Come si può facilmente intuire la norma riguarda, da vicino, tutte gli appartenenti alle Forze dell’Ordine. Non a caso, al secondo comma, è prevista una fattispecie aggravata, qualora il fatto sia commesso da un Pubblico Ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio. La pena? Reclusione dai cinque ai dodici anni.
Informazioni ottenute tramite tortura e rimpatri: le altre novità periferiche
Le novità non si esauriscono però con le disposizione contenute all’interno del nuovo articolo 613-bis del Codice Penale.
Particolarmente interessante e l’articolo 613-ter che punisce i pubblici ufficiali che istighino altri colleghi a commettere il delitto di tortura. Anche qui pene piuttosto pesanti, che vanno dai sei mesi ai tre anni.
Stop alle espulsioni se c’è il rischio di tortura
Novità anche per quanto riguarda la disciplina dell’immigrazione e delle espulsioni. Non sarà più possibile infatti respingere, espellere o estradare una persona verso uno Stato, qualora vi sia il concreto pericolo che il soggetto possa essere sottoposto a tortura. Si chiarisce poi che “nella valutazione di tali motivi si tiene conto anche dell’esistenza, in tale Stato, di violazioni sistematiche e gravi dei diritti umani».
Inutilizzabili le informazioni ottenute con la tortura
Infine, le dichiarazioni o le informazioni concesse dal soggetto sottoposto a tortura non saranno utilizzabili all’interno delle aule dei tribunali, ad eccezione che queste possano servire per accusare il torturatore e provare la sua responsabilità penale.
Ora resta solo da attendere la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del testo del provvedimento e il reato di tortura entrerà a tutti gli effetti in vigore.
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