Indice
- 1. Introduzione
- 2. Il quadro normativo: riferimenti essenziali
- 3. Il fatto e i motivi di opposizione nella decisione del Giudice di Pace di Prato
- 4. Il ragionamento del Giudice: la sostanziale equivalenza tra “approvazione” e “omologazione”
- 5. Questioni pratiche per l’organo accertatore: contestazione e verbalizzazione
- 6. Profili di criticità e prospettive di riforma
- 7. Conclusioni
1. Introduzione
Nel panorama odierno del diritto della circolazione stradale, la questione relativa all’utilizzo di dispositivi di rilevamento automatico della velocità ha sempre suscitato un notevole interesse sia fra gli operatori di polizia, sia fra gli interpreti del diritto ed ha alimentato in contenzioso acceso che ha visto una dei momenti più critici a partire dall’aprile del 2024, con l’ordinanza 10505 della Seconda sezione civile della Corte di Cassazione. È noto che le misurazioni effettuate da tali apparecchiature costituiscono, nella maggior parte dei casi, l’unico elemento probatorio in base al quale viene accertata la violazione dei limiti di velocità, con conseguente applicazione della sanzione amministrativa e, quando previste, della sospensione della patente e della decurtazione dei punti.
Recentemente, la Sentenza n. 119/2025 (RG n. 1650/2024) emessa dal Giudice di Pace di Prato e depositata il 13 marzo 2025, ha riesaminato e chiarito la controversa distinzione, di cui agli artt. 45 e 192 del Codice della Strada e relativo Regolamento di esecuzione (D.P.R. 495/1992), fra “omologazione” e “approvazione” di tali strumenti, nella consapevolezza dell’indirizzo espresso dalla Seconda sezione della Cassazione civile che si è impuntata sull’articolo 142, comma 6, del codice della strada, ritenendo che solo gli apparecchi omologati per la misurazione della velocità siano idonei a legittimare l’accertamento delle violazioni in materia di superamento dei limiti massimi di velocità. Il Giudice di pace, a quanto pare aderendo alle tesi più volte sostenute da questo autore, ha intelligentemente centrato il vulnus della tesi portata aventi dalla Cassazione e avversata, da ultimo, anche dall’Avvocatura di Stato e di rimando dal Ministero dell’interno, oltre che in precedenti pareri espressi dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
La decisione del Giudice di pace ha confermato che i dispositivi per il controllo della velocità, anche se “soltanto” approvati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) (e non espressamente omologati), hanno pari dignità probatoria rispetto agli apparecchi omologati, purché l’iter di valutazione tecnica sia stato eseguito con esito positivo dall’ente competente e risulti conforme alla normativa in vigore.
2. Il quadro normativo: riferimenti essenziali
Il Giudice di pace ha richiamato la normativa in materia delle apparecchiature destinate all’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità, dando atto che questa trova la propria disciplina negli artt. 142, 45 e 201 del Codice della Strada, nonché negli artt. 192 e 345 del Regolamento di esecuzione (D.P.R. 495/1992) oltre che da disposizioni speciali quali il decreto legge 121 del 2002, il decreto ministeriale 282 del 2017 (da ultimo anche il decreto 11 aprile 2024).
► Art. 142, comma 6, C.d.S.:
Stabilisce che “Per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze delle apparecchiature debitamente omologate ”. Secondo il Giudice di pace, l’uso del termine “omologate” è spesso interpretato in senso restrittivo, come se ogni dispositivo dovesse necessariamente aver conseguito un formale decreto di omologazione. Ciò ha creato un vuoto di coordinamento con altre previsioni che, invece, fanno riferimento alla procedura di “approvazione”.
► Art. 45, comma 6, C.d.S.:
Dispone che, nel Regolamento di esecuzione, siano determinate sia le modalità di omologazione sia quelle di approvazione di segnali, dispositivi e mezzi tecnici di accertamento delle violazioni. Rimanda, dunque, a una fonte regolamentare per definire i due iter.
► Art. 192, D.P.R. 495/1992 (Reg. C.d.S.):
• Al comma 2 , prevede l’omologazione per quei dispositivi di cui il Regolamento stabilisce le caratteristiche tecniche fondamentali.
