Il codice prevede il potere di arresto ad opera del privato, in caso di flagranza. L’articolo 383 c.p.p. facoltà di arresto da parte di privati, così recita:
1. Nei casi previsti dall’articolo 380 ogni persona è autorizzata a procedere all’arresto in flagranza, quando si tratta di delitti perseguibili d’ufficio.
2. La persona che ha eseguito l’arresto deve senza ritardo consegnare l’arrestato e le cose costituenti il corpo del reato alla polizia giudiziaria la quale redige il verbale della consegna e ne rilascia copia.
Nei casi, quindi, in cui l’arresto per gli agenti ed ufficiali di polizia giudiziaria è obbligatorio sussiste la facoltà di arresto anche per i privati. La legge non richiede formalità particolari per l’esecuzione di questa facoltà. In primo luogo devesi ritenere che essa comprenda non solo i casi di flagranza, ma anche quelli di quasi flagranza; non avrebbe senso altrimenti prevedere la possibilità e la legittimità dell’arresto in esito all’inseguimento da parte dell’offeso o di altre persone, se costoro poi, una volta raggiunto il colpevole, non lo potessero trattenere.
La mancanza assoluta di ogni prescrizione al riguardo può dar luogo a difficoltà e incertezze di applicazione, non prive di inconvenienti. Soprattutto, occorre ben chiarire quando la cattura – ossia il blocco fisico del fuggiasco – sia dettata dalla volontà di arrestarlo, per non confondere tale situazione con quella di sottoporre codesta persona a punizioni direttamente inflitte ovvero privazione di libertà per altri fini, ad esempio per indurlo a rivelare l’identità di complici o indicare il luogo in cui gettò la refurtiva.
Non essendo prevista alcuna dichiarazione formale (del tipo, “ti arresto”, o “la dichiaro in arresto”) l’unico indice di tale chiara ed univoca volontà è data dalla espressa e dichiarata intenzione di chiedere immediatamente l’intervento della polizia, per mettere a sua disposizione l’arrestato.
Non sono evidentemente ipotizzabili specifiche formalità. È bene però che risulti che l’immobilizzazione del soggetto è attuata in funzione dei tempi di attesa necessari a consentire tale intervento.
Attivata immediatamente la comunicazione alle forze dell’ordine, sarà consentito trattenere la persona fino al loro arrivo, sempre nell’ambito di uno spazio temporale ragionevole, che non può superare quello ricollegabile alla quasi flagranza (non essendo ammissibile che la situazione si protragga per ore). Ovviamente, non sono ipotizzabili forme di contenzione.
Quando sia chiaramente enunciata la volontà di trattenere la persona sorpresa in flagrante in funzione dell’arrivo della polizia, il privato esercita una funzione pubblica che, secondo legge, gli dà facoltà di agire autoritariamente nei confronti dell’arrestato. È perciò corretto ritenere che egli eserciti, in tali contingenze, una pubblica funzione. Conseguentemente, la reazione violenta dell’arrestato nei confronti del cittadino che lo ha tratto in arresto integra gli estremi del delitto di resistenza a pubblico ufficiale. In concorso eventualmente con altre ipotesi di reato.
Nella modulistica che metteremo in rete è previsto un atto di polizia giudiziaria (modello 16 PG) nel quale sono descritte le operazioni di consegna di soggetto arrestato da parte di privato alla polizia giudiziaria.
4.Fermo di indiziato di delitto (art. 384 c.p.p.)
Il fermo di indiziato di delitto è disciplinato dall’articolo 384 c.p.p.
1. Anche fuori dei casi di flagranza, quando sussistono specifici elementi che, anche in relazione alla impossibilità di identificare l’indiziato, fanno ritenere fondato il pericolo di fuga, il pubblico ministero dispone il fermo della persona gravemente indiziata di un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a due anni e superiore nel massimo a sei ovvero di un delitto concernente le armi da guerra e gli esplosivi o di un delitto commesso per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico.
2. Nei casi previsti dal comma 1 e prima che il pubblico ministero abbia assunto la direzione delle indagini, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono al fermo di propria iniziativa.
3. La polizia giudiziaria procede inoltre al fermo di propria iniziativa qualora sia successivamente individuato l’indiziato oppure sopravvengano specifici elementi, quali il possesso di documenti falsi, che rendano fondato il pericolo che l’indiziato sia per darsi alla fuga e non sia possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del pubblico ministero.
