Disciplina inerente le acque meteoriche di dilavamento e la nozione di acque reflue industriali (II parte)

di Gabriele Mighela

3 Giugno 2021
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Dopo questo excursus storico, occorre, ora formulare alcune considerazioni ulteriori al fine di meglio inquadrare la questione che, pur presentando ancora profili non ben definiti a causa delle modalità con le quali le singole disposizioni sono state strutturate, vede ormai consolidato un indirizzo giurisprudenziale che può definirsi maggioritario e che deve essere, sostanzialmente, confermato.

Vanno in primo luogo considerate le differenze intercorrenti tra l’originario art. 74, lett. h) d.lgs. 152/06 e quello attuale, frutto dell’intervento correttivo operato nel 2008, perché, tenendo anche conto di quanto disposto nell’art. 113 del medesimo decreto, consentono di individuare l’ambito di operatività di tali disposizioni rispetto alle acque meteoriche di dilavamento in mancanza di una loro espressa definizione.

Deve osservarsi, a tale proposito, che, come detto in precedenza, l’art. 74, lett. h), nella prima formulazione all’atto dell’entrata in vigore del d.lgs. 1522006 assimilava espressamente alle acque meteoriche di dilavamento anche quelle venute in contatto con sostanze o materiali, anche inquinanti, non connessi con le attività esercitate nello stabilimento e, nel definire le acque reflue industriali, ne valorizzava la “provenienza” (da edifici od installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni), nonché la differenza qualitativa dalle acque reflue domestiche, le quali, nella definizione contenuta nella lett. g) del medesimo articolo, sono quelle “provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche”.

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