Legge 19 luglio 2019 n. 69 – Codice Rosso – Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere (Parte I – M. Ancillotti)

Giuseppe Carmagnini 22 Agosto 2019
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Più o meno in coincidenza di tempi con il decreto-sicurezza bis, da poco convertito in legge, il nostro Legislatore ha approvato un ulteriore testo di legge – legge 19 luglio 2019 n. 69 (pubblicata sulla gazzetta ufficiale n. 173 del 25 luglio 2019 e, quindi,  in vigore dal 9 agosto 2019) finalizzato a criminalizzare alcuni comportamenti causa nel passato di particolari allarmi sociali non adeguatamente intercettati e sopiti dal previgente complesso normativo di riferimento che come tale, è stato oggetto di integrazioni per colmarne le numerose lacune.

Si tratta per lo più di disposizioni a tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, ma la legge contiene poi anche importanti correttivi al codice penale, al codice di procedura penale e ad altri testi di legge.

Il provvedimento, come detto, ha come obiettivo quello di garantire una maggiore tutela alle vittime di maltrattamento, violenza sessuale, atti persecutori e lesioni, commessi in contesti familiari o nell’ambito di relazioni di convivenza, assicurando la tempestività dell’adozione degli interventi cautelari o di prevenzione e preservando l’incolumità delle vittime di violenza.

Più in particolare la legge 69/2019 pone l’attenzione sul complesso di reati che segue, collegando alla loro commissione una serie di cautele sostanziali e difensive che finiscono quasi col creare all’interno dello stesso codice di rito e del codice penale, una sorta di regime ancillare specifico per i reati di violenza domestica e di genere.

La maggior parte delle disposizioni riguardano frontiere di intervento operativo tradizionalmente estranee alle competenze istituzionali della polizia locale, ma che, specialmente negli ultimi anni, stanno rappresentando vere e proprie competenze nuove ed aggiuntive, spesso trattate con grande professionalità e con risultati straordinariamente efficaci.

Per queste motivazioni occorre ripercorrere, seppur in sintesi, il complesso delle novità e delle integrazioni proposte dalla nuova legge, cercando di attirare l’attenzione dei colleghi su quegli aspetti procedimentali e sostanziali che, anche a prescindere dalla commissione di reati tipici della violenza domestica e di genere, costituiscono novità di interesse anche in relazione ad altre tipologie di reati.

La legge riconduce la violenza domestica o di genere alle seguenti fattispecie di illecito:

  • maltrattamenti contro familiari e conviventi (articolo 572 c.p.);
  • violenza sessuale, aggravata e di gruppo (artt. 609-bis, 609-ter e 609-octies c.p.);
  • atti sessuali con minorenne (articolo 609-quater c.p.);
  • corruzione di minorenne (articolo 609-quinquies c.p.);
  • atti persecutori (articolo 612-bis c.p.);
  • diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (articolo 612-ter c.p.);
  • lesioni personali aggravate e deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (articolo 582 e 583-quinquies, aggravate ai sensi dell’articolo 576, primo comma, nn. 2, 5 e 5.1 e ai sensi dell’articolo 577, primo comma n. 1 e secondo comma).

Procediamo con ordine e vediamo in sintesi di illustrare le modifiche di maggiore interesse operativo.

 

Modifiche al codice procedura penale

 

In sintesi:

 

  • Comunicazione di notizia di reato

 

L’articolo 347 c.p.p. relativo ai tempi di trasmissione della comunicazione di notizia di reato viene modificando con la precisazione che in presenza di taluno dei reati sopra elencati la polizia giudiziaria deve riferire, immediatamente anche in forma orale al pubblico ministero. A tale comunicazione deve seguire senza ritardo quella in forma scritta. Il novellato comma 3 precisa che la polizia giudiziaria, una volta acquisita la notizia di reato in materia di violenza domestica (ossia di uno qualsiasi dei reati di cui sopra), debba informare immediatamente, anche in forma orale, il pubblico ministero (la comunicazione orale al pubblico ministero era prevista solo per gravi delitti tra cui omicidio o per reati di stampo mafioso / matrice terroristica).

