Aspettative dell’interrogante verso il teste.

Raffaella Bianchi 1 Dicembre 2014
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Nella circostanza di ricostruzione di un evento, chi interroga, come chi è interrogato, cerca di dare coerenza agli elementi che il teste rievoca. Anche il ricostruttore di un incidente è soggetto  a tendenze di pensiero che lo possono sviare. Può essere soggetto alla tendenza a cercare conferme alle sue ipotesi, o a smentirle. Secondo la “teoria della probabilità ingenua” la nostra mente si costruisce uno o più modelli mentali che catturano la struttura della situazione in esame.

I modelli mentali rappresentano solo ciò che è vero e non ciò che è falso, da qui deriva il bias della conferma, cioè la tendenza a cercare dati a favore di un’ipotesi piuttosto che contro di essa.

La mente costruisce modelli mentali a partire dalla percezione.

Va ricordato che la situazione di testimonianza è una circostanza sociale asimmetrica, in cui chi interroga è più “potente” di chi deve rispondere.

Può capitare che l’interrogato sviluppi la “compliance”, ossia, conformità, condiscendenza, nei confronti dell’interrogante, venendo indotto in modo inconsapevole a fornire risposte che questi gradirebbe ricevere. Vari segnali, apparentemente sottili e impercettibili, vengono colti dal teste che, sulla base di essi, adatta la propria testimonianza. La compiacenza è un tratto che viene modulato da differenze individuali, come conformismo, ansia, autostima (De Leo et al.,) 2005).

Per esempio, si è mostrato che l’inclusione nella propria testimonianza di elementi non presenti nell’evento, ma suggeriti implicitamente dall’interrogante, è più probabile se l’informazione implicita fuorviante è fornita da una persona competente e autorevole rispetto a una persona poco credibile (McCloskey e Zaragoza, 1985).

L’interrogante anche in maniera inconsapevole, può fornire, ad esempio attraverso impercettibili segnali non verbali, feedback positivi o negativi al teste, inducendolo a riferire i fatti secondo le aspettative dell’interrogante.

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