Ruolo e funzioni della polizia locale

3 Luglio 2013
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Il ruolo che un operatore di Polizia è richiamato a ricoprire tutti i giorni è fondamentale, perché deve tutelare la sicurezza della cittadinanza degli spazi pubblici delle città e del territorio di propria competenza.

Nello specifico è la Polizia Municipale quale organo locale di controllo ad esser chiamata a far rispettare la legalità dai più piccoli regolamenti di polizia urbana, fino al rispetto delle norme contenute nel Codice Penale.
Per poter meglio comprendere quale sono i compiti e quindi che cosa è tenuto a fare un operatore di Polizia Municipale, si deve partire dall’analizzare ciò che è previsto nella Carta Fondamentale della Nostra Repubblica: La Costituzione.

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Polizia amministrativa locale: competenza esclusiva delle regioni

La Legge Costituzionale n. 3/2001 ha apportato una modifica al titolo V della Costituzione, per quanto riguarda le materie di stretta competenza legislativa delle Regioni e dello Stato.
Per quanto riguarda la Polizia Locale nella nostra Carta Costituzionale sono sanciti alcuni principi base:

  • Le regioni hanno competenza esclusiva legislativa di «polizia amministrativa locale» – art. 117, comma 2, lett. h);
  • Lo Stato continua ad avere competenza esclusiva in materia di “ordine pubblico e sicurezza”;
  • Con legge Statale viene disciplinata come funzione essenziale degli enti locali ( in particolare i Comuni), la funzione di Polizia Locale.

Sulla base di questi 3 principi è chiaro che qualsiasi normativa regionale, o nazionale non può essere in contrasto con questi 3 principi cardine della nostra costituzione.

Le normative principali ( in attesa dell’ormai famosa Legge di Riforma che è attesa da parecchi anni) che a livello nazionale disciplinano le competenza della Polizia Locale sono:

  1. Legge 7 marzo 1986 n. 65. “Legge quadro sull’ordinamento della polizia municipale”;
  2. Codice di Procedura Penale;
  3. Codice della Strada;
  4. D. L.vo 31 marzo 1998 n. 112.

Confronto fra la Legge N. 65/86 – “Legge quadro sull’ordinamento della Polizia Municipale” e L.R. 24/03 – “Disciplina della polizia amministrativa regionale e promozione di un sistema integrato di sicurezza”

Per la Regione Emilia Romagna, l’entrata in vigore della L. R. 24/2003, in virtù di quanto sancito dalla Riforma del titolo V della Costituzione, ha fatto sì che per il nostro territorio regionale, vari articoli della la Legge n. 65/1986 fossero abrogati, e lasciando in vigore quegli articoli che sono di stretta competenza residuale dello Stato.
Nonostante che moltissimi articoli della L. 65/86 siano stati abrogati, per poter capire a fondo quali sono le competenze proprie dell’Agente di Polizia Locale.
Infatti la legge nazionale del 1986 al momento della sua approvazione divenne fondamentale per l’intera categoria degli allora “vigili urbani” (termine che molte persone continuano ad usare ancora adesso impropriamente), che per la prima volta videro mutare la loro denominazione in “Polizia Municipale”, anche dal punto di vista normativo.
L’approvazione dei quattordici articoli della L. 65/86 fu un’innovazione, perché prima vi era soltanto una molteplicità di disposizioni legislative, a volte anche di 2° grado, che dovevano addirittura essere interpretate, in quanto erano sparse in varie leggi che disciplinavano altre materie e che erano state approvate in diversi momenti storici.
Nonostante tutto questo, ormai, con il passare degli anni, alla luce anche dei moltissimi problemi posti dall’opinione pubblica sul problema sicurezza, comincia esser molto sentito oltre che dagli stessi operatori, anche da moltissime altre persone, l’esigenza di approvare una riforma della Polizia Locale, che aggiorni il dettato normativo alla situazione attuale.
In attesa della nuova Legge, risulta comunque importante quanto viene sancito in quegli articoli della L. 65/86 che sono rimasti di stretta competenza statale.

