La vicenda processuale alla quale facciamo riferimento era stata innescata dal ricorso del comandante del corpo di polizia municipale del Comune di Carovigno, sollevato nei confronti di una serie di atti, adottati in rapida successione nel corso del dicembre 2010. Attraverso i suddetti l’ente locale aveva portato a termine un vero e proprio progetto di depotenziamento della struttura in questione. Innanzitutto deliberando la cessazione degli effetti del regolamento del corpo e demandando alla giunta la riorganizzazione dello svolgimento della funzione di polizia locale all’interno di una diversa struttura organizzativa. In seguito, previa approvazione da parte della giunta medesima del nuovo regolamento di organizzazione degli uffici e servizi, operando la riduzione delle posizioni organizzative ed incorporando il servizio di polizia municipale in quello di segreteria. Infine, attribuendo al ricorrente, in luogo della sua posizione di comandante, la responsabilità del servizio “Sviluppo del Territorio”, incarico da lui valutato come vero e proprio demansionamento rispetto al passato e attribuito ad un atteggiamento ritorsivo e persecutorio nei suoi confronti, censure che originavano anche una richiesta di risarcimento danni.
Sotto quest’ultimo profilo, il collegio ha rilevato l’inammissibilità del ricorso a causa del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere di tali questioni. Si tratta, infatti, di provvedimenti che l’amministrazione comunale ha assunto in qualità di datore di lavoro nell’ambito del rapporto di pubblico impiego che lega il dipendente all’ente locale, che come tali, attengono alla fase di gestione del medesimo e, pertanto, sono sottratti al sindacato del giudice amministrativo. Come è noto, infatti, ai sensi dell’articolo 63 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la giurisdizione sui rapporti di lavoro contrattualizzati è attribuita al giudice ordinario.
Entrando nel merito della questione, la tesi principale del comandante postulava l’illegittimità degli atti impugnati, in particolare per quanto riguarda l’incorporazione della struttura di polizia in quella di segreteria. In questo modo risulterebbero violate le disposizioni della legge 7 marzo 1986, n. 65, che strutturano il corpo di polizia municipale in modo da configurarlo come un’entità distinta ed autonoma rispetto alle altre dell’apparato comunale, in considerazione della peculiarità delle funzioni da quello esercitate, nonché a causa della particolare disciplina che caratterizza tale struttura all’interno del comune. Si tratta di un’opinione che, coniugando gli effetti della posizione rivestita dal comandante (direttamente responsabile verso il sindaco dell’addestramento, della disciplina e dell’impiego tecnico-operativo degli appartenenti al corpo, come prevede l’articolo 9, comma 1, della legge n. 65 del 1986) con quelli oggettivi delle competenze assegnate al corpo all’interno dell’organizzazione dell’ente locale, viene sostenuta da numerosa giurisprudenza…
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