Un recente quesito ha sollevato varie questioni, tutte peraltro sostanzialmente collegate alle indicazioni da fornire all’interessato attinto da un verbale di accertamento per violazioni al codice della strada o ad altre normative il cui procedimento sanzionatorio sia disciplinato dalla legge 24 novembre 1981, n. 689.
Non si tratta di indicazioni solo difensive o comunque utili – ed anche necessarie – alla gestione da parte del privato dei propri diritti di difesa, ovvero recanti notizie sul diretto prosieguo della procedura, bensì relative alla riproduzione sul verbale del nominativo di alcuni soggetti che, in relazione alla procedura sanzionatoria di che trattasi, sono chiamati ad assicurare al trasgressore il rispetto sostanziale dei limiti della procedura sanzionatoria e di taluni diritti essenziali del trasgressore stesso. Una sorta di rassicurazione che trasporta in termini quasi fisici su soggetti individuati con nome e cognome la responsabilità di rispettare una serie di diritti, di cui altrimenti non si saprebbe con chi interloquire per verificarne il rispetto.
Per chiarezza occorre però distinguere tra indicazioni che attengono proprio a questo profilo e potrebbero anche non incidere – se non indirettamente – sulla validità del verbale di accertamento ed altre che invece in mancanza determinano la inesistenza giuridica dell’atto di accertamento ovvero integrano comunque profili di illegittimità
Sullo sfondo mediatico di tali considerazioni si pone un principio generale – sostanzialmente derivante dalla applicazione pratica e non sempre riuscita della legge 7 agosto 1990, n. 241 – secondo cui, qualsiasi atto di un qualsiasi procedimento sanzionatorio di natura amministrativa deve recare indicazione di una serie di accorgimenti, tutti precipitati sostanziali della stessa legge 241/90, finalizzati a “personalizzare fisicamente” l’amministrazione e a identificarla con “persone e cose tangibili”, che da un lato assicurino il cittadino all’interno della pubblica amministrazione circa la presenza di soggetti competenti professionalmente sul corretto espletamento della procedura e dall’altro realizzino una sorta di personificazione fisica della stessa amministrazione in modo tale che – erano questi “in soldoni” gli obiettivi del legislatore della legge del 1990 – facilitino il cittadino nella individuazione di un soggetto fisico con cui dialogare per avere notizie od altro sull’andamento del procedimento.
E’ superfluo notare come questi obiettivi non siano stati affatto raggiunti, atteso che la lettura di un verbale di accertamento rimane spesso criptica anche per gli stesso addetti ai lavori.
Ma è sullo scenario di queste considerazioni che si colloca l’obbligo di riprodurre nel verbale di accertamento una serie di indicazioni.
Cerchiamo di procedere con ordine.
Indice
Il responsabile del procedimento di immissione dati
L’articolo 3, comma 2, del d.lgs. 12 febbraio 1993, n. 39 dispone che gli atti amministrativi adottati da tutte le pubbliche amministrazioni sono di norma predisposti tramite i sistemi informativi automatizzati. Nell’ambito delle pubbliche amministrazioni l’immissione, la riproduzione su qualunque supporto e la trasmissione di dati, informazioni e documenti mediante sistemi informatici o telematici, nonché l’emanazione di atti amministrativi attraverso i medesimi sistemi, devono essere accompagnate dall’indicazione della fonte e del responsabile dell’immissione, riproduzione, trasmissione o emanazione.
Se per la validità di tali operazioni e degli atti emessi sia prevista l’apposizione di firma autografa, la stessa è sostituita dall’indicazione a stampa, sul documento prodotto dal sistema automatizzato, del nominativo del soggetto responsabile.
Tale disposizione è sopravvissuta al processo di digitalizzazione e smaterializzazione degli atti della pubblica amministrazione e fino a quando non si sarà raggiunta la totale eliminazione della carta con redazione di atti con sola forma elettronica singola degli operatori o, con firma massiva, di un soggetto unico per singolo ente, responsabile appunto della immissione dei dati, si procederà ancora, come pare sia per il comune indicato nel quesito, alla redazione di atti amministrativi sorretti dall’articolo 3 d.lgs. 39/93 e la firma continuerà ad essere sostituita dalla indicazione a stampa del responsabile del procedimento di immissione dati.
Sorprende, ed invito in tal senso il collega che ha formulato il quesito ad una attenta riflessione sul punto, che il responsabile dell’immissione possa coincidere con un referente della ditta esternalizzata.
Occorre a tal fine chiedersi – nel quadro di ciò che si diceva all’inizio – a quale diritto del trasgressore corrisponde tale indicazione.