Legge N. 65/86 – Analisi dei Compiti dell’Agente di Polizia Municipale

Con l’art. 1 della L. 65/1986 vengono affidate ai Comuni, in forma singola o associata, le funzioni di polizia locale, che sono esercitate dai vari enti, che prevedono un’articolazione in servizi e in corpi di Polizia.
L’art. 2 afferma che “Il sindaco o l’assessore da lui delegato, nell’esercizio delle funzioni di cui al precedente articolo 1, impartisce le direttive, vigila sull’espletamento del servizio e adotta i provvedimenti previsti dalle leggi e dai regolamenti.”
Il Sindaco ha il ruolo principale di impartire al Comandante le direttive su come dovrebbe esser organizzato il servizio.
Continuando a scorrere gli articoli della L. 65/86, si riesce a capire come già il legislatore nazionale sancisca che “collaborano, nell’ambito delle proprie attribuzioni, con le Forze di Polizia dello Stato, previa disposizione del Sindaco”, quindi la collaborazione che vi deve essere tra le varie istituzioni, in particolare tra le varie forze di polizia sia locale che nazionali, operanti su un territorio deve essere improntate ad una sana collaborazione.
Scorrendo il dettato legislativo è possibile notare come venga sancito che gli operatori di P.M., svolgono funzioni e compiti di polizia amministrativa; sono, cioè, chiamati, nell’ambito del loro territorio di competenza, a garantire, nelle materie di competenza, il rispetto delle leggi e dei regolamenti.
A tal fine quindi ai sensi dell’art. 5 la Polizia nell’ambito dell’ente territoriale, e nei limiti delle proprie attribuzioni, oltre che ad esercitare compiti di Polizia Amministrativa, esercitano compiti di Polizia Giudiziaria, Polizia Stradale ai sensi dell’art. 12 del Codice della Strada, e funzioni ausiliarie di Pubblica Sicurezza.
Qua occorre fare una differenziazione: mentre le prime due qualifiche di Agente/Ufficiale di Polizia Giudiziaria, nonché di Polizia Stradale, si acquisiscono al momento dell’entrata in servizio la nomina ad Agente di Pubblica Sicurezza con Funzione di ausiliario di P.S., non è automatica.
Infatti la nomina quale Agente di Pubblica Sicurezza, viene sancita dal Prefetto, dopo la comunicazione da parte del Sindaco (trattasi di atto dovuto) e dopo l’accertamento da parte dello stesso U.T.G. del godimento dei diritti civili e politici nonché la mancanza di condanne a pene detentive.
Nella Legge 65/86 tra gli articoli che ancora rimangono in vigore vi è l’art. 9 che tratta del Comandante del Corpo di P.M., e dove si sancisce l’obbligatorietà per gli Agenti di eseguire, nell’ambito del rispetto delle leggi, le direttive imposte dai superiori gerarchici, nonché dalle altre autorità ( es. Procura della Repubblica).
Restano altresì in vigore gli artt. 6 c.4, 8,9 c.2, 10, 11, 12 c.2, 13 e 14, tutte le restanti competenze e attività sono ora disciplinate con la L.R. 24/2003 della Regione Emilia Romagna.

L.R. 24/2003 – “Disciplina della polizia amministrativa regionale e promozione di un sistema integrato di sicurezza”

Come previsto dalla costituzione la L.R. 24/2003, in conformità con l’articolo 117, disciplina le funzioni di polizia amministrativa locale, che vengono esercitate tramite le di Polizia Locale (Municipale e Provinciale) operanti nel territorio della Regione Emilia Romagna.
La Regione, nello specifico quindi, esercita funzioni di coordinamento, indirizzo, raccomandazione tecnica, nonché di sostegno all’attività operativa, alla formazione e all’aggiornamento professionale degli appartenenti alla Polizia Locale.
In particolare, la Giunta regionale, d’intesa con la Conferenza Regione-Autonomie locali, previo parere del comitato tecnico di Polizia Locale esercita le funzioni di coordinamento e indirizzo in materia di:

  • sistema informativo della Polizia Locale;
  • criteri e sistemi di selezione per l’accesso e per la relativa formazione iniziale, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative;
  • esercizio delle funzioni ausiliarie di polizia amministrativa locale da parte di dipendenti degli Enti locali o da parte di addetti alla vigilanza nei parchi e nelle riserve naturali regionali, dipendenti dai rispettivi enti di gestione;
  • modulistica uniforme relativa all’esercizio delle funzioni, nonché altri strumenti per il miglioramento del rapporto con i cittadini.

Il comitato tecnico di Polizia Locale che è un Organo di consulenza e proposta alla Giunta regionale, composto dall’Assessore regionale competente, o suo delegato, dai comandanti dei corpi di Polizia Municipale dei Comuni capoluogo, da due comandanti dei corpi di polizia provinciale, da quattro comandanti di corpo di Polizia Municipale scelti tra i comandanti di corpi comunali o intercomunali, designati dalla Conferenza Regione – Autonomie locali ed è finalizzato alla realizzazione del coordinamento complessivo delle funzioni regionali in materia di Polizia Locale.

