La questione è nota: l’articolo 2 comma 7 cds prevede che “Le strade urbane di cui al comma 2, lettere D, E e F sono sempre comunali, quando siano situate nell’interno dei centri abitati, eccettuati i tratti interni di strade statali, regionali o provinciali che attraversano centri abitati con popolazione non superiore a diecimila abitanti”. Si tratta di una norma spesso sottovalutata, nel senso che non sono rari i casi in cui un ente locale (vuoi per risparmiare segnaletica ricomprendendo nel centro abitato “un’intersezione in più”, vuoi per accontentare un cittadino) estende il centro abitato fino a superare, magari anche di poco, il numero di diecimila abitanti.
I fatti in questione traggono origine da un Comune che, avendo accorpato diversi centri abitati fra loro limitrofi, ha di fatto creato un nuovo centro abitato di oltre diecimila abitanti: immediata la declassificazione della strada da parte della provincia o dell’ANAS (e comprensibile tenuto conto delle poche risorse in tempi di crisi).
L’effetto pratico è che il Comune si è ritrovato da un giorno all’altro con l’onere di provvedere alla manutenzione della strada (provinciale o statale) che attraversa l’abitato (con più di diecimila abitanti).
A nulla è servito opporsi: il Consiglio di Stato, con decisione sez. V 27/1/2014 n. 403 ha confermato la classificazione della strada comunale e la competenza in capo all’ente locale per la sua manutenzione.
Attenzione però! Il limite fatidico dei diecimila abitanti non è riferito al numero degli abitanti del territorio comunale, bensì del singolo centro abitato.
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