• Al comma 3 , stabilisce, invece, che nei casi in cui il Regolamento non determini specifiche prescrizioni, è prevista la semplice
approvazione del prototipo, seguita dall’autorizzazione alla produzione e commercializzazione.
► Art. 345, D.P.R. 495/1992:
Regolamenta le apparecchiature di misurazione della velocità; pur fissando requisiti generali (ad esempio, che rilevino la velocità “in modo chiaro ed accertabile”), non indica specifiche tecniche tali da imporre una formale “omologazione” in senso stretto, limitandosi a prevedere che “le singole apparecchiature devono essere approvate dal Ministero dei lavori pubblici (oggi MIT)”.
► Disposizioni speciali (D.L. n. 121/2002, conv. in L. n. 168/2002; art. 201, comma 1-ter, C.d.S.):
• Ammettono esplicitamente l’utilizzo sia di dispositivi “omologati o approvati” per l’accertamento automatico delle violazioni in determinati tratti stradali o autostradali, senza necessità della presenza fisica dell’organo di polizia.
• Confermano, pertanto, la volontà del legislatore di equiparare ai fini probatori i due percorsi tecnici di validazione ministeriale.
3. Il fatto e i motivi di opposizione nella decisione del Giudice di Pace di Prato
Nella pronuncia in commento, l’opponente, avvocato con difesa in proprio, destinataria di un verbale di contestazione per violazione dell’art. 142, comma 8, C.d.S., ha lamentato che il dispositivo impiegato dalla Polizia Municipale fosse stato “approvato” , anziché “omologato” , con decreto ministeriale. Invocando testualmente l’art. 142, comma 6, C.d.S., la difesa riteneva invalido l’accertamento, in quanto basato su un’apparecchiatura carente di “omologazione” in senso formale.
È stato anche eccepito, in via integrativa, che il decreto ministeriale di approvazione fosse “datato” e, dunque, potenzialmente non più rispondente alle più recenti prescrizioni tecniche. Infine, in memoria conclusiva, venivano sollevati ulteriori motivi riguardanti la taratura del dispositivo e la corretta indicazione del limite di velocità: tali motivi, tuttavia, sono stati ritenuti tardivi e, in quanto tali, inammissibili. Quindi, la questione si è concentrata sulla validità dell’approvazione ai fini probatori.
4. Il ragionamento del Giudice: la sostanziale equivalenza tra “approvazione” e “omologazione”
La sentenza in esame merita particolare attenzione per la completezza dell’analisi normativa e per il risultato di aver coordinato e conciliato il dettato dell’art. 142, comma 6, C.d.S. con il resto dell’impianto codicistico e regolamentare.
1. Analisi letterale:
Il Giudice ha evidenziato anzitutto come l’art. 142, comma 6, C.d.S. non contenga alcuna clausola di esclusività a favore delle sole apparecchiature “omologate”. L’espressione “sono considerate fonti di prova le risultanze delle apparecchiature debitamente omologate” – priva di qualsiasi avverbio limitativo quale “soltanto” o “unicamente” – non esclude, in modo testuale, la rilevanza di dispositivi approvati.
2. Analisi sistematica:
Viene altresì sottolineato il forte contrasto che si genererebbe, qualora si considerassero “inutilizzabili” i dati provenienti da dispositivi approvati, con le diverse disposizioni successivamente introdotte (art. 201, comma 1-ter, C.d.S., art. 4 D.L. n. 121/2002, ecc.), nelle quali il legislatore fa chiaramente riferimento a “dispositivi o apparecchiature omologati od approvati ”. Tale espressione dimostra la volontà di ritenere i due procedimenti ministeriali sostanzialmente equivalenti.
3. Analisi teleologica:
Sul piano della ratio legis, non si rinviene alcuna ragione plausibile per distinguere, ai fini dell’attendibilità delle misurazioni, un dispositivo formalmente “omologato” da uno “approvato”. Entrambi i percorsi di validazione ministeriale (art. 192, D.P.R. 495/1992) prevedono, infatti, un’istruttoria tecnico-amministrativa analoga (esame del prototipo, prove di funzionalità, parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, rilascio di un decreto ministeriale), come confermato dalle circolari emanate negli ultimi anni dal MIT e dai pareri dell’Avvocatura dello Stato. Si aggiunga, ad colorandum, che non si comprenderebbe allora perché nel corso di oltre trent’anni il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, avrebbe approvato numerosi apparecchi senza mai procedere alla loro omologazione, autorizzandone la produzione, la commercializzazione e l’uso per lo specifico impiego quali mezzi di prova attendibile per l’accertamento e la contestazione delle violazioni in materia di velocità.