La Giunta regionale, inoltre, d’intesa con la Conferenza Regione-Autonomie locali, previo parere del comitato tecnico di Polizia Locale, emana raccomandazioni tecniche relative all’organizzazione delle attività, al reclutamento del personale, all’interpretazione normativa ed alla dotazione di mezzi e strumentazione operativa della Polizia Locale.
La Regione concede contributi agli Enti locali e loro associazioni per la promozione e l’istituzione dei corpi di Polizia Locale e per la realizzazione di progetti volti alla qualificazione del servizio di Polizia Locale.
Quando la grandezza di un Comune non consente l’istituzione di un Corpo di Polizia autonomo è possibile riorganizzare le varie attività attraverso Corpi intercomunali di Polizia Locale, con la possibilità di istituire Presidi Comunali in ogni Comune aderente al Corpo.
Le Polizie Municipali dei Comuni, le cui dimensioni organizzative non consentono l’istituzione di un corpo di Polizia Municipale, vengono classificati dalla normativa regionale come “Servizi di Polizia Municipale”.
La struttura seconda la normativa regionale riesce a garantire livelli di servizio qualificati, omogenei e rispondenti alle esigenze del territorio, nello specifico ex art. 14 L.R. 24/2003 i Corpi di Polizia Municipale:

  • si strutturano per garantire la continuità del servizio tutti i giorni dell’anno;
  • sono costituiti dal Comandante e da un numero minimo di operatori non inferiore a trenta;
  • gestiscono una centrale radio operativa (la quale deve disporre di almeno: un sistema di radio comunicazione di cui due apparecchi telefonici fissi ed un telefono cellulare, una fotocopiatrice, un fax direttamente collegato alla rete telefonica esterna, un computer fornito di collegamento alla rete internet ed indirizzo di posta elettronica, possibilità di accesso alle banche dati ACI-PRA e banca dati del Dipartimento Trasporti Terrestri relative ai veicoli e ai conducenti. Collegamento, tramite rete interna ai singoli enti, alle banche dati dell’ente di appartenenza, collegamento in rete locale con gli altri computer presenti nella sede della, Polizia Municipale, carte orografiche e toponomastiche riguardanti tutto il territorio di competenza ed infine dispositivi idonei a consentire una funzionalità minima in caso di black out elettrico per almeno 6 ore);
  • promuovono l’organizzazione e l’integrazione delle attività per aree territoriali omogenee”.

Inoltre sono istituiti prioritariamente per eseguire le seguenti attività:

  • controllo della mobilità e sicurezza stradale, comprensive delle attività di polizia stradale e di rilevamento degli incidenti di concerto con le forze e altre strutture di polizia di cui all’articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada);
  • tutela del consumatore, comprensiva almeno delle attività di polizia amministrativa commerciale e con particolare riferimento al controllo dei prezzi ed al contrasto delle forme di commercio irregolari;
  • tutela della qualità urbana e rurale, comprensiva almeno delle attività di polizia edilizia;
  • tutela della vivibilità e della sicurezza urbana e rurale, comprensiva almeno delle attività di polizia giudiziaria;
  • supporto nelle attività di controllo spettanti agli organi di vigilanza preposti alla verifica della sicurezza e regolarità del lavoro;
  • controllo relativo ai tributi locali secondo quanto previsto dai rispettivi regolamenti;
  • soccorso in caso di calamità, catastrofi ed altri eventi che richiedano interventi di protezione civile.

Struttura del corpo di Polizia Locale
Gli standard essenziali per le strutture di Polizia Locale sono stati stabiliti con Delibera di Giunta Regionale n. 1179 del 21 giugno 2004. Questi consistono in:

