Un elemento fondamentale e pericolosissimo relativo alla formazione della memoria sono le informazioni post evento e cioè le percezioni, i giudizi, le notizie, e i colloqui con la polizia.
Dopo l’accadimento di un evento e dopo che un testimone può essere stato sentito dalla polizia, nel momento in cui va a testimoniare in tribunale gli si “incrociano” le informazioni, ossia può aggiungere alla sua testimonianza delle informazioni che ha recuperato dalla stampa, dalla televisione, dagli amici, o da chiunque abbia o sia stato in contatto con questo accadimento di cui ha parlato. Va ricordato che prima di essere chiamati a testimoniare esistono vari passaggi: cioè vengono chiamati come testimoni gli individui che hanno assistito ad un evento, ma sostanzialmente gli individui che sono già stati interrogati dalla polizia come persone informate sui fatti. Non tutte le persone che sono state sentite dalla polizia arrivano in tribunale come testimoni.
Quindi un “primo” interrogatorio è quello fatto dalla polizia. Che è cosa diversa però dall’essere
formalmente testimoni in aula di tribunale. Totalmente diversa la testimonianza in tribunale in quanto quando un soggetto viene chiamato in tribunale, deve giurare di dire la verità, tutta la verità e nient’altro che la verità. Mentre ciò non avviene presso l’ufficio di polizia.
Quando un soggetto viene chiamato da un organo di polizia, come persona informata sui fatti, non è in una situazione in cui deve giurare di dire la verità, deve solo dire la verità, cioè non è una situazione formale (è solo formale perché il soggetto viene chiamato da un’istituzione pubblica) ma non è una situazione in cui deve giurare di dire la verità.
Molto frequentemente il Pubblico Ministero dice: “ma scusi lei alla polizia ha detto una cosa e adesso a me ne sta dicendo un’altra”. Va ricordato che a volte ci sono delle discrepanze fra quello che un testimone dice alla polizia e quello che il testimone dice nell’aula di tribunale.
Il testimone è quello che viene citato in aula di tribunale.
Passa una quantità di tempo di solito rilevante fra il momento in cui un individuo viene chiamato dalla polizia come persona informata sui fatti, e il momento in cui viene chiamato dal tribunale come testimone in una certa causa. Questo tempo non è un tempo vuoto, è un tempo in cui il testimone giustamente parla con i famigliari, legge il giornale, parla con persone che gli sono vicine, interloquisce, discute, ecc.
Tutte queste informazioni, si passano abitualmente, si mischiano, nel senso che poi il risultato
finale è un ricordo che normalmente poi non è il ricordo dell’evento, ma è il ricordo dell’evento più
alcune informazioni che sono state aggiunte, o tolte, in questo lasso di tempo in cui c’è stata
questa interazione di alcune informazioni esterne.
Facile immaginare quello che succede poi in determinati casi: quelli che vanno sul giornale.
Nei casi che vanno sul giornale, i testimoni leggono il giornale, ascoltano la televisione, parlano con i conoscenti ecc. Allora è fisiologico che la lettura dei giornali e ascoltare la televisione e le trasmissioni in merito, forniscano delle informazioni che spontaneamente il testimone fa sue, ma non per intenzione, non per cattivo comportamento testimoniale, ma naturalmente diventano parte della sua informazione su quell’evento.
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