L’accesso agli atti amministrativi non è concesso a tutela di un interesse “illegittimo”, ma è diretto ad assicurare la trasparenza, l’imparzialità e le esigenze di buon andamento della p.a., per cui l’azione amministrativa deve essere salvaguardata da richieste pretestuose – Consiglio di Stato, sez. IV, 14/5/2014, n. 2476

1 Luglio 2014
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La verifica da parte del giudice dell’utilità in chiave difensiva della documentazione richiesta non costituisce abusivo utilizzo di un criterio che la legge non prevede, ma un criterio conforme sia al principio di ragionevolezza (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 11.9.2012, n. 4819), sia alla “ratio” stessa dell’istituto come è definito dall’art. 22 della citata legge 241/1990. Il diritto di accesso non può infatti essere utilizzato come strumento per un mero generico e generalizzato controllo esplorativo sull’azione amministrativa ovvero per verificare la possibilità di eventuali lesioni di interessi privati, né può essere configurato come un particolare tipo di azione popolare (infra multa ad es.: Cons. Stato, sez. V, 18.10.2011, n. 5571; Cons. Stato, sez. V, 22. 6.2012, n. 3683).
Al fine di stabilire se sussiste il diritto di accesso ai documenti occorre avere riguardo al documento cui si intende accedere, per verificarne l’incidenza, anche potenziale, sull’interesse di cui il soggetto è portatore. Anche la presenza di una situazione giuridicamente tutelata non è condizione sufficiente perché l’interesse rivendicato possa considerarsi “diretto, concreto e attuale”, essendo anche necessario che la documentazione cui si chiede di accedere sia realmente collegata a quella posizione sostanziale, impedendone o ostacolandone il soddisfacimento (cfr. Cons. Stato, ad. plen., 24.4.2012, n. 7).

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