  1. Garantire la continuità del servizio secondo i seguenti orari minimi di servizio:
    • per i corpi di Polizia Municipale con organico uguale o minore a 46 operatori l’ orario non inferiore alle 11,30 ore medie di servizio giornaliero che normalmente sono articolate su due turni;
    • i Corpi di Polizia Municipale con organico superiore a 46 operatori l’orario non inferiore alle 17,00 ore medie di servizio giornaliero che di norma sono suddivise su tre turni;
    • i corpi di Polizia Municipale dei comuni capoluogo effettuano orario non inferiore a 20 ore medie di servizio giornaliero ordinariamente articolate su tre (qualche Comune capoluogo come per esempio Reggio Emilia hanno istituito il 4° turno notturno fisso ogni giorno dell’anno);
    • i corpi di Polizia Provinciale con organico uguale o minore a 30 operatori effettuano orario non inferiore alle 12 ore medie di servizio;
    • i corpi di Polizia Provinciale con organico superiore a 30 operatori di Polizia effettuano orario non inferiore alle 15 ore medie di servizio.
  2. Il numero minimo degli Agenti di Polizia Municipale è calcolato in base al numero di abitanti che popolano un determinato territorio, seguendo i sotto-indicati indici di calcolo:
    • per i Comuni fino a 10.000 abitanti residenti: vi devono essere almeno 0.80 operatori per 1.000 residenti;
    • per i comuni da 10.001 a 20.000 abitanti residenti: 0,90 operatori per 1.000 residenti;
    • per i Comuni maggiori a 20.000 abitanti residenti: 1,00 operatori per 1.000 residenti;
    • per Comuni capoluogo: 1,20 operatori per 1.000 residenti;
    • per il Capoluogo di regione: 1,30 operatori per 1.000 residenti;
    • per i Comuni turistici e negli altri Comuni a forte affluenza periodica è definito un adeguamento degli standard essenziali che viene quantificato nella misura di 1 operatore ogni 1.000 posti letto turistici.
  3. Per quanto riguarda la Polizia Provinciale, per determinare il numero minimo di opratori, si ha riguardo a due criteri: si guarda alla popolazione residente e all’ampiezza territoriale di ciascuna Provincia scegliendo il valore numerico che risulterà più alto relativamente all’applicazione dei due criteri sopra-riportati seguendo i sotto-indicati standard minimi:
    • 1 operatore ogni 20.000 abitanti residenti;
    • 1 operatore ogni 110 chilometri quadrati di superficie.
  4. La struttura organizzativa del Corpo di Polizia viene sancita tramite regolamento comunale, provinciale o dal regolamento intercomunale per le Comunità Montane e le Unioni, e per i Corpi Intercomunali. In quest’ultimo caso il regolamento deve essere approvato in tutti i Comuni aderenti all’Associazione.
  5. Per quanto riguarda i gradi e le varie figure professionali nel corpo di Polizia, vi sono:
    • Agenti, corrispondenti alla categoria contrattuale “C”, che a seconda dell’anzianità di servizio diverranno, Agenti Scelti, Assistenti, Assistenti Scelti;
    • addetti al coordinamento e controllo, corrispondenti alla categoria contrattuale “D” con funzioni di Ispettori, ed Ispettori Capo che potranno essere titolari altresì di Posizione organizzativa nei Comuni dove è previsto;
    • dirigenti corrispondenti alla Categoria contrattuale “D3” (giuridico, diverso dalla categoria D3-economico a cui un addetto al coordinamento e controllo può arrivare tramite Progressione Orizzontale) con funzioni di Commissari e Commissari Capi;
    • Comandanti e vicecomandanti, qualora previsto dal regolamento dell’Ente, con qualifica di addetto al coordinamento e controllo o dirigente.
      La funzione di Comandante può essere attribuita solo a personale di comprovata esperienza con riferimento ai compiti specifici affidati e alla complessità dell’ente di appartenenza. Salva diversa disposizione del regolamento del Comune, il comandante del corpo di Polizia Municipale riveste la qualifica apicale nell’ambito del Comune, ovvero, nei corpi intercomunali, la qualifica apicale prevista dal regolamento o dalla convenzione della forma associata.
      Il Comandante del Corpo di Polizia Municipale normalmente riveste la qualifica apicale di responsabile del servizio all’interno del Comune, o comunque nel caso di Comuni associati la qualifica apicale precisata dal regolamento relativo all’unione dei Comuni; egli è altresì della gestione delle risorse a lui assegnate, dell’addestramento, della disciplina e dell’impiego tecnico-operativo degli appartenenti al Corpo e ne risponde al Sindaco o nei corpi associati al Presidente della forma associativa, o suo delegato.
      Lo stesso Comandante è altresì responsabile dell’attuazione delle intese di cui all’articolo 3 della L. R. n. 24/2003 nelle materie di propria competenza e del corretto esercizio delle forme di vigilanza.
  6. Le attività di Polizia Locale sono svolte prioritariamente in uniforme, sull’intero territorio regionale, salvo quando il regolamento dell’Ente locale preveda diversamente per particolari attività di investigazione, o altro, comunque autorizzato dal Comandante o chi per esso.
    Secondo la L.R. 24/2003 inoltre qualora l’operatore di Polizia Locale che si trova a svolgere, in uniforme, attività di propria competenza fuori dall’ambito territoriale dell’ente di appartenenza, svolge, comunque, le proprie funzioni di polizia stradale relative alla viabilità, al verificarsi di situazioni di grave pericolo per la circolazione e la connessa incolumità delle persone, in attesa dell’intervento degli organi ordinariamente competenti.

