L’art. 117 della Carta Costituzionale nel demandare alla competenza residuale generale delle Regioni la materia del commercio ha contribuito a creare tale confusione con Regioni che hanno legiferato pressoché su tutto e altre come la Regione Campania praticamente su niente.
Ma ecco che con la sentenza n. 189, depositata il 16 gennaio 2012, in buona sostanza il TAR Campania Sezione Terza ha stabilito che, se il Comune non ha sottoposto la zona del territorio a tutela, e, quindi non ha programmato l’apertura di nuovi bar e ristoranti, per iniziare una nuova attività di somministrazione è sufficiente presentare allo sportello unico attività produttive – SUAP – una “mera segnalazione dell’interessato di inizio attività (c.d. SCIA) ”.
I giudici del TAR hanno evidenziato che dalla lettura dell’art. 19 della Legge 241/1990, come sostituito dall’art. 49, comma 4-bis, legge n. 122 del 2010 e come modificato dall’art. 5, comma 2, lettera b), legge n. 106 del 2011, “deriva che alla data odierna, il legislatore ha inteso generalizzare la liberalizzazione delle attività commerciali, in base a quanto già effettuato con il “decreto Bersani”, uniformando la disciplina abilitativa allo svolgimento di attività di somministrazione di alimenti e bevande a quelle delle ulteriori attività commerciali e prevedendo, in tali casi, la formazione del titolo per silenzio assenso, ad eccezione delle ipotesi in cui siano previsti limiti, contingentamento complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, fatto salvo naturalmente l’esercizio dei poteri inibitori o di autotutela previsti dalla norma medesima”.
Con ciò si verifica che, ancora prima che il Parlamento proceda alla conversione di due decreti legge n. 1 e n. 5 del 2012, che hanno accelerato il processo di liberalizzazione e semplificazione, il TAR della Campania ha posto dei paletti alle interpretazioni restrittive di coloro che ritenevano si dovesse ancora procedere al rilascio di una autorizzazione.
E ciò in relazione anche al fatto che il Ministero dell’Interno ha più volte sostenuto che il settore continua ad essere assoggettato al testo unico di pubblica sicurezza e da ultimo con lettera n. 557/PAS/U/015447/12982.A.P(24) del 24/08/2011 ha affermato che la SCIA deve ritenersi esclusa per gli atti rilasciati dalle Amministrazioni preposte alla Pubblica Sicurezza.
Del resto, non può essere ignorato il fatto che già l’art. 1, comma 2, del Decreto Legge 1/2012 ha stabilito che: «Le disposizioni recanti divieti, restrizioni, oneri o condizioni all’accesso ed all’esercizio delle attività economiche sono in ogni caso interpretate ed applicate in senso tassativo, restrittivo e ragionevolmente proporzionato alle perseguite finalità di interesse pubblico generale, alla stregua dei princìpi costituzionali per i quali l’iniziativa economica privata è libera secondo condizioni di piena concorrenza e pari opportunità tra tutti i soggetti, presenti e futuri, ed ammette solo i limiti, i programmi e i controlli necessari ad evitare possibili danni alla salute, all’ambiente, al paesaggio, al patrimonio artistico e culturale, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e possibili contrasti con l’utilità sociale, con l’ordine pubblico, con il sistema tributario e con gli obblighi comunitari ed internazionali della Repubblica».
Pertanto, deve ritenersi, in conformità con quanto disposto dalla citata Sentenza del Tribunale amministrativo napoletano (Tar Campania – Napoli, Sez. III, 16 gennaio 2012, n. 189), che in ogni caso in cui il Comune non abbia previsto limiti di contingentamento delle licenze giustificate dai motivi di cui all’art. 64, comma 3, del Decreto Legislativo n. 59/2010, per lo più, ragioni di sostenibilità socio-ambientale, è possibile iniziare l’attività di somministrazione di cibi e bevande mediante una semplice segnalazione certificata di inizio attività (SCIA): il che, comporta che il commerciante può iniziare l’attività sin dal giorno successivo al deposito presso il Comune della segnalazione di inizio attività; fatto salvo il potere dell’amministrazione comunale di paralizzare l’attività nei successivi sessanta giorni nel caso risulti, dall’esame della S.C.I.A., la carenza dei requisiti richiesti dalla Pubblica Amministrazione per l’inizio dell’esercizio commerciale.
In buona sostanza il Tar della Campania ha di fatto avviato una nuova fase interpretativa sulla procedura di apertura di bar e ristoranti.
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