4.1. Definizione
Si tratta di un provvedimento di natura provvisoria, emesso dal pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria e soggetto a convalida da parte del giudice per le indagini preliminari, mediante il quale una persona, indiziata di delitto, è privata della libertà personale a scopo cautelare, e cioè per evitarne la fuga, in ipotesi in cui tale misura è consentita dalla legge.
L’istituto del fermo appartiene in via di principio alle attribuzioni proprie del pubblico ministero e solo in caso di urgenza, anche della polizia giudiziaria.
La norma si apre con un inciso – “anche fuori dei casi di flagranza…” dal quale si evince che può procedersi al fermo anche in situazioni di reato flagrante. Si pone quindi il quesito, delle ragioni che possono orientare la polizia giudiziaria – cui l’inciso si riferisce, non essendo nei poteri del pubblico ministero ordinare in alcun caso l’arresto anche in caso di flagranza, salva l’ipotesi eccezionale dell’articolo 476 – reati commessi in udienza – nell’adottare l’uno o l’altro provvedimento. Pare potersi affermare che il connotato caratteristico del fermo, rispetto alla parallela misura di privazione della libertà personale, sia dato dal fondato pericolo di fuga. Ove una tale situazione sia constatata, il fermo costituisce la misura normativamente eletta.
Si rappresentano di seguito le condizioni che consentono l’adozione di questa misura.
4.2. Presupposti per l’esecuzione dell’atto ad iniziativa della polizia giudiziaria
I presupposti per l’esecuzione del fermo ad iniziativa della polizia giudiziaria sono:
a) che il pubblico ministero non abbia ancora assunto la direzione delle indagini, oppure che, anche dopo l’assunzione di tale direzione, l’indiziato sia successivamente individuato ovvero sopravvengano specifici elementi quali il possesso di documenti falsi (si veda la modifica introdotta dall’art. 13 del D.L. 144/2005), tali da far ritenere fondato il pericolo che l’indiziato stia per darsi alla fuga e non sia possibile, per la situazione d’urgenza, attendere il provvedimento del pubblico ministero.
Sotto il profilo sostanziale si deve rilevare che il soggetto legittimato in via primaria a disporre il fermo è il pubblico ministero. In questo caso alla polizia giudiziaria è riservata solo una competenza di natura meramente esecutiva del provvedimento ed è legittimata ad operare di iniziativa il fermo solo se, nel rispetto di tutti gli altri presupposti elencati, il pubblico ministero non abbia ancora assunto la direzione delle indagini. Infatti, in questo caso, si versa in una situazione in cui l’urgenza, implicita nel pericolo di fuga, abilita la polizia giudiziaria ad agire di propria iniziativa. Tale presupposto impone di stabilire quale sia il momento nel quale si possa ritenere che il Pubblico Ministero abbia assunto la direzione delle indagini. Tradizionalmente, si reputa che esso non coincida con l’inoltro della comunicazione di notizia di reato ex art. 347 c.p.p., essendo necessario un atto concreto da cui risulti tale assunzione della direzione delle indagini. Il legislatore ha poi previsto la possibilità che la polizia giudiziaria operi il fermo di propria iniziativa anche dopo l’assunzione della direzione delle indagini da parte del pubblico ministero: può, infatti, darsi che l’individuazione dell’indiziato avvenga ad opera della polizia giudiziaria anche dopo questo momento, oppure che – sempre dopo l’intervento del pubblico ministero – sopravvenga il pericolo di fuga dell’indiziato. Sia nell’uno che nell’altro di questi casi potrebbe bene darsi la possibilità di un intervento del pubblico ministero con emissione da parte sua di un provvedimento di fermo, ma potrebbe anche darsi il caso opposto, cioè quello della impossibilità, per la situazione di urgenza, di attendere il decreto del pubblico ministero. In siffatta situazione la polizia giudiziaria è legittimata ad operare di iniziativa il fermo, anche dopo l’assunzione della direzione delle indagini da parte del pubblico ministero. Si rileva che in questa seconda ipotesi di fermo di iniziativa il legislatore non ha richiamato il “pericolo di fuga”, ma si è espresso con riferimento ad un indiziato che “sia per darsi alla fuga”, quasi “fotografando” una situazione di stringente necessità ed urgenza di intervento diretto della polizia giudiziaria.
b) esistenza, in ogni caso, di specifici elementi che, anche in relazione all’impossibilità di identificare l’indiziato, fanno ritenere fondato il pericolo di fuga;
In primo luogo occorre che sussista un “pericolo” di fuga, non quindi una generica ed ipotetica possibilità astratta, ma una situazione concreta nella quale la fuga dell’indiziato sia molto di più di un semplice sospetto, si presenti cioè come una situazione di realistica evenienza. Questo concetto è ben reso e rafforzato dalla terminologia usata dall’art. 384 c.p.p. che parla appunto di un pericolo di fuga che deve essere “fondato”, avere cioè un aggancio concreto in una situazione reale caratterizzata da “specifici elementi”, cioè da concrete circostanze di fatto, particolarmente significative in relazione all’eventualità di una fuga (ad es., soggetto che raccolga una consistente disponibilità di denaro liquido e prenoti un posto in aereo per l’estero).
Ai fini della legittimità del fermo, gli elementi che possono fare ritenere fondato il pericolo di fuga devono inoltre essere, innanzi tutto, specifici, e cioè direttamente riferiti alla persona sottoposta al fermo, e soprattutto, concreti, cioè connotanti un pericolo, reale, effettivo, non immaginario e non meramente congetturale in ordine alla rilevante probabilità che l’indagato si dia alla fuga, sicché lo stesso non può essere ipotizzato, né ritenuto sulla sola base del titolo del reato in ordine al quale s’indaga, né della relativa pena edittale.
Precisa l’art. 11, legge 26 marzo 2001, n. 128, che integra l’art. 384, comma 1, c.p.p., che tali specifici elementi risultano ancor più rinforzati nell’ipotesi in cui la persona indiziata, per qualsiasi ragione, non possa essere identificata (es. per mancanza di documenti di identità). Trattasi di fattispecie già delineata dalla giurisprudenza e che di frequente ricorre nella pratica; si pensi all’immigrato clandestino. L’art. 13, comma 3, del decreto antiterrorismo 144/2005, ha stabilito che tra gli specifici elementi dai quali può desumersi la convinzione che la persona indiziata stia per darsi alla fuga rientra anche il possesso di documenti falsi. In sostanza è ora possibile eseguire di iniziativa della polizia giudiziaria il fermo d’indiziato di delitto qualora nello svolgimento d’indagini si venga in contatto con soggetti che abbiano esibito documenti falsi, potendosi così ipotizzare il concreto pericolo di fuga. Ma si tenga ulteriormente presente che tale circostanza, ove si tratti di documenti validi per l’espatrio, integra la violazione dell’articolo 497-ter c.p.p. e, dopo le innovazioni introdotte dal d.l. 7/2015, comporta l’obbligatorietà dell’arresto in flagranza.
Non è, invece, configurabile il pericolo di fuga nel caso di costituzione dell’indagato agli inquirenti nell’immediatezza del fatto (Cass. pen., Sez. I, 9 giugno 1998, n. 3364).
c) che la persona da fermare sia gravemente indiziata di delitto
– per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo;
– o della reclusione non inferiore nel minimo a due anni e superiore nel massimo a sei anni, ovvero
di un delitto concernente le armi da guerra e gli esplosivi o di un delitto commesso per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico (ipotesi inserita con l’art. 13, comma, 3 del D.L. n. 144/2005, convertito con modificazioni in legge 31 luglio 2005 n. 155).
La persona da sottoporre a fermo deve essere gravemente indiziata di taluno dei delitti sopra indicati. Non basta, quindi, un giudizio di presunzione o di mera probabilità di commissione del reato da parte sua, ma occorre che l’indizio o gli indizi siano di tal entità da fondare un giudizio d’elevata probabilità che a commettere il reato sia stato costui.
È consentito anche il fermo del minore degli anni diciotto che sia indiziato di delitto non colposo per il quale la legge prevede la pena della reclusione non inferiore nel massimo a dodici anni (art. 17, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, recante disposizioni sul processo penale a carico d’imputati minorenni).
4.3 Il fermo di indiziato di delitto nell’infortunistica
Merita spendere qualche osservazione sulla applicabilità dell’istituto in osservazione in relazione al reato di omicidio colposo stradale di cui all’articolo 589 c.p. per cui, come abbiamo visto è possibile, trattandosi di reati colposi il solo arresto facoltativo in flagranza.