Formazione degli operatori di Polizia Locale

Secondo quanto previsto dalla Regione Emilia-Romagna, la formazione e l’aggiornamento della Polizia Locale, per quanto riguarda tutte le figure professionali (agenti, addetti al coordinamento e controllo e dirigenti) è da considerarsi necessaria.
Per svolgere questa attività, attraverso la Scuola Interregionale di Polizia Locale» si può:

  1. programmare e realizzare le attività formative obbligatorie;
  2. promuovere, coordinare e sostenere le attività ordinarie di formazione e aggiornamento professionale degli appartenenti alla Polizia Locale;
  3. realizzare altre iniziative formative di diretto interesse regionale.

Altre normative disciplinanti le competenze dell’agente di P.M.

Per quanto riguarda le competenze vi sono due Codici , precisamente il Codice di Procedura Penale e il Codice della Strada che disciplinano le competenze dell’operatore di polizia municipale.
Il Codice di Procedura Penale afferma precisamente che “le Guardie dei Comuni durante l’orario di servizio e nel territorio di competenza sono Agenti ed ufficiali di P.G.” per quanto riguarda le materie di stretta competenza.
In merito è in corso un dibattito dottrinale per quanto riguarda le famose “competenze”, si rinvia al modulo di P.G. per le relative considerazioni, anche se in maniera sintetica si può affermare che gli appartenenti alle polizie locali sono agenti ed ufficiali di polizia giudiziaria a competenza limitata relativamente ai reati accertati nell’esercizio dei compiti propri di polizia municipale.
L’art. 12 del Codice della Strada afferma inoltre che la Polizia Municipale esercita le funzioni di Polizia Stradale nell’ambito del territorio competenza. A tal fine quindi le polizia municipale, come previsto dall’art. 11 del C.D.S. :

  • previene ed accerta le violazioni in materia di circolazione stradale;
  • rileva incidenti stradali;
  • provvede alla predisposizione e l’esecuzione dei servizi diretti a regolare il traffico;
  • effettua la tutela e il controllo sull’uso della strada.

Modalità di intervento della Polizia Municipale all’interno del sistema integrato di sicurezza indicato della L.R.24/2003

Dalla stessa intitolazione della l.R. 24/2003 è possibile comprendere quali siano le azioni che la nostra intenzione ha voluto adottare attraverso l’approvazione della legge, precisamente: “…la promozione di un sistema integrato di sicurezza delle città e del territorio regionale”.
Il fine di tale norma quindi è quello di porre in essere delle azioni aventi natura preventiva che nel loro insieme possano portare alla riduzione dei fenomeni di criminalità e di illegalità in genere.
Molte amministrazioni sulla base di quanto indicato nella relativa normativa hanno adeguato il proprio patrimonio attraverso una serie di azioni, come per esempio l’illuminazione di strade, installazioni di sistemi di video-sorveglianza, e promozione di iniziative per coinvolgere la popolazione e quindi animare gli spazi pubblici, con lo scopo che appunto, che queste azioni nel loro insieme possano prevenire tutti i fenomeni di illegalità sopra-descritti.

Queste azioni, appunto per la loro previsione con legge regionale sono altresì finanziate dalla Regione stessa, che a tal fine come previsto dall’art. 3 della L.R. 24/2003:

  • promuove accordi con lo Stato in materia di sicurezza delle città e del territorio regionale;
  • sostiene accordi tra le Autorità provinciali di pubblica sicurezza e i Comuni;
  • favorisce la partecipazione dei soggetti associativi, rappresentativi di interessi collettivi, al processo di individuazione delle priorità d’azione.

Questi accordi devono essere finalizzati:

  • alla realizzazione di sistemi informativi integrati sui fenomeni di criminalità, vittimizzazione, inciviltà e disordine urbano diffusi;
  • la gestione integrata del controllo del territorio e degli interventi di emergenza nel campo sociale, sanitario, della mobilità e della sicurezza;
  • la gestione integrata dei servizi per le vittime di reato e delle segnalazioni provenienti dai cittadini;
  • lo sviluppo di moduli organizzativi dell’attività di polizia fondati sul principio di prossimità anche mediante figure di operatori di quartiere ed il coinvolgimento dei cittadini;
  • le aree problematiche che maggiormente richiedono l’azione coordinata di più soggetti pubblici, fra cui le violenze e le molestie sessuali, la violenza familiare, lo sfruttamento e la violenza sui minori, la prostituzione coatta, le violenze e le discriminazioni su base xenofoba o razzista, i conflitti culturali ed etnici, le tossicodipendenze, nonché le funzioni di vigilanza sanitaria ed ambientale di competenza regionale;
  • l’attività di formazione integrata rivolte agli operatori delle forze di polizia nazionali e locali, nonché agli operatori sociali.

