L’articolo 452-terdecies del codice penale, prevede che:
“Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, essendovi obbligato per legge, per ordine del giudice ovvero di un’autorità pubblica, non provvede alla bonifica, al ripristino o al recupero dello stato dei luoghi è punito con la reclusione da 1 a 4 anni e con la multa da € 20.000 a € 80.000”.
Appare evidente che il delitto di cui all’art. 452-terdecies c.p. non si sovrappone con l’ipotesi contravvenzionale di cui all’art. 257 del D.lgs. 152/2006, comma 1, il quale prevede l’arresto da 6 mesi a 1 anno o l’ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro per chiunque cagiona l’inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio , se non provvede alla bonifica in conformità al progetto approvato dall’autorità competente nell’ambito del procedimento di cui agli artt. 242 e seguenti.
La legge n. 68/2015 ha modificato l’art. 257 del D.lgs. n. 152/2006 mediante l’introduzione della clausola di riserva “Salvo il fatto costituisca più grave reato”. Quindi, l’art. 257 può trovare applicazione solo nell’ipotesi di un superamento delle soglie di rischio che non abbia raggiunto gli estremi dell’inquinamento, ossia che non abbia cagionato una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili dei beni (acqua, aria, suolo ecc.) elencati dall’art. 452-bis c.p. (inquinamento ambientale) e limitatamente ai casi dell’omessa bonifica che deve essere realizzata secondo il relativo progetto approvato.
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