Si ricorderà che l’ufficiale o l’agente di polizia giudiziaria, che viene a conoscenza di un reato, ha l’obbligo di riferire al Pubblico Ministero entro termini diversi a seconda della tipologia di reati accertati o di determinate circostanze.

 

Primo termine – senza ritardo

In generale (cioè se non è diversamente stabilito per determinati reati o in presenza di specifiche circostanze di cui nel prosieguo)  la comunicazione della notizia di reato deve essere riferita al pubblico ministero “senza ritardo”, cioè senza che rispetto al momento dell’acquisizione della notizia sia trascorso un lasso di tempo non giustificato dalle esigenze delle prime indagini (identificazione dell’autore del fatto, della persona offesa, accertamento delle modalità essenziali del fatto, così come si argomenta dall’articolo 347, comma 2).

Con l’espressione senza ritardo in genere si vuole indicare che la notizia di reato (e da oggi anche gli esiti delle attività di indagine delegata sui reati qui in osservazione) deve essere comunicata entro un termine tale da non pregiudicare e vanificare la funzione di direzione e di coordinamento delle indagini svolta dal Pubblico Ministero. Il predetto termine risulta, quindi, violato quando, per il lungo lasso di tempo trascorso dall’acquisizione della notizia di reato,

risulta compromessa ogni attività di indagine che potrebbe essere svolta dal Pubblico Ministero.

L’adempimento, continua la circolare, deve essere fatto “appena possibile” senza ingiustificate inerzie, acquisiti gli elementi a supporto della notitia criminis, al fine di evitare di incorrere nel reato di cui all’articolo

361 c.p. Ovviamente il “senza ritardo” deve coniugarsi con la necessità di una preventiva e doverosa attività

investigativa al fine di ottenere elementi utili sul reato commesso, prima di riferirne compiutamente al PM.

 

Secondo termine – entro 48 ore

Il comma 2-bis  prevede il termine di 48 ore per la trasmissione della comunicazione di notizia di reato, in caso di compimento di atti di p.g. per i quali è prevista la assistenza del difensore dell’indagato.

 

Terzo termine – immediatamente

Il comma 3, (come integrato dalla legge in osservazione) dispone ache la notizia di reato debba essere trasmessa al PM immediatamente anche in forma orale se trattasi di taluno dei delitti di cui all’articolo 407, comma 2, lett. a) n. 1-6, ovvero dei delitti di violenza domestica sopra indicati e in ogni caso, quando sussistono ragioni di urgenza. In tal caso alla comunicazione deve seguire senza ritardo quella scritta con

tutte le indicazioni e la documentazione prevista dall’articolo 347 comma 1 e 2 c.p.p.

 

Quarto termine – per elenchi mensili

L’articolo 107-bis prevede poi un termine mensile per la trasmissione delle denunce a carico di ignoti, che

devono essere riferite al P.M., appunto, per elenchi mensili.

 

Quinto termine entro 4 mesi

Infine l’articolo 11 del d.lgs. 274/2000 prevede un termine di quattro mesi, per la trasmissione della comunicazione di notizia di reato di competenza del giudice di pace. In realtà qui il termine è posto per il completamento di tutte le attività di indagine, ma non assorbe il termine generale previsto dal comma 1 ossia senza ritardo. Ciò significa che se le indagini su un reato di competenza del Giudice di Pace si esauriscono, per esempio, dopo venti giorni, la relativa comunicazione di notizia di ritardo va trasmessa  senza ritardo,  rispetto al compimento dell’ultimo atto di indagine e non entro 4 mesi

 

Si ricorda che l’articolo 16, disp. att., indica come specifica ipotesi di responsabilità disciplinare per gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria quella di avere omesso o ritardato la comunicazione di una notizia di reato al Pubblico Ministero e che l’articolo 361, comma 2, c.p. punisce con sanzioni penali la dolosa omissione o il ritardo nell’inoltro dell’informativa di reato da parte degli appartenenti alla polizia giudiziaria.

