Va da sé che un tale orientamento è riferibile anche ad altre situazioni perché, almeno su questa materia la Corte di Cassazione ha avuto un atteggiamento costante, ritenendo che non sussista né il reato di sostituzione di persona (articolo 494 c.p.) né quello di truffa continuata (articoli 81 cpv. e 640 c.p.), quando si è avuto accesso, grazie al contrassegno, alle corsie preferenziali e alle porte telematiche della ZTL nella quale poteva parcheggiava gratuitamente, attribuendosi falsamente lo status di “accompagnatore al servizio della persona diversamente abile”.
Infatti, la Suprema Corte, essendo stata chiamata a pronunciarsi su casi simili, ha più volte sostenuto che “non integra il delitto di sostituzione di persona, né quello di truffa ai danni dell’ente territoriale che esercita la vigilanza della viabilità, la condotta di colui che, al fine di accedere all’interno di una zona a traffico limitato, e percorrere le corsie preferenziali di un centro urbano, esponga sul parabrezza dell’auto un contrassegno per invalidi, rilasciato ad altra persona che non si trova a bordo del veicolo” .
Vediamo, ora, di comprendere perché la Corte giunge a tale conclusione.
Il reato di sostituzione di persona prevede, nel porre in essere l’azione dell’induzione in errore, un comportamento attivo da parte del soggetto agente (la sostituzione illegittima e consapevole della propria all’altrui persona, o l’attribuzione di un falso nome, di un falso stato, ovvero di una qualità cui la legge attribuisce effetti giuridici); la condotta classica in un episodio di questo tipo, invece, a seguito della sola esposizione dell’autorizzazione, non può, ovviamente, integrare gli estremi del reato in questione.
Il “contrassegno per invalidi” è una mera autorizzazione amministrativa per circolare in zone altrimenti interdette, rilasciata per l’autovettura al servizio della persona invalida; l’esposizione sul parabrezza dell’autovettura autorizzata, del relativo contrassegno, è un comportamento del tutto neutro (ed è, poco significativo che l’invalido, al momento del presunto “abuso” non si trovi sull’auto, in quanto, ad esempio, potrebbe essere sceso per recarsi a visita medica o altrove), che non implica di per sé una “dichiarazione” di attestazione della presenza del titolare del permesso a bordo dell’autovettura medesima, come presupposto dell’autoattribuzione della qualità di “accompagnatore” da parte del conducente…
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