IL CASO
Quale reato commette il cittadino che filma le Forze di Polizia durante un’operazione di polizia giudiziaria o di un servizio di ordine pubblico?
Non esistono, allo stato, leggi che proibiscano in modo generalizzato di fotografare, filmare o registrare l’audio di appartenenti alle Forze dell’ordine durante lo svolgimento delle proprie funzioni siano esse preventive (es. ordine pubblico) che repressive (es. operazioni di Polizia Giudiziaria).
Parimenti è possibile fare una serie di esposizioni di carattere giuridico valendoci delle sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione europea e della Suprema Corte di Cassazione.
Di particolare rilevanza, in proposito, è la sentenza del 14 febbraio 2019 della 2ª Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione europea, causa C-345/17.
In tale dispositivo la Corte europea tratta il caso di un cittadino lettone che, dopo aver filmato l’operato di alcuni poliziotti intenti alla stesura di atti amministrativi nei suoi confronti all’interno di un commissariato, aveva pubblicato tale video sulla piattaforma “www.youtube.com”.
La sentenza, oltre a trattare il caso specifico, fornisce volutamente delle indicazioni di carattere generale: il GDPR – Regolamento generale per la protezione dei dati personali n. 2016/679 – non fornisce alcune indicazioni sul trattamento dei dati personali relativi ai pubblici ufficiali.
La sentenza de qua pone l’accento se tale registrazione sia utile “a fini giornalistici”, non rilevando se il soggetto esecutore della registrazione e/o pubblicazione sia classificato giornalista o meno, e nemmeno rileva in maniera esclusiva il mezzo di trasmissione utilizzato. Di fatto ribadisce che è competenza del giudice nazionale, utilizzando i parametri interpretativi europei, stabilire se la pubblicazione delle registrazioni abbia “quale unica finalità, la divulgazione al pubblico di informazioni, opinioni o idee” e che per effettuare una ponderazione tra il diritto al rispetto della vita privata e il diritto alla libertà di espressione vanno presi in considerazione (cit. Corte europea diritti dell’uomo 27 giugno 2017):
- contributo ad un dibattito di generale interesse;
- notorietà dell’interessato;
- oggetto del reportage;
- condotta anteriore dell’interessato;
- contenuto, forma e conseguenze della pubblicazione;
- modalità e circostanze di ottenimento delle informazioni;
- veridicità delle informazioni.
Non irrilevante appare, inoltre, la forma della pubblicazione; è chiaro come il montaggio di scene video con l’esclusione di altre possa (es. pubblicare dei video tagliati per far esaltare solo determinate immagini) avere effetti suggestivi che possono arrivare anche ad integrare i reati di cui agli artt. 368 e 595 c.p. (calunnia e diffamazione).
In base a quanto sentenziato dal giudice europeo, spetta al giudice nazionale, utilizzando i parametri interpretativi europei, stabilire se la pubblicazione delle registrazioni abbia “quale unica finalità, la divulgazione al pubblico di informazioni, opinioni o idee”.
Parimenti, come si è spesso accertato, non tutti coloro che riprendono le Forze di polizia sono giornalisti o hanno finalità attinenti a quest’ultima professione.
A tal proposito, per focalizzare meglio l’argomento di cui trattasi, possiamo citare una sentenza della nostra Suprema Corte di Cassazione (Cassazione penale, sez. VI, 17 settembre 2020, n. 28950).
Gli Ermellini hanno sentenziato che il cittadino che registra la seduta del Consiglio comunale senza aver ottenuto una previa autorizzazione e, nonostante l’invito del Sindaco ad interrompere le riprese, si rifiuti di spegnere il registratore, rendendo così necessario l’intervento delle Forze dell’ordine, commette il reato di interruzione di pubblico servizio previsto e punito dall’art. 340 codice penale, che recita:
<<Chiunque, fuori dei casi preveduti da particolari disposizioni di legge cagiona un’interruzione o turba la regolarità di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità è punito con la reclusione fino a un anno.
Quando la condotta di cui al primo comma è posta in essere nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, si applica la reclusione fino a due anni.
I capi, promotori od organizzatori sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni.>>
Questo è quanto affermato dal giudice di legittimità, per il quale non sussiste alcun diritto del privato a registrare l’attività consiliare in nome della trasparenza.
Nello specifico, secondo i giudici di legittimità, la previa autorizzazione alla registrazione, prevista dallo statuto comunale, si poneva come strumento di tutela per la diffusione incontrollata di dati personali e giustificava l’interruzione della seduta da parte del Sindaco, una volta scoperto l’uso non autorizzato di un registratore da parte dell’imputato.
Se ciò vale per un Consiglio comunale a fortiori (a maggior ragione) varrà anche per le Forze di polizia mentre eseguono i compiti istituzionali a cui sono chiamati.
Operativamente sarà sufficiente identificare la persona che esegue la videoregistrazione e procedere alla sua identificazione e quindi all’elezione del domicilio e alla nomina di un suo difensore, sia esso di fiducia o d’ufficio, per poi deferire lo stesso all’A.G. per il reato di cui all’art. 340 c.p., naturalmente dopo aver accertato che lo stesso non sia un giornalista.
TI CONSIGLIAMO
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento