La giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione con orientamento consolidato esclude infatti il concorso apparente di norme fra la fattispecie prevista dall’art. 181, comma 1, del D. Lgs., n. 42 del 2004 e quella di cui all’art. 44 lett. c) del d.P.R. n. 380 del 2001, in ragione del fatto che non ricorre identità di materia fra la disciplina relativa alla tutela del paesaggio e quella riguardante l’urbanistica.
Secondo la citata giurisprudenza l’unica sanzione applicabile alle violazioni previste dall’art. 181 comma 1 del D. Lgs. 42/04, qualunque sia la condotta violatrice concretamente accertata, è quella fissata dell’art. 44 lett. c) del D.P.R. 380/01.
Come è noto, infatti, l’art. 181 comma 1 del richiamato D. Lgs. 42/04 dispone testualmente che “Chiunque, senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa, esegue lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici, è punito con le pene previste dal D.P.R 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. c)”.
Da tale richiamo contenuto nel corpo del D.Lgs. 42/04, all’art. 44 lett. c) del T.U. sull’urbanistica veniva tratta la conclusione che tra le due norme non vi fosse un concorso apparente, essendo diverse le due fattispecie per diversità di scopi, presupposti ed oggetto.
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