La Corte ricorda che, in tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l’esercizio di una attività o di un mestiere rumoroso, integra.
A) l’illecito amministrativo di cui all’art. 10, comma 2, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione del rumore fissati dalle disposizioni normative in materia;
B) il reato di cui al comma 1 dell’art. 659, cod. pen., qualora il mestiere o l’attività vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete;
C) il reato di cui al comma 2 dell’art. 659 cod. pen., qualora siano violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni della Autorità che regolano l’esercizio del mestiere o della attività, diverse da quelle relativa ai valori limite di emissione sonore stabiliti in applicazione dei criteri di cui alla legge n. 447 del 1995.
Nel caso di specie, la Corte chiarisce che la gestione di un ristorante non integra “un’attività o un mestiere rumoroso” ma che l’inquinamento acustico consegue piuttosto dalla condotta dei gestori, i quali tollerano che i propri clienti provochino rumori atti a disturbare le occupazioni ed il riposo delle persone, gravando sui medesimi l’obbligo giuridico di controllare, anche con ricorso allo ius excludendi o all’autorità, che la frequenza del locale da parte degli utenti non sfoci in condotte contrastanti con le norme poste a tutela dell’ordine e della tranquillità pubblica.
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