E’ questo il senso del provvedimento del Consiglio di Stato che, con ordinanza cautelare n. 2898, del 25 luglio scorso, ha momentaneamente accolto l’istanza di un concessionario di un parcheggio a pagamento, finalizzata a chiedere la sospensione del provvedimento.
Questo in ragione del fatto che la limitazione dell’ingresso nel centro città, di fatto lo danneggia economicamente.
In senso opposto aveva deciso il T.A.R Lombardia, sez. di Milano, con ordinanza n. 606/2012.
In parole povere per il Consiglio di Stato è illegittimo imporre il pagamento di un ticket alle auto per l’ingresso in una vasta area della città se non si è adottato, in precedenza, uno strumento di pianificazione del traffico stesso.
I giudici di Palazzo Spada hanno ravvisato il fumus bonis iuris rispetto alla richiesta della società che gestisce una mega-area di sosta nel cuore del capoluogo lombardo.
Certamente nel caso specifico ha avuto buon gioco il ricorrente nel vedersi riconosciuto l’interesse ad agire, “collegato all’indubbia lesione economica che il provvedimento impugnato” gli cagionerebbe.
Questo significa che se il comune non produrrà nuovi documenti ed elementi, a sostegno della bontà del suo provvedimento, molto probabilmente il T.A.R non potrà che annullarlo.
Tale considerazione trova fondamento nelle poche righe nelle quali la V sezione del Consiglio di Stato rileva “la carenza del presupposto su cui si fonda il potere esercitato con il provvedimento impugnato, con conseguenti prospettabili profili di illegittimità e/o nullità del medesimo, in relazione alle previsioni pianificatorie generali che appaiono da tempo scadute”.
In parole povere l’area C, come qualsiasi altro provvedimento limitativo della circolazione in una vasta area di una città, puo’ essere adottata solo dopo l’approvazione del Piano Urbano del Traffico (PUT), di cui all’articolo 36 del codice stradale.
In tal senso è chiaro quanto stabilito proprio dal comma 5° di questa stessa disposizione .” Il piano urbano del traffico viene aggiornato ogni due anni. Il sindaco o il sindaco metropolitano, ove ricorrano le condizioni di cui al comma 3, sono tenuti a darne comunicazione al Ministero dei lavori pubblici per l’inserimento nel sistema informativo previsto dall’art. 226, comma 2″.
Nel caso di Milano i vecchi piani della mobilità sembrerebbero essere stati già rinnovati in precedenti occasioni e comunque scaduti.
Per questa ragione rimane il dubbio se una nuova proroga del vecchio PUT possa essere sufficiente a mantenere in vita l’area C o se invece non se ne debba adottare uno nuovo.
In tale caso (molto più probabile) i tempi sembrano lunghi.
Il T.A.R dovrà inoltre decidere se la delibera istitutiva dell ’area C debba essere semplicemente annullata o addirittura dichiarata nulla, dunque con efficacia ex tunc, cioè dall’origine.
Nel primo caso si tratterebbe principalmente e “solo” di registrare mancati incassi futuri legati a sanzioni ticket ed abbonamenti di ingresso, almeno in attesa dell’adozione del nuovo provvedimento.
Nel secondo gli effetti sarebbero devastanti per le casse comunali.
Infatti si porrebbe il problema, fin dall’origine, della risarcibilità di tutte le sanzioni già pagate, della mancata possibilità di riscuotere quelle già notificate o messe a ruolo, con l’inevitabile accollo delle spese di notifica e di accertamento.
A cio’ si aggiunga il dover fare fronte a migliaia di richieste di riaccredito di altre somme “indebitamente” versate a vario titolo (ticket già pagati ecc.).
Un problema davvero non indifferente per le casse comunali.
Stupisce che in un comune organizzato come Milano, tecnici e politici possano essere incorsi in un errore tanto grossolano sotto il profilo procedurale e tanto reclamizzato.
Si badi bene che il Consiglio di Stato non ha messo in discussione la bontà del provvedimento ma ha momentaneamente censurato il modo in cui è stato adottato.
Ma la democrazia e lo stato di diritto non possono prescindere proprio dal rispetto delle procedure e delle leggi poste a loro fondamento.
Il tema resta quello di sempre: chi pagherà i danni prodotti alla collettività per la superficialità con cui si sono mossi tecnici e politici?
ORDINANZA DEL CONSIGLIO DI STATO
N. 02898/2012 REG.PROV.CAU.
N. 04223/2012 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
(Omissis)
per la riforma
dell’ ordinanza cautelare del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO: SEZIONE III n. 00606/2012, resa tra le parti, concernente modifica rapporto di concessione di parcheggio.
Visto l’art. 62 cod. proc. amm;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Milano e di Genitori Antismog e di Ciclobby Onlus e di Legambiente Onlus e di Fondo Ambiente Italiano e di WWF Italia – Ong Onlus;
Vista la impugnata ordinanza cautelare del Tribunale amministrativo regionale di reiezione della domanda cautelare presentata dalla parte ricorrente in primo grado;
Viste le memorie difensive;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 luglio 2012 il Cons. Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti e uditi per le parti gli avvocati Federico Tedeschini e Raffaele Izzo;
Ritenuta, ad un primo sommario esame, la sussistenza del fumus boni iuris dell’appello, atteso che appare carente il presupposto su cui si fonda il potere esercitato con il provvedimento impugnato, con conseguenti prospettabili profili di illegittimità e/o nullità del medesimo, in relazione alle previsioni pianificatorie generali che appaiono da tempo scadute;
Ritenuto che l’interesse ad agire è evidentemente collegato all’indubbia lesione economica che il provvedimento impugnato cagionerebbe al concessionario cui appartiene la legittimazione ad agire in questo giudizio;
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),
Accoglie l’appello (Ricorso numero: 4223/2012) e, per l’effetto, in riforma dell’ordinanza impugnata, accoglie l’istanza cautelare in primo grado.
Ordina che a cura della segreteria la presente ordinanza sia trasmessa al TAR per la sollecita fissazione dell’udienza di merito ai sensi dell’art. 55, comma 10, cod. proc. amm.
Provvede sulle spese della presente fase cautelare come segue: condanna il Comune appellato al pagamento di euro 1500,00, oltre accessori di legge, a favore dell’appellante.
La presente ordinanza sarà eseguita dall’Amministrazione ed è depositata presso la segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.
(Omissis)
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