Si abbia ben presente che con la trasmissione della comunicazione della notizia di reato non si esaurisce il potere degli organi di polizia giudiziaria di svolgere attività di indagine in modo autonomo. A tal  proposito,

l’articolo 348, comma 1 impone alla polizia giudiziaria di continuare a svolgere le indagini “anche successivamente alla comunicazione della notizia di reato, raccogliendo in specie ogni elemento utile alla

ricostruzione del fatto e alla individuazione del colpevole”. Il quarto comma del citato articolo specifica altresì che, dopo l’intervento del pubblico ministero, la polizia giudiziaria compie gli atti ad essa specificamente delegati a norma dell’articolo 370, esegue le direttive del pubblico ministero ed inoltre svolge di propria iniziativa, informandone prontamente il pubblico ministero, tutte le altre attività di indagine per accertare i reati ovvero richieste da elementi successivamente emersi e assicura le nuove fonti di prova.

Infine si ricorda che l’obbligo della polizia giudiziaria di riferire la notizia di reato al pubblico ministero nei termini e con le modalità di cui all’articolo 347, c.p.p. riguarda esclusivamente i reati per i quali si debba procedere di ufficio. Tuttavia, l’articolo 346 c.p.p. attribuisce alla polizia giudiziaria il potere di svolgere “gli atti di indagine preliminare necessari ad assicurare le fonti di prova” anche quando, mancando la condizione di procedibilità, questa possa ancora sopravvivere. Con riferimento a questi casi, l’articolo 112, disp. att. pone a carico della polizia giudiziaria l’obbligo di riferire al pubblico ministero l’attività di indagine “senza ritardo” replicando l’impianto già descritto nell’articolo 347 c.p.p. In questi casi la documentazione delle attività compiute deve essere trasmessa al pubblico ministero, quando questi ne faccia richiesta.

Molte Procure – ma certo questa non è una novità – in relazione soprattutto agli incidenti stradali, hanno fornito istruzioni particolari per la gestione di tali tipologie di informative. In certi casi è stato chiesto il rigoroso rispetto delle disposizioni testè richiamate, in altri è stato ritenuta sufficiente una mera trasmissione della notizia del fatto trattenendo gli atti di indagini compiuti a disposizione del PM, in altri casi ancora si è optato per una trasmissione mensile ed in altri infine si è chiesto alla polizia giudiziaria di non trasmettere alcunché, se non dietro esplicita richiesta o presentazione di querela

 

  • l’articolo 362 c.p.p. in tema di assunzione di informazioni

 

Viene aggiunto il comma 1-ter con cui si precisa che sempre in relazione al novero dei reati sopra indicati, il pubblico ministero, entro 3 giorni dall’iscrizione della notizia di reato, deve assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha presentato la denuncia. Questo termine può essere prorogato solo se sono presenti imprescindibili esigenze di tutela di minori o per la necessità di mantenere le indagini riservate, anche nell’interesse della vittima del reato.

Alla eventuale inosservanza di tale termine non sembrano collegate nullità particolare, né sono previste comminatorie di inutilizzabilità od altro. E’ da ritenere che si tratta di un termine, ovviamente sempre da rispettare, ma meramente ordinatorio.

 

  • l’articolo 370 c.p.p. atti diretti ed atti delegati

 

Sono stati inseriti nell’articolo i commi 2-bis e 2-ter. La polizia giudiziaria, in presenza dei reati di cui all’elenco che precede deve, senza ritardo, compiere gli atti d’indagine delegati dal pubblico ministero e porre, senza ritardo, a sua disposizione i documenti che rappresentano il risultato delle attività compiute.