Per garantire tutti le azioni sopra-indicati la stessa Regione:

  1. promuove e stipula intese istituzionali di programma, accordi di programma e altri accordi di collaborazione per realizzare specifiche iniziative di rilievo regionale nel campo della sicurezza;
  2. realizza attività di ricerca, documentazione, comunicazione e informazione;
  3. fornisce supporto e consulenza tecnica nei confronti degli enti pubblici e delle associazioni ed organizzazioni che attivano strumenti di prevenzione per contrastare i fenomeni di illegalità;
  4. concede contributi ai Comuni, alle Province, alle Comunità montane, alle Unioni e alle Associazioni intercomunali per la realizzazione di iniziative finalizzate agli obiettivi di cui all’articolo 2, realizzate anche di concerto con operatori privati. I contributi sono concessi per spese di progettazione e di attuazione, con esclusione delle spese di personale;
  5. concede contributi alle associazioni ed alle organizzazioni di volontariato iscritte ai registri di cui alla legge regionale 2 settembre 1996, n. 37 (Nuove norme regionali di attuazione della legge 11 agosto 1991, n. 266 “Legge quadro sul volontariato”. Abrogazione della L.R. 31 maggio 1993, n. 26) che operano a favore delle vittime di reati nel campo della sicurezza e a sostegno della prevenzione dei reati, per la realizzazione di specifiche iniziative. I contributi sono concessi per spese di progettazione e di attuazione, con esclusione delle spese per investimenti;
  6. promuove, d’intesa con i soggetti preposti alla realizzazione di progetti di rilievo regionale, volti al miglioramento di rilevanti problemi di sicurezza o di disordine urbano diffuso, o alla qualificazione dei corpi di polizia locale, caratterizzati da una pluralità di interventi e da un adeguato sistema di valutazione dei risultati. Tali progetti, per iniziativa degli Enti locali, possono coinvolgere altri soggetti, pubblici o privati, direttamente interessati alla realizzazione degli interventi previsti;
  7. *prevede la possibilità di utilizzare forme di volontariato seguendo il disposto di cui agli articoli 1 e 2 della legge 11 agosto 1991, n. 266 (Legge-quadro sul volontariato). Tale utilizzazione è volta a realizzare una presenza attiva sul territorio, aggiuntiva e non sostitutiva rispetto a quella ordinariamente garantita dalla polizia locale, con il fine di promuovere l’educazione alla convivenza e il rispetto della legalità, la mediazione dei conflitti e il dialogo tra le persone, l’integrazione e l’inclusione sociale;
  8. prevede la possibilità per i Comuni di utilizzare gli istituti di vigilanza privata al fine del controllo del territorio, al solo fine di integrare le delle funzioni di polizia locale, a condizione che essi svolgano funzioni di mera vigilanza, aggiuntive e non sostitutive a quelle ordinariamente svolte dalla polizia locale e finalizzate unicamente ad attivare gli organi di polizia locale o nazionale e che operino sulla base delle indicazioni ed in maniera subordinata al comandante o al responsabile della polizia locale o ad altro operatore di detta polizia da esso individuato.

*E’ necessario precisare in merito al punto n. 7 che i volontari, individuati dalle amministrazioni locali anche sulla base di indicazioni provenienti dalle associazioni di volontariato, potranno essere impiegati a condizione che essi operino sulla base delle indicazioni ed in maniera subordinata al comandante o al responsabile della polizia locale stessa o ad altro operatore di detta polizia da esso individuato.Risulta chiaro che la figura del volontario potrà esser utilizzato sempre con il solo fine di vigilanza e di attivazione immediata delle forze di polizia locale o nazionale.
L’attivazioni di figure di volontari per il controllo del territorio è stata prevista anche con la L. n. 94/2009, che ha disciplinato le c.d. “ronde” , nello specifico vi è la possibilità di coinvolgere associazioni di cittadini, non armati, per segnalare tempestivamente, senza però la possibilità di intervento ai volontari, alle Forze di Polizia tutte quelle situazioni di criminalità che possano mettere in sicurezza l’incolumità pubblica.
Ciò viene reso possibile grazie all’istituzione presso ogni Prefettura di un elenco delle associazioni dei volontari e i requisiti che tali associazioni devono avere per l’iscrizione.Per l’attivazione però delle convenzioni con queste associazioni vi deve essere l’accordo con il Comune.

Patto per Modena “Sicura”

Si propone ora un esempio di Patto di Sicurezza, nel caso specifico quello sottoscritto in data 12.04.2011 tra il Comune e la Prefettura di Modena, e si focalizzerà l’analisi sugli articoli del patto che più sono il risultato del c.d. Sistema Integrato di Sicurezza.

Il patto “Modena Sicura” sottoscritto dal Comune e dalla Prefettura di Modena è il classico esempio di Patto di Sicurezza, di cui si sollecita l’adozione nei vari Comuni sia nella L.R. 24/2003 che nel D.L. 92/2008.
In questo patto sottoscritto sono da sottolineare alcuni articoli, dove si notano molto le sinergie che entrambi gli enti (Comune e Prefettura) si impegnano a porre in essere.
I più importanti articoli del Patto sono:

  • Art. 1 – Si afferma: “Ferme restando le linee operative di prevenzione e vigilanza di cui al Piano di controllo coordinato del territorio, la Prefettura Ufficio Territoriale del Governo di Modena e il Comune di Modena, ciascuno nell’ambito della propria competenza, in un’ottica di condivisione e raccordo, proseguiranno ed implementeranno il modulo di cooperazione e di interazione già positivamente praticato sulla base dei precedenti accordi negoziali sopra citati per fronteggiare, unitamente alla Polizia Municipale, situazioni di illegalità che necessitino della predisposizione di azioni di contrasto congiunte….”. Nello specifico si mira a:
    • dare corso ad azioni sinergiche e progetti specifici in materia di sicurezza urbana integrata su aree di intervento ritenute prioritarie per la sicurezza, la vivibilità e la coesione sociale della comunità individuando gli obiettivi generali e specifici delle azioni, i tempi di attuazione e le risorse disponibili, al fine di definire in maniera condivisa e partecipata le esigenze e le priorità degli interventi da attuare;
    • migliorare ed integrare il circuito informativo interistituzionale favorendo la massima condivisione di dati, analisi e conoscenze relative alla sicurezza del territorio e della comunità interessata per un efficace scambio di informazioni;
    • attivare percorsi di ascolto e confronto con e diverse espressioni del tessuto sociale, associativo, produttivo e del mondo del lavoro, nonché delle rappresentanze delle comunità immigrate al fine di definire in maniera condivisa e partecipata le specifiche esigenze delle differenti categorie sociali ed economiche.
  • Art. 4 – Per quanto riguarda gli aspetti operativi il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica e l’attività di prevenzione generale redige un verbale per tutte le decisioni che vengono assunte, che poi tramite la Prefettura saranno trasmesse ai relativi Corpi di Polizia. Chiaro è che hanno moltissima importanza altresì le nuove competenze del Sindaco in materia di sicurezza urbana EX D.M. 54 del T.U. Enti Locali, dove si afferma la possibilità del Sindaco di emanare ordinanze in materia di per esempio:contrasto dello sfruttamento della a prostituzione e dello spaccio di sostanze stupefacenti, contrasto dell’abusivismo commerciale e dell’accattonaggio molesto ecc…
  • Art. 9 – Polizia di Prossimità, afferma “Le parti concordano e si impegnano a imprimere ulteriore e rinnovato impulso a tutte le forme di espressione della polizia di prossimità, ricercando ogni possibile, ulteriore valorizzazione degli aspetti operativi di controllo del territorio che siano altresì aderenti al Codice Europeo di Etica della Polizia…”. Tutto ciò come si può facilmente a capire deve portare ad un maggiore raccordo con le pattuglie del Poliziotto, del Carabiniere e del Vigile di quartiere, che devono collaborare, ferme restando le specificità di ciascuna forza di polizia. I vari corpi di polizia si impegnano:
    • a proseguire nella progettazione di interventi integrati interforze che coinvolgano anche le competenze di prossimità per una migliore condivisione degli obiettivi di osservazione e controllo del territorio;
    • a realizzare un migliore coordinamento del Vigile di quartiere con il Poliziotto e il Carabiniere di quartiere, favorendo la condivisione degli obiettivi ed evitando duplicazioni o , sovrapposizioni di servizio in modo da garantire una capillare presenza sul territorio;
    • a valutare lo sviluppo, presso il “Posto Integrato di Polizia” (Posto di Polizia Centro), di un progetto di accoglienza e vicinanza alle vittime di reato assicurando una adeguata fascia oraria di apertura per la ricezione delle denunce e rafforzando l’azione di informazione sulle iniziative di prevenzione dei reati e risarcimento dei danni messe in atto dalle Istituzioni.
  • Art. 15 – Fenomeni di Insicurezza urbana. In questo articolo si afferma che le parti, ferma restando la prioritaria competenza delle polizie locali in materia, si impegnano a svolgere, in aggiunta all’attività di monitoraggio e controllo ordinariamente assicurata, servizi ordinari e straordinari in forma coordinata di contrasto a comportamenti illeciti correlati a fenomeni di disordine urbano come abusivismo commerciale ambulante, accattonaggio molesto, ecc…
  • Art. 10 – Controllo coordinato del territorio.in questo articolo si parla di rafforzare la predisposizione di servizi coordinati, con la partecipazione delle Forze di Polizia territoriali e della Polizia Municipale, mirati a fronteggiare, nell’ambito delle rispettive attribuzioni, l’emergere di situazioni di illegalità che necessitino della predisposizione straordinaria di forme di contrasto.

