Per evitare rischi di contagio tra i migranti accolti e tra gli operatori delle strutture di accoglienza, deve essere assicurato il rigoroso rispetto delle misure di contenimento previste a livello nazionale, compreso l’obbligo per gli ospiti di rimanere all’interno delle strutture.
All’arrivo in Italia, i migranti devono essere sottoposti al previsto screening da parte delle competenti autorità sanitarie per accertare che non presentino patologie infettive o sintomi riconducibili al virus COVID 19. Successivamente, devono essere attivate misure di sorveglianza sanitaria e di isolamento fiduciario per un periodo di quattordici giorni, come evidenziato nella circolare n. 3393 del 18 marzo 2020, anche individuando spazi appositi all’interno dei centri o in altre strutture. Solo al termine di tale periodo, qualora non siano emersi casi di positività, i migranti possono essere trasferiti in altra struttura di accoglienza, previo rilascio di idonea certificazione sanitaria.
Fondamentale l’attività informativa che deve essere assicurata, in modo ampio e aggiornato, dagli enti gestori dei centri, con l’ausilio dei mediatori culturali. In particolare: sui rischi della diffusione del virus, sulle prescrizioni anche igienico-sanitarie, sul distanziamento all’interno dei centri, sulle limitazioni degli spostamenti e, nei casi in cui siano in atto le più stringenti misure previste per i casi di isolamento fiduciario o di quarantena, sull’esigenza del loro assoluto rispetto.
Per impedire gli spostamenti sul territorio sino al termine delle misure emergenziali, dovrà essere garantita e monitorata la prosecuzione dell’accoglienza anche a favore di coloro che non hanno più titolo a permanere nei centri.
I prefetti sono chiamati a monitorare il rispetto delle prescrizioni e a intercettare eventuali difficoltà operative sul territorio, anche assumendo ulteriori iniziative d’intesa con le altre istituzioni locali, in particolare sanitarie.
Fonte: www.interno.gov.it
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