4. Giurisprudenza di merito e di legittimità, contro le indicazioni ministeriali:
Sebbene nel panorama giudiziario nazionale si registrino pronunce di segno opposto, la tendenza maggioritaria – specie dopo l’intervento chiarificatore del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (cfr. decreto n. 282/2017 e circolare n. 8176/2020) – è quella di ritenere validi e pienamente utilizzabili i dispositivi regolarmente approvati dal Ministero, anche per la funzione di accertamento in modalità automatica (senza necessità di contestazione immediata).
5. Questioni pratiche per l’organo accertatore: contestazione e verbalizzazione
Alla luce di quanto esposto, gli operatori di polizia stradale (in particolare la Polizia Municipale, ma anche Polizia di Stato, i Carabinieri e qualsiasi organi di polizia stradale) dovranno:
1. Verificare i titoli ministeriali dell’apparecchio in dotazione, avendo cura di accertare la vigenza del decreto di approvazione rilasciato dal MIT e di conservare agli atti, copia del relativo documento da produrre a ogni richiesta.
2. Accertare la regolare taratura e funzionalità delle apparecchiature, attraverso la documentazione di verifica periodica, come richiesto dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale (sent. n. 113/2015) e di Cassazione (su tutte, Cass. SS.UU. 22.3.2016, n. 8583). La taratura è elemento fondamentale di attendibilità della misurazione, a prescindere dal fatto che il dispositivo sia stato “omologato” o “approvato”.
3. Indicare con precisione nel verbale i riferimenti al decreto di approvazione e alle certificazioni di taratura delle quali gli interessati potranno prendere visione su richiesta, così da prevenire contestazioni difensive circa la presunta inattendibilità dell’apparecchiatura.
4. Motivare l’eventuale mancata contestazione immediata, richiamando, ove applicabile, l’art. 201, comma 1-bis, lett. f), C.d.S. (strada individuata da decreto prefettizio che ne consente il controllo a distanza). Ciò risulta particolarmente rilevante al fine di evitare eccezioni legate alla pretesa violazione del principio di immediatezza della contestazione.
5. Dare atto della corretta segnalazione e visibilità della postazione, secondo quelle che sono le indicazioni ministeriali, nel rispetto delle norme regolamentari, conservando agli atti la documentazione necessaria a provare anche a distanza di tempo il regolare posizionamento della segnaletica di preavviso e di visibilità della postazione di controllo.
6. Profili di criticità e prospettive di riforma
L’aspetto più controverso, a livello normativo, resta la formulazione dell’art. 142, comma 6, C.d.S., che – limitandosi a menzionare le “apparecchiature omologate” – non opera un espresso richiamo a quelle “approvate”. Sarebbe auspicabile, dal punto di vista della nomotecnica, un intervento legislativo di coordinamento, che recepisca formalmente la parificazione dei due percorsi di validazione, eliminando ogni incertezza interpretativa.
È altresì opportuno evidenziare che, nel medio termine, potrebbero essere emanate specifiche norme tecniche (ad esempio a livello UNI o CEI) che disciplinino in modo univoco i requisiti costruttivi e funzionali dei misuratori di velocità. In tale scenario, la procedura di omologazione, in senso proprio, potrebbe divenire obbligatoria, purché sussistano standard tecnici “ufficiali” cui conformare la progettazione e la produzione di tali strumenti. Fino a quel momento, come ribadito dalla sentenza in commento, l’approvazione resta la procedura ordinaria e pienamente legittima.