Immaginando ancora una redazione cartacea della violazione, con l’originaria redazione da parte del verbalizzante di un verbale recante la sola riproduzione dei dati del veicolo (un normale divieto di sosta) che, non dimentichiamo, rappresenta l’originale del verbale di accertamento sottoscritto manualmente (o domani digitalmente) dal verbalizzante, la figura del responsabile del procedimento di immissione dati rassicura il trasgressore sulla corrispondenza di contenuti tra il verbale originario e quello notificato al trasgressore di tal chè – lo sappiamo benissimo – la non corrispondenza di contenuti tra i due verbali – certificata dall’espressione che deve essere presente su ogni verbale di conformità all’originale – integra un vizio insanabile del verbale e conduce alla sua nullità. Ed è proprio per questo che il Legislatore del d.lgs. 39/93 ha sostituito tale indicazione alla formale firma del verbale obliterando questo percorso logico-giuridico:
il verbale originario si trova in atti e reca la firma – digitale o manuale – del verbalizzante che ha assistito al prodursi della violazione; il responsabile del procedimento di immissione dati ha proceduto a “trasportare” i dati di quel verbale nel verbale meccanizzato notificato poi al trasgressore; con tale indicazione Il trasgressore è assicurato, anche con la precisa dichiarazione di conformità all’originale contenuta nel verbale meccanizzato, della correttezza di tale operazione e della presenza di un verbale originario recante firma del verbalizzante; logico, quindi, che la firma possa intendersi sostituita dall’indicazione a stampa del procedimento di immissione dati.
Ebbene, non può revocarsi in dubbio che, proprio perché le operazioni sopra descritte si svolgono all’interno di un ben preciso procedimento sanzionatorio che legittima la presenza solo di soggetti qualificati e ben individuati, la figura del responsabile del procedimento di immissione dati debba essere individuata all’interno dell’organo di polizia che procede alla gestione della procedura sanzionatoria con esclusione di qualsiasi altra figura esterna – come sembra nel caso di specie – alla struttura di polizia operante.
Il responsabile del procedimento
La figura del responsabile del procedimento è prevista nell’articolo 8, comma 2, lettera c, della Legge 7 agosto 1990, n. 241 così come modificata dalla legge n. 15 del 2005 secondo cui nella comunicazione debbono essere indicati, fra le altre cose l’ufficio e la persona responsabile del procedimento.
Tale normativa esplica la propria efficacia nei confronti di tutti gli atti amministrativi e quindi va applicata anche per i verbali di contestazione per violazioni al Codice della Strada o per altre violazioni cui si applichi il procedimento disciplinato dalla legge 689/81.
In effetti la sentenza a sezioni unite della Cassazione 9591/2006, che ebbe a ribadire l’inapplicabilità della legge 241/90 ai procedimenti sanzionatori disciplinati dal titolo VI del codice della strada e dalla legge 689/81 – intendeva solo esplicitare una inconciliabile diversità di termini tra le due leggi, ma non aveva alcuna intenzione di non ritenere estensibili anche ai procedimenti sanzionatori alcuni principi fondamentali sui procedimenti amministrativi in generale, fra cui, irrinunciabile, quello di indicare il nominativo del responsabile del procedimento.
A lungo, soprattutto in ambito della fase esecutiva del procedimento sanzionatorio, si è discusso sulle conseguenze che derivano dall’inosservanza di tale accorgimento, distinguendosi tra annullabilità, nullità e semplice irregolarità non tale da influire sulla legittimità del verbale di accertamento. Su ciò che poi è accaduto nella fase esecutiva del procedimento sanzionatorio ci soffermeremo brevemente nel prosieguo, ma rimanendo nella fase applicativa della sanzione è sufficiente ricordare che la eventuale mancata indicazione del nominativo del responsabile del procedimento – che, ripetiamolo, integra regole di trasparenza nei comportamenti della Pubblica Amministrazione e cittadino – può incidere sulle capacità difensive del trasgressore. In un non più recentissimo passato la Corte costituzionale ebbe ad affermare che l’indicazione del soggetto responsabile del procedimento «lungi dall’essere un inutile adempimento, ha lo scopo di assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa, la piena informazione del cittadino e la garanzia del diritto di difesa, che sono altrettanti aspetti del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione predicati dall’art. 97, primo comma, della Costituzione ».
In questo scenario, l’omessa indicazione del responsabile del procedimento, determina una ipotesi di nullità, nel caso in cui dalla sua lettura non risulti il nome o alcuna altra informazione che consenta di poter risalire in modo univoco al responsabile del procedimento.
Resta ovvio che un verbale in qualche modo reca indicazioni, ancorché indirette, che consentono comunque di risalire ad un soggetto responsabile del procedimento e ciò mitiga notevolmente le conseguenze di tale omissione, riconducibile a nullità o annullabilità solo ove incida notevolmente sui diritti di difesa dell’interessato.
Il responsabile del trattamento dei dati personali
Prima dell’avvento del GDPR la figura del responsabile del trattamento dei dati personali era disciplinato nell’articolo 29 del codice della protezione dei dati personali d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 e disponeva che il responsabile fosse designato dal titolare facoltativamente. Qualora designato, il responsabile veniva «…individuato tra soggetti che per esperienza, capacità ed affidabilità fornivano idonea garanzia del pieno rispetto delle vigenti disposizioni in materia di trattamento, ivi compreso il profilo relativo alla sicurezza. Oggi, in modo più o meno sovrapponibile alla pregressa definizione, la figura del responsabile del trattamento dei dati personali è definita all’art. 4, par. 1, n. 8) del GDPR 679/2016 come “la persona fisica, giuridica, PA o ente che elabora i dati personali per conto del titolare del trattamento”.
Rispetto alla previgente disciplina pur rimanendo sostanzialmente invariata la descrizione della figura in osservazione cambiano in modo consistente gli obblighi gravanti sul responsabile. E’ l’articolo 28 del GDPR – cui ovviamente si fa integrale rinvio – a descrivere nel dettaglio una serie di attribuzioni e competenze che fanno carico al responsabile del trattamento protetti dall’apparato sanzionatorio descritto negli articoli 162 e ss. del codice nazionale 196/2003.
Per quanto a noi di interesse in relazione agli obblighi – od anche solo alla opportunità – di indicare il relativo nominativo sui verbali di accertamento per violazioni amministrative è sufficiente ricordare che il ruolo sostanziale che esso assume nel singolo procedimento nei confronti del destinatario è riassuntivamente quello di assicurare che i dati personali vengano trattati unicamente per la gestione del procedimento sanzionatorio di che trattasi e che ogni utilizzo indebito od anche solo la gestione di tali dati oltre il tempo necessario o la imperfetta adozione di misure di sicurezza a protezione di quei dati determinerà l’insorgere delle responsabilità, con relative sanzioni, collegate ad un indebito trattamento di dati personali.
Non è rinvenibile nella normativa di riferimento un obbligo generalizzato di indicare il nominativo all’interno di ogni verbale, ritenendo sufficiente che tale indicazione figuri in generale nel sito istituzionale dell’ente e che nel verbale venga indicato un link di riferimento, ma è certo che una eventuale indicazione anche sintetica assolve certamente ad un onere di trasparenza.
Il responsabile del procedimento di notifica
Più ambigua e meno definita la figura del responsabile del procedimento di notifica citato nel quesito. In realtà tale figura non compare nelle indicazioni da riportare obbligatoriamente – od anche solo facoltativamente – nei verbali di accertamento e, più in generale, di esso non c’è traccia negli atti collegati alla fase applicativa del procedimento sanzionatorio.
Tale figura risulta invece citata nella fase esecutiva del procedimento esecutivo su cui è opportuno operare le riflessioni che seguono.
In origine l’articolo 36, comma 4-ter della legge 28 febbraio 2008, n. 31conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria, disponeva espressamente che la
a cartella di pagamento di cui all’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, contenesse altresì, a pena di nullità , l’indicazione del responsabile del procedimento di
iscrizione a ruolo e di quello di emissione e di notificazione della stessa cartella
. ….. la mancata indicazione dei responsabili dei procedimenti nelle cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati prima di tale data non è causa di nullità delle stesse.
Su tale disposizione si ebbero poi a intersecare una serie di chiarimenti ministeriali e approdi giurisprudenziali con cui si and a limitare l’efficacia della disposizione che comminava la nullità degli atti privi di tali indicazioni.
Ma, a parte queste dispute tecnico-giuridiche, l’articolo 2, comma 4, lettera d) del decreto legislativo 30 dicembre 2023, n. 219, recante modifiche allo statuto dei diritti del contribuente, in attuazione della legge-delega per la riforma del sistema fiscale 9 agosto 2023, n. 111, ha provveduto, direi in modo sorprendente, ad abrogare l’articolo 36, comma 4-ter sopra citato facendo venire meno – se non si è errato nella ricostruzione, affatto semplice, della normativa di riferimento – l’obbligo di indicare nella cartella di pagamento e, mutatis mutandis, anche nella ingiunzione fiscale o negli atti di accertamento esecutivo di cui alla legge 160/2019, il nominativo del responsabile del procedimento di notificazione (e altro).
Sfugge la motivazione di tale abrogazione. E’ probabile che avendo il Legislatore inserito nello Statuto dei lavoratori un obbligo di contraddittorio preventivo (1) in relazione a tutti gli atti autonomamente impugnabili innanzi alla giurisdizione tributaria, salvo le eccezioni previste, non risultasse più necessario gravare l’amministrazione finanziaria di questo ulteriore incombente.