L’art. 1 del d.l. 92/2008 ha elevato da 5 a 7 anni il massimo edittale della pena prevista per l’omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale. E ove il fatto sia commesso in stato di ebbrezza alcolica grave o in stato di alterazione per l’uso di stupefacenti la pena è della reclusione da tre a dieci anni. Infine la pena in caso morte di più persone ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone può arrivare al limite massimo di 15 anni. Ciò (a parte la conferma della possibilità, peraltro sussistente anche prima della modifica, di procedere all’arresto facoltativo di chi abbia provocato la morte di una persona (o ipotesi più gravi) con violazione delle norme sulla circolazione stradale) si porta dietro come inevitabile conseguenza la possibilità di procedere, anche fuori delle ipotesi di flagranza, al fermo di indiziato di delitto descritto nell’articolo 384 c.p.p. In particolare, per quanto attiene l’omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale (cui è assimilato quello commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro), il legislatore ebbe ad elevare il massimo edittale portandolo da 5 a 7 anni, con l’esplicitato intento di consentire il fermo di indiziato di delitto.
L’innalzamento della pena non ebbe a determinare variazioni in ordine alle possibilità di procedere all’arresto, che restava facoltativo sia per il caso di morte di una che di più persone. La vera novità riguardava la previsione dell’aggravante ad effetto speciale rappresentata dall’incidente stradale mortale causato da soggetto in stato di ebbrezza alcolica grave o in stato di alterazione da assunzione di stupefacenti. La pena prevista – reclusione da tre a dieci anni – autorizzava la possibilità di procedere, come già detto, al fermo di indiziato di delitto di cui all’art. 384 c.p.p., misura non particolarmente familiare per la polizia locale. Come sopra visto il fermo di indiziato di delitto è un provvedimento di natura provvisoria, disposto di regola dal pubblico ministero, che spetta alla polizia giudiziaria solo quando la Procura non abbia ancora assunto la direzione delle indagini. Attraverso il fermo, una persona, indiziata di delitto, è privata della libertà personale a scopo cautelare, per evitarne la fuga nelle ipotesi in cui tale misura è consentita dalla legge. Il fermo, diversamente dall’arresto, può essere adottato anche fuori dei casi di flagranza e ciò svincola la polizia giudiziaria dal rispetto della contestualità della commissione del fatto con l’adozione della misura. Almeno sotto questo aspetto, dunque, consente maggiori spazi operativi, soprattutto temporali. La norma poi, per quanto lasci alla valutazione discrezionale del P.M. o della polizia giudiziaria l’adozione della relativa misura, ne fissa con tale precisione i presupposti, correlati non solo all’entità della pena edittale e dunque all’astratta gravità del reato, ma anche al “fondato pericolo di fuga”, valutato sulla base di “specifici elementi”, “anche in relazione alla impossibilità di identificare l’indagato”, da renderla in certi casi sostanzialmente obbligatoria. In presenza dei presupposti dei legge, si tratta, dunque, di un potere-dovere, che impone rispetto a determinate fattispecie criminose, di procedere all’adozione della misura de qua. Ciò implica che in tutti i casi di sinistro stradale con esito infausto la valutazione circa la necessarietà o meno di sottoporre l’indagato – rectius, nel caso di specie, l’indiziato – al fermo, deve quantomeno essere concretamente effettuata. La dottrina ha di regola ammesso che l’ordine di fermo sia rivolto alla polizia giudiziaria oralmente, a maggior ragione ove tale modalità sia resa necessaria dall’urgenza del caso concreto. Pertanto, con un contatto di tipo “informale”, comunque auspicabile nel quotidiano dei rapporti con le procure della Repubblica, si può in realtà già risolvere nell’avocazione della paternità dell’atto al pubblico ministero. Per l’esecuzione dell’atto ad iniziativa della polizia giudiziaria è dunque necessario che il Pubblico Ministero non abbia ancora assunto la direzione delle indagini, oppure che, anche dopo l’assunzione di tale direzione, l’indiziato sia stato individuato successivamente ovvero siano sopravvenuti specifici elementi quali il possesso di documenti falsi tali da far ritenere fondato il pericolo che l’indiziato stia per darsi alla fuga e non sia possibile, per la situazione d’urgenza, attendere il provvedimento del Pubblico Ministero. In questi casi, come visto, oltre al fermo e ora previsto l’obbligo dell’arresto. Viene da chiedersi se in questi casi si debba procedere a fermo o arresto obbligatorio. E’ da ritenere che in caso di flagranza si debba procedere all’arresto, mentre trovandosi fuori della flagranza del reato e ricorrendo gli altri presupposti richiesti dall’articolo 384 c.p.p. si proceda al fermo.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento