Quando il falso è una patente di guida

7 Settembre 2021
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In caso di sequestro di patente di guida oggetto di contraffazione o alterazione il soggetto, se sorpreso alla conduzione di un veicolo, dovrà essere perseguito in via amministrativa ai sensi e per gli effetti dell’art. 116, comma 15, del Codice della strada e successive modificazioni, con l’applicazione – qualora ricorra la fattispecie – del fermo amministrativo per mesi tre ex art. 214, stesso Codice.

Riguardo al caso appena prospettato, vale la pena precisare che alcuni Comandi/Uffici di Polizia, fino a quando non hanno prova che il cittadino estero (unionale o straniero) sia o meno titolare di patente di guida, procedono con la contestazione dell’art. 180 del Codice della strada (Possesso dei documenti di circolazione e di guida), prassi, quest’ultima, confortata da autorevoli colleghi e dal Dicastero dell’interno i quali ritengono che, prima di procedere per la guida senza patente, si debba accertare presso le Autorità del Paese d’origine dell’interessato la titolarità dell’abilitazione a condurre.

Partendo dal presupposto che nel caso specifico l’onere di prova circa l’esistenza del titolo abilitativo non spetta alla Polizia giudiziaria ma al controllato, la prassi della contestazione ex art. 180 C.d.s. appare del tutto errata!

Non spetta, infatti, all’organismo di controllo (così come un tempo, quando la condotta ravvisava gli estremi del reato, non spettava al pubblico ministero) accertare se il conducente straniero abbia o meno conseguito la patente di guida nel Paese d’origine, profilandosi un onere di allegazione in capo al soggetto chiamato a rispondere della condotta perseguita dall’art. 116 C.d.s.

L’elemento costitutivo dell’illecito p. e p. dall’art. 116, comma 15, C.d.s., infatti, consiste nel porsi alla guida di un veicolo senza aver conseguito la patente; e, rispetto a tali elementi, l’accusa è gravata dal relativo onere probatorio. Diversamente, l’indicazione relativa all’eventuale conseguimento di patente estera in corso di validità, per il cittadino straniero che si sia posto alla guida di un veicolo in Italia, rientra tra gli oneri conseguenti all’esercizio di tale specifica attività.

Le disposizioni dell’art. 116, comma 15, C.d.s., per la conduzione di veicoli a motore da parte di stranieri, trovano applicazione nei seguenti casi:
a) quando la patente non è stata conseguita;
d) quando la patente richiesta per il veicolo condotto è diversa da quella posseduta;
e) quando il titolare di patente di guida straniera, in luogo della sanzione amministrativa accessoria della revoca, è stato oggetto di provvedimento di inibizione emesso dal Prefetto (vedi i casi relativi agli artt. 135, comma 7, e 136-ter, comma 3, C.d.s.);
f) quando la patente extra-UE o SEE è scaduta di validità ed il titolare è residente in Italia da oltre un anno (vedi il caso relativo all’art. 135, comma 11, C.d.s.);
g) quando il conducente di macchine agricole ed operatrici è privo di patente di guida (art. 124, c. 4, C.d.s.).

Esaurite tutte le possibili attività conoscitive, proprie dalla Polizia giudiziaria e della Polizia amministrativa (accertamento attraverso banca dati Motorizzazione, SDI, e quant’altro rapportabile e ricavabile solo ed esclusivamente da fonte ufficiale), che riconducono alla fattispecie in argomento – ossia che il cittadino estero non ha mai ottenuto l’abilitazione a condurre in Italia per la categoria di veicolo condotto –, sarà onere del trasgressore dare adeguata dimostrazione documentale di possedere un titolo abilitativo alla guida conseguito in altro Paese, e non viceversa.

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