Ma il problema è che mentre l’articolo 36, comma 4-ter si applicava anche agli atti impugnabili innanzi all’autorità giudiziaria ordinaria, come per le entrate derivanti da sanzioni amministrative, come tale riconducibili all’insieme delle entrate patrimoniali, le modifiche allo statuto dei contribuenti realizzate con la legge 219/2023 sono efficaci solamente nei confronti degli atti dell’amministrazione tributaria (o, più correttamente, agli atti autonomamente impugnabili innanzi alla giurisdizione tributaria).
Al momento, e con ogni più ampia riserva di correzioni, non sembra, quindi, che oggi gravi sulle amministrazioni interessate (nel caso di specie ADR) l’obbligo di inserire nella cartella di pagamento di cui all’articolo 25 dpr 602/73 il nominativo dei soggetti indicati nell’abrogato articolo 36, comma 4-ter legge 31/2008, ma, la opportunità, forse non obbligatoria, di inserire comunque negli atti tali indicazioni, discende comunque dalla legge 241/90, ancorché verosimilmente assorbita dalla generica indicazione del responsabile del procedimento.
Conclusioni
Sintetizzando quanto finora descritto e riassunto in modo ovviamente sintetico può precisarsi quanto segue:
– responsabile del procedimento di immissione dati, previsto da articolo 3 legge 39/93, sostituisce la firma autografa del verbale e la sua mancanza, nei sistemi organizzati con produzione di verbali meccanizzati, conduce alla nullità del verbale, a meno che – secondo un certo orientamento giurisprudenziale, non sia comunque agevole risalire alla autorità che ha emanato l’atto. Si ritiene che debba trattarsi di un soggetto incardinato nei ruoli dell’organo di polizia stradale o locale procedente;
– responsabile del procedimento, previsto dalla legge 241/90. Deve essere indicato, secondo certa parte della dottrina e della giurisprudenza a pena di annullabilità, ove incida negativamente sull’esercizio dei diritti di difesa, nel verbale di accertamento. Anche in questo caso si ritiene debba trattarsi di un soggetto incardinato nei ruoli organici dell’organo di polizia locale procedente;
– responsabile del procedimento di immissione dati, previsto, oggi, dall’articolo 28 del GDPR 679/2016. Non sembra necessaria la sua indicazione nel verbale di accertamento, soprattutto ove di esso si faccia menzione in documenti generalizzati pubblicati sul sito istituzionale dell’ente. La sua eventuale mancanza o, peggio, la gestione irregolare dei dati personali, può esporre il responsabile a sanzioni penali. Ove tale figura non sia rintracciabile essa coincide con il responsabile del procedimento;
– responsabile del procedimento di notificazione, non più, verosimilmente, previsto da alcuna disposizione di legge come indicazione obbligatoria. Se ne consiglia comunque l’inserimento nelle cartelle di pagamento ex articolo 25 dpr 602/73. Nel verbale non occorre tale indicazione essendo di fatto comunque assorbita dalla indicazione del responsabile del procedimento.
Per completezza si precisa poi che non occorre l’indicazione nominativa di tali soggetti responsabili, ma solo l’indicazione della qualifica e del ruolo ricoperto all’interno dell’ente ove essa conduca unicamente ad un nominativo facilmente declinabile.
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(1) L’articolo 6-bis (Principio del contraddittorio) della legge 216/2023 dispone che 1. Salvo quanto previsto dal comma 2, tutti gli atti autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria sono preceduti, a pena di annullabilità, da un contraddittorio informato ed effettivo ai sensi del presente articolo. 2. Non sussiste il diritto al contraddittorio ai sensi del presente articolo per gli atti automatizzati, sostanzialmente automatizzati, di pronta liquidazione e di controllo formale delle dichiarazioni individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, nonché per i casi motivati di fondato pericolo per la riscossione. 3. Per consentire il contradditorio, l’amministrazione finanziaria comunica al contribuente, con modalità idonee a garantirne la conoscibilità, lo schema di atto di cui al comma 1, assegnando un termine non inferiore a sessanta giorni per consentirgli eventuali controdeduzioni ovvero, su richiesta, per accedere ed estrarre copia degli atti del fascicolo. L’atto non è adottato prima della scadenza del termine di cui al primo periodo. Se la scadenza di tale termine è successiva a quella del termine di decadenza per l’adozione dell’atto conclusivo ovvero se fra la scadenza del termine assegnato per l’esercizio del contraddittorio e il predetto termine di decadenza decorrono meno di centoventi giorni, tale ultimo termine è posticipato al centoventesimo giorno successivo alla data di scadenza del termine di esercizio del contraddittorio. 4. L’atto adottato all’esito del contraddittorio tiene conto delle osservazioni del contribuente ed è motivato con riferimento a quelle che l’Amministrazione ritiene di non accogliere.»
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