In sostanza l’espressione senza ritardo, fino ad oggi presente nell’articolo 347, comma 1, c.p.p. a rappresentare il termine massimo di trasmissione delle notizie di reato generiche, viene ora utilizzato anche per limitare nel tempo sia il compimento di attività delegate sui reati di cui si discute sia a perimetrare il termine di messa a disposizione del PM dei risultati delle attività delegate svolte, nelle forme e con le modalità previste dall’articolo 357 c.p.p.

 

 

  • informazioni e comunicazioni alla persona offesa

 

Viene fortemente rafforzato l’impianto comunicativo con la persona offesa in presenza di taluno dei reati attinenti all’alveo domestico:

  • l’articolo 90-bis c.p.p., relativo alle informazioni che devono essere fornite alla persona offesa dal reato prevede ora che sin dal primo contatto con l’autorità procedente, alla persona offesa dal reato, oltre a tutte le altre indicazioni già contenute nella norma di riferimento, devono essere fornite informazioni sulle strutture sanitarie presenti sul territorio, sulle case famiglia, sui centri antiviolenza e sulle case rifugio;
  • l‘articolo 90-ter c.p.p. prevede l’obbligo di comunicare alla persona offesa da un reato di violenza domestica o di genere e al suo difensore l’adozione di provvedimenti di scarcerazione, di cessazione della misura di sicurezza detentiva, di evasione. Precedentemente tale comunicazione

era prevista solo previa richiesta della vittima;

  • l’articolo 282-quater c.p.p. dispone che dell’applicazione delle misure dell’allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, debba essere data comunicazione non solo alla parte offesa e ai servizi socio-assistenziali del territorio, ma anche al difensore della parte offesa;
  • l’articolo 299 c.p.p., prevede che, nei procedimenti aventi ad oggetto delitti commessi con violenza alla persona la revoca o la sostituzione di misure coercitive o interdittive a carico dell’indagato debba essere immediatamente comunicata, oltre che al difensore, anche alla stessa persona offesa;
  • l’articolo 659 c.p.p. obbliga il pubblico ministero, chiamato a dare esecuzione ai provvedimenti del giudice di sorveglianza, a comunicare immediatamente alla persona offesa da uno dei delitti di violenza domestica e di genere e al suo difensore della scarcerazione del condannato. Il PM procede alla comunicazione attraverso la polizia giudiziaria.

 

  • assunzione di prove da un minore

 

L’‘articolo 190-bis c.p.p., contiene particolari ed aggiuntive cautele da osservare nella assunzione di una prova da minore di 16 anni o da vittima in condizioni di particolare vulnerabilità.

 

Altre modifiche di minore interesse operativo per la polizia locale riguardano:

  • l’articolo 282-ter c.p.p. relativo alla misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. E’ ora consentito al giudice di garantire il rispetto della misura coercitiva attraverso procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici (c.d. braccialetto elettronico), come previsto dall’articolo 275-bis c.p.p. per la misura degli arresti domiciliari. Previsione analoga è stata inserita all’articolo 282-bis, a garanzia dell’applicazione della misura dell’allontanamento dalla casa familiare, dal decreto-legge n. 93 del 2013;
  • l’articolo 275 c.p.p. in materia di criteri di scelta delle misure cautelari. Il comma 2-bis prevede che la custodia cautelare in carcere non possa più essere applicata se il giudice ritenga che, all’esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni. Tale previsione ad oggi non trova applicazione con riguardo ad una serie di reati: l’incendio boschivo (articolo 423-bis c.p.), i maltrattamenti contro familiari e conviventi (articolo 572 c.p.); il furto in abitazione o con strappo (articolo 624-bis c.p.) e lo stalking (articolo 612-bis c.p). Con la modifica apportata viene aggiunto il nuovo articolo l’articolo 612 ter c.p., di cui nel prosieguo e che rappresenta il cuore della legge 69/2019, contenendo il nuovo reato di revenge porn.

 

 

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