Ormai ne sentiamo parlare quasi quotidianamente e, purtroppo, ne siamo sempre più coinvolti in prima persona. Al fine di arginare e contrastare un fenomeno preoccupante come questo, è stata emanata la Legge 71/2017 (“Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo“).
I principali strumenti di lotta al cyberbullismo
Il testo della nuova normativa introduce alcuni strumenti interessanti a disposizione delle vittime stesse, che potranno chiedere a chi gestisce blog, social network e simili, l’oscuramento dei contenuti offensivi e aggressivi.
Ciò che lascia perplessi è, innanzitutto, il limite temporale imposto: il gestore della piattaforma avrà 24 ore per prendere in carico la richiesta e altre 48 per risolvere il problema. Sembra difficile ottenere una risposta tanto rapida da giganti mastodontici (vedi Facebook) che ogni giorno si ritroveranno a gestire migliaia, se non milioni, di richieste del genere.
Inoltre non è chiaro quali siano le sanzioni da comminare alle aziende che non ottempereranno a questo compito. In assenza di queste, lo strumento rischia di essere di difficile applicabilità.
Anche il limite di età imposto potrebbe risultare limitante: solo i minorenni con più di 14 anni di età potranno dare il via alla procedura di rimozione. Purtroppo l’esperienza insegna che il fenomeno colpisce spesso anche ragazzi più piccoli.
L’ammonimento del questore per i minorenni
La stessa fascia di età potrà essere colpita dall’ammonimento del questore. In caso di reati procedibili a querela (ingiuria, diffamazione, ma anche di trattamento illecito dei dati personali e minacce gravi), gli aggressori potranno essere oggetto di questa provvedimento. Anche qui, come sopra, i limiti d’età potrebbero rendere difficoltoso il reale intervento.
Il ruolo della scuola
In ogni istituto scolastico verrà individuata una figura di riferimento per la lotta contro il cyberbullismo. Inoltre il preside, nei casi che non costituiscono reato, dovrà informare le famiglie dei minori coinvolti.
Il MIUR dovrà poi intervenire per dettare ulteriori linee guida, che comprenderanno fra l’altro la formazione del personale scolastico, la promozione di un ruolo attivo degli studenti e percorsi educativi all’uso di internet.
L’assenza di un piano di intervento internazionale
Insomma, tante buone intenzioni, ma anche qualche dubbio che permane. In particolare viene da chiedersi come sia possibile combattere un fenomeno che viaggia su piattaforme web gestite da multinazionali pachidermiche con una normativa nazionale, che non può colpire con facilità aziende e professionisti che lavorano dall’altra parte del mondo.
Resta la necessità di un piano di intervento coordinato a livello internazionale e comunitario, per poter efficacemente intervenire alla foce del problema, per non dover poi mettere pezze quando ormai, in un modo o nell’altro, è troppo tardi.
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