La fattispecie, riscontrata dalla Questura, era più precisamente quella di un pubblico esercizio, i cui addetti somministravano drink alcolici a minorenni al prezzo di 50 centesimi a consumazione, senza nessuna preventiva richiesta di esibizione del documento di riconoscimento e senza alcun limite al numero di bevande, al punto che, in un caso, un minore dichiarava di aver assunto, in poco meno di mezzora, ben 8 shot drinks, con ciò favorendo l’approccio all’alcol di un target sempre più giovane.
La stessa questura precisava che, al riguardo, la stessa stava procedendo alla conseguente comunicazione alla competente A.G. e ciò per il reato contravvenzionale ex art. 689 codice penale, il quale, com’è noto, sanziona la condotta prevedendo altresì che, dalla sentenza di condanna, consegua la sospensione dall’esercizio, ovviamente da disporre da parte del Giudice competente.
Il dubbio che pertanto si poneva e rispetto al quale veniva richiesto il parere del Ministero dell’Interno, era pertanto costituito dal fatto se, ad avviso di quest’ultimo, risultasse consentito adottare tale provvedimento ex art. 10 TULPS , innanzitutto a prescindere dalla conclusione del procedimento penale e comunque adottando una sanzione accessoria di fatto duplicativa (sia pur in presenza di distinte disposizioni, una penale e l’altra amministrativa) di quella che eventualmente adotterà in futuro la competente A.G.
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