L’alcol e il cantiere edile

Alberto Cuoghi 20 Aprile 2012
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E’ vietata l’assunzione di alcolici e superalcolici nell’espletamento di attività nel campo edilizio. È questo lo slogan che vorremmo vedere all’interno di ogni cantiere , che per la verità, andrebbe esteso ad ogni attività lavorativa.

Questo perché l’alcol porta inevitabilmente a non avere più quella lucidità e consapevolezza mentale richiesta, portando a manifestare, anche per piccole quantità ingerite,  sintomi quali: cattiva percezione sensoriale, riflessi alterati, sonnolenza, movimenti e manovre imprecise, tempi di reazione lunghi ecc.

 

Sicuramente stando al tenore letterale di quanto sancito dalla Legge – quadro in materia di alcol e di problemi alcolcorrelati, L. 30 Marzo 2001, n. 125, (che ha recepito i vari canoni legati a questo problema dalle varie disposizioni sia a livello comunitario sia a livello mondiale) nonché da quanto espresso nell’allegato I dall’Intesa Conferenza Stato – Regioni del 16/3/2006 (che dalla legge-quadro prende forma) lo specifico divieto di assumere bevande alcoliche e superalcoliche comprende a piene mani i “lavoratori addetti ai comparti dell’edilizia e delle costruzioni e tutte le mansioni che prevedano attività in quota oltre i 2 metri di altezza”.

 

Oltre alle disposizioni sopra riportate, anche all’interno del D.Lgs. 81/2008 (testo unico sulla sicurezza e la salute sul lavoro) e precisamente all’art. 41 comma 4, sono compresi alcuni aspetti importanti laddove viene fatto obbligo di ricomprendere nel percorso di sorveglianza sanitaria, anche gli esami clinici, biologici e diagnostici  sul lavoratore (non si parla di facoltà) e finalizzate alla verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze alcoliche e psicotrope.

Pertanto, quanto definito dalla normativa di cui al Testo Unico, va ad ampliare anche la portata della stessa legge-quadro in quanto richiama, giustamente, anche il divieto di fare uso, per le categorie lavorative, di sostanze psicotrope. Al successivo comma 5, dello stesso articolo, il medico competente, che è l’unico ad effettuare in concreto tale opera di sorveglianza, deve redigere la cartella sanitaria con l’obbligo di riportare anche gli esiti  relativi agli esami suindicati (se ciò non avviene il medico stesso sarà punito con sanzione amministrativa da  €1000 a € 4000), ma anche con l’ulteriore obbligo di esprimersi  sull’idoneità stessa del lavoratore.

 

Nelle normative appena esaminate, vengono stabile precise responsabilità  a carico del datore di lavoro, del medico competente e del lavoratore.

Infatti, il datore di lavoro deve valutare le mansioni e attuare le relative misure di sicurezza, informare e formare gli stessi lavoratori, non somministrare anche indirettamente bevande alcoliche, attuare misure di controllo per situazioni a rischio, inviare i lavoratori a sorveglianza sanitaria, ed ha il potere di allontanare gli stessi se si evidenzia un’esposizione al rischio per motivi sanitari. Per il medico competente, come detto, vige un obbligo di effettuare i controlli sull’assunzione di alcol ed esprimere un giudizio di idoneità.

Il lavoratore, dal canto suo, ha l’obbligo di non assumere sostanze alcoliche, di contribuire alla propria salute e sicurezza e di sottoporsi alla sorveglianza sanitaria.

 

In concreto, su questo problema occorre fare alcune considerazioni. Per quanto concerne la legge-quadro 125/01, l’assunzione di alcol costituisce una condizione personale del lavoratore che sara’ eventualmente punito con una somma di denaro da € 516 a € 2500 circa, cosi’ come previsto dall’art. 15, comma 4.  Sanzione che può essere comminata sia nei confronti del lavoratore (anche se le modalità di accertamento non sono ben chiare) sia a carico del datore di lavoro nel caso somministri alcol in qualsiasi modo ai dipendenti.

Sempre sulla stessa scia, rimane ancora incompiuto anche quanto statuito nel Testo Unico (D.lgs.) 81/08 all’art. 41 comma 4 bis, e cioè che “entro il 31 dicembre 2009, con accordo in Conferenza Stato- Regioni, adottato previa consultazione delle parti sociali, vengono rivisitate le condizioni e le modalità per l’accertamento della tossicodipendenza e della alcol dipendenza”,  per cui, siccome ad oggi non esiste tale accordo, non sarà ancora possibile attuare in modo chiaro questo tipo di controlli.

Quindi da queste ultime righe si capisce che vi sono ancora degli anelli deboli della materia alcol-lavoro, in quanto è possibile effettuare un accertamento alcolimetrico solo nei casi in cui sia prevista la nomina del medico competente e solo se l’attività svolta dal lavoratore rientra nelle lavorazioni a rischio previste dall’intesa stato -regioni del 2006 (anche se per esse non sempre è prevista la nomina del medico competente) ma al contempo non vengono specificati i metodi dell’accertamento e con quali strumenti. È ovvio che nei casi in cui non sia prevista la nomina di un medico competente, tale accertamento andrà fatto dai medici del lavoro della ASL locale.

 

In conclusione, durante l’esecuzione delle attività lavorative che comportino elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l’incolumità o la salute dei terzi, non è possibile assumere o somministrare bevande alcoliche o superalcoliche e su tale aspetto sono previsti dei controlli senza preavviso sui singoli lavoratori nell’ambito della sorveglianza sanitaria di cui al D.Lgs. 81/08 (pur con i vuoti normativi di cui sopra). Il lavoratore deve essere consenziente (consenso informato e sottoscritto).

Se vi è rifiuto del controllo, il lavoratore può essere segnalato agli organismi competenti (spsal, medico competente, Inail) per i provvedimenti di competenza e sanzionato penalmente con arresto fino ad 1 mese o con l’ammenda da € 300 a € 600. Se il lavoratore nega il consenso, il medico competente non può esprimere il giudizio di idoneità. E senza tale giudizio, il lavoratore non può riprendere l’attività nella mansione specifica.

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