L’inserimento nel Codice penale di questa fattispecie, di cui all’articolo 603 bis, venne caldamente appoggiata fin dall’iniziativa di legge (relatrice Mongiello) da varie forze politiche e sociali per fare in modo che si potesse attuare uno strumento, comunque complicato da concretizzare, al fine di colpire duramente il fenomeno dello sfruttamento del lavoro, così forte soprattutto in certe aree del centro – sud. Il caporalato, appunto, è sempre stato l’emblema delle economie sottosviluppate che si appoggiavano a questa forma di “imprenditoria” sommersa al fine di violare tutte le leggi che ruotano intorno al mondo del lavoro e al libero mercato e spesso in mano ad organizzazioni criminali che danno protezione ai “caporali” stessi. Certo , l’analisi che seguirà ci metterà di fronte a parametri, precetti e sanzioni, per cui l’aspetto predominante sarà quello repressivo, ma occorre anche tener presente che un buona norma per colpire nel segno ha bisogno anche si tanta informazione soprattutto nei confronti dei lavoratori, i quali sono coloro a cui questa novella si rivolge. Pertanto, i vari operai , braccianti, manovali ecc. sostanzialmente migranti, che normalmente vengono introdotti in questo strano mondo imprenditoriale andrebbero da un lato ben informati sulla nuova legge e dall’altro aiutati ad organizzarsi da parte delle varie strutture che operano nel sociale, il tutto per fargli conoscere quali sono i loro diritti. Sulla base di ciò è chiaro che occorra un impegno più forte da parte degli organi di vigilanza andando ad intensificare i controlli e da parte delle varie organizzazioni sindacali appartenenti alle varie categorie del mondo del lavoro per far uscire allo scoperto le imprese che si appoggiano al caporalato. Quanto sopra, avrà un senso solo se la lotta al caporalato sarà nella pratica una battaglia di solidarietà e di civiltà e pertanto un vero obbligo sociale rivolto verso tutti i cittadini e non solo per gli addetti ai lavori.
Ma veniamo al testo della norma:
603-bis. Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque svolga un’attività organizzata di intermediazione, reclutando manodopera o organizzandone l’attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento, mediante violenza, minaccia, o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori, è punito con la reclusione da cinque a otto anni e con la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato [c.p. 603-ter].
Partendo dall’analisi di tale comma (precetto + sanzione) abbiamo già un vasto panorama che concerne sia il contenuto delle indagini della Polizia Giudiziaria e quindi il dimostrare, non senza grande impegno e sacrificio, che siamo in presenza di una organizzazione atta all’intermediazione, reclutamento di manodopera o allo sfruttamento della stessa. Ciò sicuramente comporta una lunga attività di indagine attraverso mezzi di ricerca della prova e di attività di iniziativa quali: appostamenti, registrazioni video e audio, pedinamenti, raccolta di sommarie informazioni (ammesso che ci si riesca) dai lavoratori sfruttati, dai titolari di impresa ecc. da cui comunque deve emergere che, oltre al lucro che ne consegue da tale attività, essa è svolta anche mediante violenza, minaccia, o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori.
Ai fini del primo comma, costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti circostanze:
- la sistematica retribuzione dei lavoratori in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;
- la sistematica violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie;
- la sussistenza di violazioni della normativa in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, tale da esporre il lavoratore a pericolo per la salute, la sicurezza o l’incolumità personale;
- la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza, o a situazioni alloggiative particolarmente degradanti.
Il Comma in questione elenca quali sono gli elementi, in modo alternativo, che possono dar corso all’indice di sfruttamento. Essi sono sostanzialmente violazioni alle più basilari norme che regolano il mondo del lavoro ( orario, ferie, retribuzione, sicurezza sul lavoro ecc). Sono sicuramente aspetti importanti in quanto anche in presenza di uno di essi, è possibile far scattare la sanzione penale. Si pensi a riguardo, ad un sopralluogo presso un laboratorio o in aree agricole ove si svolge la raccolta di frutta o verdura o al cantiere edile. Questi ambienti, sono terreno fertile per la proliferazione delle situazioni descritte dal comma suddetto. È bene, allora, che la Polizia Giudiziaria, nel momento in cui ravvisi il concretizzarsi di una di queste circostanze, le documenti nel modo più preciso possibile in quanto certi stati dei luoghi si possono trovare nell’immediatezza dei fatti ma subito dopo dissolversi (capanne abbattute, opere edili demolite, materiale di lavoro sottratto, personale che si dissolve nel nulla ecc).
Costituiscono aggravante specifica e comportano l’aumento della pena da un terzo alla metà:
- il fatto che il numero di lavoratori reclutati sia superiore a tre;
- il fatto che uno o più dei soggetti reclutati siano minori in età non lavorativa;
- l’aver commesso il fatto esponendo i lavoratori intermediati a situazioni di grave pericolo, avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro.
Le aggravanti di pena citate nel terzo comma oltre ad evidenziare un profilo quantitativo e di età pongono sempre l’accento sulle questioni legate alla sicurezza del luogo di lavoro .
La novella prosegue con l’introduzione dell’art. 603 ter C.P. , ove sono previste sanzioni accessorie quali :
1) l’interdizione dagli uffici direttivi
2) Il divieto di concludere contratti di appalto, di fornitura di opere ecc.
3) L’esclusione per un periodo di 2 anni da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi da parte dello stato o di altri enti pubblici, U.E., se si ravvisi sfruttamento sul luogo di lavoro. Tale pena è aumenta a 5 anni in caso di recidiva.
603-ter. Pene accessorie.
La condanna per i delitti di cui agli articoli 600, limitatamente ai casi in cui lo sfruttamento ha ad oggetto prestazioni lavorative, e 603-bis, importa l’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche o delle imprese, nonché il divieto di concludere contratti di appalto, di cottimo fiduciario, di fornitura di opere, beni o servizi riguardanti la pubblica amministrazione, e relativi subcontratti. La condanna per i delitti di cui al primo comma importa altresì l’esclusione per un periodo di due anni da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi da parte dello Stato o di altri enti pubblici, nonché dell’Unione europea, relativi al settore di attività in cui ha avuto luogo lo sfruttamento. L’esclusione di cui al secondo comma è aumentata a cinque anni quando il fatto è commesso da soggetto al quale sia stata applicata la recidiva ai sensi dell’articolo 99, secondo comma, numeri 1) e 3) .
Come breve commento conclusivo, è possibile rammentare come fatta la norma ora occorra applicarla e per farlo soprattutto le Polizie Locali debbano creare nuclei specializzati, all’interno del Comando oppure in collaborazione, dando vita sempre più sinergie con quegli enti specifici quali A.S.L. , Direzioni Provinciali o Regionali del Lavoro, Prefetture, INAIL, INPS, altri corpi di Polizia e associazioni di categoria al fine di attuare protocolli di intervento mirati quantomeno a diminuire il fenomeno del “caporalato”. E questo sarebbe un ottimo punto di partenza.
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