7. Conclusioni
La recente pronuncia del Giudice di Pace di Prato offre un ulteriore tassello nel consolidato orientamento ministeriale, che poi è quello maggiormente competente in materia, che attribuisce piena dignità probatoria alle risultanze dei dispositivi di rilevazione della velocità approvati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Questa impostazione appare, a parere di chi scrive, la più corretta sotto il profilo sistematico, in quanto armonizza l’art. 142, comma 6, C.d.S. con il resto delle disposizioni del Codice della Strada e del Regolamento di esecuzione, nonché con le successive norme speciali in materia di accertamenti automatici, che in quanto norme successive nel tempo, di pari rango e addirittura speciali, hanno compresso la portata dell’articolo 142, comma 6, del codice della strada che oggi non può essere interpretato come vorrebbe la Cassazione, avulso dal contesto normativo in cui è collocato, peraltro dimenticando i principi cardine contenuti negli articoli 12 e 15 delle preleggi, ai quali il Giudice di pace ha operato un rinvio indiretto nella motivazione della sentenza.
Sotto il profilo processuale, si ricorda che i motivi di opposizione a sanzione amministrativa devono essere espressi nel ricorso introduttivo, non essendo ammessa la proposizione di motivi “nuovi” se non nei limiti di una mera emendatio libelli. In caso contrario, come nella vicenda decisa dal Giudice di Pace di Prato, tali ulteriori motivi saranno dichiarati inammissibili e non scrutinabili nel merito, per questo occorre evidenziare con forza, anche in udienza o nelle memorie di risposta, eventuali eccezioni tardive introdotte dai ricorrenti, senza accettare il contraddittorio sui motivi nuovi, diversi da quelli cristallizzati nel ricorso introduttivo.
In conclusione, la sentenza in analisi conferma come, in un contesto di evoluzione tecnologica e di costante ricerca di strumenti di controllo efficienti sulle strade, le formalità di “approvazione” e/o “omologazione” rispondano entrambe alla medesima esigenza di garantire l’affidabilità delle rilevazioni e la tutela dei diritti di difesa del sanzionato.
Velox e controlli su strada
Oggi gran parte delle violazioni in materia di circolazione stradale viene accertata con strumenti elettronici che, di fatto, si sostituiscono all’operatore su strada. Sul piano normativo il legislatore è intervenuto costantemente sul tema, ma in modo spesso non coerente.Da un lato ha ampliato i casi in cui la contestazione immediata non è necessaria, attraverso l’impiego di strumenti debitamente approvati; dall’altro ha introdotto una serie di adempimenti e limitazioni, in particolare per l’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità, che hanno reso estremamente difficoltosa l’attività degli organi di polizia e delle amministrazioni locali.Dopo la sentenza della Corte Costituzionale sulle verifiche della taratura, alla quale hanno fatto seguito il D.M. n. 282/2017 e la Direttiva Minniti, siamo giunti alla questione della omologazione dei dispositivi di controllo della velocità (ordinanza Cassazione n. 10505/2024) ed al nuovo Decreto MIT 11.4.2024 (G.U. n. 123 del 28.5.2024) emanato in attuazione dell’articolo 25 della Legge n. 120/2010.Il quadro che ne deriva è caratterizzato da incertezza operativa e incomprensioni procedurali, interpretazioni dottrinali e giurisprudenziali talvolta difformi tra loro e che, anche per questo, sono la causa dell’insorgere di un contenzioso sempre più intenso e complesso.Questa guida offre un’attenta analisi dell’evoluzione normativa e dei principi generali che regolano l’accertamento e la contestazione delle violazioni mediante i dispositivi tecnologici a disposizione delle Polizie locali, per poi passare all’esame dei singoli casi, alla luce della più affermata giurisprudenza e della prassi ministeriale, mettendo in luce ogni criticità e proponendo le soluzioni più adeguate ai singoli casi.Massimo AncillottiGià comandante di PL laureato in giurisprudenza e avvocato. Autore e coautore di libri e pubblicazioni su CdS, polizia giudiziaria e altre materie di competenza della polizia locale.Giuseppe CarmagniniResponsabile dell’ufficio Contenzioso e supporto giuridico per la PL del Comune di Prato. Autore di libri, monografie, approfondimenti sul CdS, è docente accreditato presso molte scuole regionali.
Massimo Ancillotti, Giuseppe Carmagnini | Maggioli Editore 2025
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