Nella sentenza si fa presente come a norma dell’art. 57, comma 2, lett. b), cod. proc. pen., in combinato disposto con l’art. 5 della L. n. 65 del 1986 (Legge quadro sulla Polizia Municipale), gli Agenti della Polizia Locale hanno a tutti gli effetti la qualifica di Agenti di Polizia Giudiziaria quando sono in servizio nell’ambito territoriale – la qualifica di Agenti di Polizia Giudiziaria attribuita alla Polizia Locale è limitata nel tempo “quando sono in servizio” e nello spazio “nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza” (Sez. 1, n. 8281del 09/05/1995, v. 202121), ma tali limitazioni non escludono e non ridimensionano l’operato dell’Agente di Polizia Locale chiamato a dirimere una rissa. Altro aspetto degno di nota toccato nella sentenza, e che personalmente ritengo interessante, è l’intervento della Polizia Locale per dirimere controversie di natura privatistica. Sovente in centrale operativa giungono richieste di tal specie e spesso vengono licenziate come situazioni privatistiche che non sono di competenza della Polizia Locale
A tal riguardo la Corte afferma che, anche se chiamati per diatribe di tale fatta, gli operatori di Polizia Locale conservavano sempre la loro veste di pubblico ufficiale e pertanto sono obbligati ad intervenire in quanto preposti alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica. Ne consegue che eventuali atteggiamenti omissivi da parte del personale intervenuto possono integrare fattispecie penalmente rilevanti (es. omissione di atti d’ufficio, ecc.).
Da non sottovalutare che, in questi casi, la Polizia Locale è obbligata a raccogliere le prove e a svolgere tutte quelle attività di identificazione, accertamento ed indagine che conseguono alla commissione di eventuali reati o di reati già posti in essere prima dell’arrivo della pattuglia.
Continuando a leggere la sentenza, la Corte ha affermato la sussistenza del delitto di omissione di atti di ufficio ex art. 328, co. 1, cod. pen. in riferimento al contegno omissivo dell’operatore di Polizia Locale per non essersi in alcun modo attivato per impedire che la contesa sfociasse nell’uccisione di uno dei soggetti e nel ferimento di un altro. In pratica cosa era accaduto nel fatto trattato dalla Corte?
L’agente intervenuto, di fronte all’aggressione perpetrata con un coltello, era rimasto del tutto inerte e, anzi, indietreggiò, nonostante i reiterati solleciti dei presenti affinché lo stesso intervenisse per fermare il colpevole.
Quindi, come evidenziato precedentemente, la sentenza sottolinea che, per quanto intervenuto per una controversia di natura privatistica, l’agente, conservava sempre la sua veste di pubblico ufficiale preposto alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, quindi aveva il dovere di intervenire.
Le conclusioni a seguito della lettura della sentenza della Cassazione possono essere numerose, ma una è quella che sta al di sopra di tutte: al pubblico ufficiale (si scrive pubblico ufficiale ma si legge operatore di polizia) non è concesso il “comodus discessus” per cui l’intervento è un obbligo, piaccia o non piaccia. qualunque esso sia. È uno dei rischi del nostro mestiere.
PER APPROFONDIRE
Corte di Cassazione Penale sez. V 6/9/2019 n. 37312 – Codice penale – Omissione di atti di uffici – Art. 328 codice penale – Agente di polizia municipale – Qualifica di agente di polizia giudiziaria |
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L’opera è destinata, come richiamato dal titolo, agli operatori di polizia in genere (e di polizia locale in particolare) che, rivestendo la qualifica di ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, debbono confrontarsi con norme dalla interpretazione letterale non sempre agevole, e con un’attività che richiede tempi di decisione rapidi e quindi sostenuti da una solida cultura di base.
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