La vicenda giunge in Cassazione dove la difesa sostiene di fronte a una mera resistenza passiva, come quella in oggetto, non ci sarebbero gli estremi per configurare la violazione dell’art. 337 del Codice Penale (“Resistenza a un pubblico ufficiale“).
Il parere della corte
Secondo i giudici la condotta descritta non può essere definita di mera resistenza passiva, non essendosi l’imputato limitato a disobbedire alle richieste dei carabinieri, barricandosi all’interno dell’autovettura, ma anzi avendo egli messo in atto comportamento positivo, volto ad impedire, con l’uso della minaccia, al pubblico ufficiale di compiere l’atto del proprio ufficio.
Per integrare la minaccia ad un pubblico ufficiale, non è necessaria una minaccia diretta o personale, essendo invece sufficiente l’uso di una qualsiasi coazione, anche morale, o anche una minaccia indiretta, purché sia questa idonea a coartare la libertà di azione del pubblico ufficiale. Tale minaccia può essere anche costituita da una condotta autolesionistica dell’agente, quando la stessa sia finalizzata ad impedire o contrastare il compimento di un atto dell’ufficio ad opera del pubblico ufficiale.
Non c’era benzina sull’auto e la minaccia si rilevava irrealizzabile? La condanna è confermata
A nulla rileva, inoltre, che la minaccia si fosse rivelata in concreto irrealizzabile, per l’assenza di benzina nella bottiglia posseduta dall’imputato. È evidente infatti che il gesto prospettato agli agenti era comunque idoneo per opporsi al pubblico ufficiale, tenendo conto delle circostanze oggettive e soggettive al momento fatto.
Condannato quindi il soggetto che minaccia di compiere suicidio per opporsi alle forze dell’ordine.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento