La Cassazione respinge il ricorso e conferma le precedenti sentenze di condanna nelle quali, alla luce delle prove raccolte e nell’inesistenza di una ipotesi alternativa razionale e plausibile, era risultato dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio che la caduta della anziana ciclista era avvenuta perché il ricorrente aveva aperto lo sportello del suo veicolo mentre la bicicletta stava sopraggiungendo, non essendosi accorto della stessa, andando così ad interferire con il suo transito.
Tale condotta non solo era stata altamente imprudente (essendo notoria la probabilità che un altro veicolo, soprattutto a due ruote, stia transitando sulla sede stradale tenendosi accostato alle auto in sosta, essendo obbligato a viaggiare in prossimità del lato destro della corsia), ma anche violativa dell’art. 157 C.d.S. (il quale al settimo comma vieta a chiunque “di aprire le porte di un veicolo… senza essersi assicurato che ciò non costituisca pericolo o intralcio per gli altri utenti della strada”).
Infondato è anche il profilo del ricorso concernente la contestata sussistenza del nesso causale tra la colpevole condotta del ricorrente e il decesso della ciclista: il sinistro aveva cagionato all’anziana donna gravi lesioni che sarebbero state sufficienti per provocarne la morte: l’eventuale errore dei medici, ipotizzato in sede difensiva, non avrebbe interrotto il nesso causale tra le lesioni subite dalla vittima e la sua morte.
Viene esclusa dunque l’interruzione del nesso causale poiché l’incidente che aveva portato al decesso dell’anziana era connesso alla condotta tenuta dal ricorrente ed era stato causato dall’apertura dello sportello dell’auto, dallo stesso effettuata in violazione dell’art. 157 c.7 codice della strada.
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