Cannabis alla guida: l’alterazione psicofisica e il prelievo del sangue incastrano il trasgressore

Il prelievo ematico, unitamente allo stato psicofisico del conducente e alle modalità del sinistro possono fornire prova dell’attualità dell’assunzione di sostanze stupefacenti ai fini dell’accertamento del reato di cui all’articolo 187 del codice della strada.

Marco Vitali 5 Aprile 2017
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Fumare cannabis prima di mettersi alla guida è, evidentemente, una pessima idea. La Sentenza della Cassazione n. 16135 pubblicata il 30.3.2017 riguarda il caso di un uomo condannato per “Guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti”. Il ricorso presentato ruota intorno a un punto: i risultati del prelievo ematico non basterebbero per dimostrare l’assunzione della sostanza proibita, sarebbe anzi necessaria una visita medica.

Art. 187 C.d.S.: ai fini dell’accertamento bastano prelievo ematico e stato di alterazione psicofisica

Come “prova”, secondo l’imputato (ex tossico dipendente seguito dal Ser.T.), sarebbero state usate in maniera illecita alcune sue dichiarazioni, unitamente alle curiose modalità del sinistro (l’auto è sfuggita al controllo percorrendo una curva a bassa velocità).

I giudici della Cassazione sono di diversa opinione: ai fini dell’accertamento del reato di cui all’articolo 187 del Codice della Strada, il prelievo ematico unitamente allo stato psicofisico del conducente e alle modalità del sinistro possono fornire prova dell’attualità dell’assunzione di sostanze stupefacenti. Nel caso in questione i verbalizzanti rilevavano che l’imputato alternava momenti di calma a momenti di nervosismo. La sua condotta di guida oltretutto era difficilmente comprensibile: l’auto ha invaso la corsia opposta durante la percorrenza di una curva e lo stato del manto stradale, bagnato dalla pioggia ma privo di irregolarità, non basta a giustificare il sinistro.

Questo, considerati anche gli esami del sangue che rilevavano tracce di cannabinoidi in circolo, permette di affermare in maniera legittima la responsabilità penale dell’imputato.

Consulta la Sentenza n. 16135, 30.3.2017, Corte di Cassazione

 

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