware occultamente installato dall’autorità inquirente su un apparecchio elettronico dotato di connessione internet attiva), il cui utilizzo, ampiamente praticato, non era stato fino ad oggi regolamentato da norme». Si tratta di uno strumento potenzialmente invasivo, ragione per cui il testo prevede che «l’attivazione del microfono avvenga solo in conseguenza di apposito comando inviato da remoto e non con il solo inserimento del captatore informatico, nel rispetto dei limiti stabiliti nel decreto autorizzativo del giudice».
Reati di pubblici ufficiali contro la P.A. – Il provvedimento prevede anche che nelle più gravi ipotesi di reati di pubblici ufficiali contro la P.A., «sia consentito l’accesso alle intercettazioni, nei casi già previsti dalla legge, sulla base dei presupposti dei sufficienti indizi di reato e della necessità per lo svolgimento delle indagini. Presupposti meno rigorosi, quindi, secondo il modello già sperimentato di contrasto alla criminalità organizzata».
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