Tutto ciò è necessario se si vuole raggiungere il famoso concetto di “Sicurezza diffusa”. Da quanto detto finora si è potuto vedere come nel Patto del 12.04.2011 vi sia l’impegno ad attuare tutte quelle iniziative che possano entrare a pieno titolo nel progetto “Sistema Integrato di Sicurezza” che è stato approvato dalla Regione Emilia Romagna e che tutte rientrano a pieno titolo in questo patto. Grazie a questo protocollo a Modena è possibile attuare la collaborazione tra le varie forze di Polizia .

Si potrà grazie a questo patto arrivare ad avere ad oggetto servizi coordinati, anche nelle ore serali e notturne, al fine di rendere maggiormente efficaci gli interventi.

Coinvolgimento degli Enti Locali nella gestione del problema sicurezza: il D.L. 92/2008

L’aumento della percezione di insicurezza da parte della popolazione, ha costretto il governo italiano a studiare nuove politiche in materia di sicurezza, al fine di far sentire i cittadini più sicuri.
Il D.L. 92/2008 è stato emanato appunto per creato per cercare di porre un freno al senso di insicurezza che vari fatti di cronaca avevano portato nella popolazione; ciò è stato fatto conferendo al Sindaco quale Ufficiale e rappresentante del governo a livello territoriale, nuovi poteri in tema di sicurezza urbana.
E’ stato così modificato l’art. 54 del D.Lgs. 267/2000 (T.U. Enti Locali), dove sono state modificate, aumentandole, le funzioni del Sindaco quale Ufficiale del Governo, nello specifico viene previsto che il Sindaco sovrintenda:

  • all’emanazione degli atti che gli sono attribuiti dalle leggi33 e dai regolamenti in materia di ordine e di sicurezza pubblica;
  • allo svolgimento delle funzioni affidategli dalla legge in materia di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria. Infatti l’art. 57 del C.P.P. sancisce che è Amministratore ufficiale di polizia giudiziaria il Sindaco dei Comuni ove non abbia sede un ufficio della Polizia di Stato ovvero un comando dell’arma dei carabinieri o della guardia di finanza;
  • alla vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l’ordine pubblico, informandone preventivamente il Prefetto;
  • sovrintende alla tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e agli adempimenti demandatigli dalle leggi in materia elettorale, di leva militare e di statistica;
  • ha l’obbligo di segnalare alle competenti autorità, giudiziaria o di pubblica sicurezza, la condizione di irregolare dello straniero o del cittadino comunitario, per l’eventuale adozione di provvedimenti di espulsione o di allontanamento dal territorio dello Stato.

Esercitando queste funzioni il Sindaco deve altresì concorre ad assicurare anche la cooperazione della Polizia Locale con le Forze di polizia statali, nell’ambito delle direttive di coordinamento impartite dal Ministro dell’Interno.

Il DL. 92/2008 dà altresì al Sindaco, nell’esercizio delle funzioni di Ufficiale di Governo di emanare ordinanze, che possono essere anche con tangibili ed urgenti, al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana.
In riferimento a quanto appena indicato occorre precisare che con Decreto del Ministro dell’Interno 05 agosto 2008, come previsto dall’art. 54 del T.U. Enti Locali sono stati definiti i concetti di “incolumità pubblica” e “sicurezza urbana”, rispettivamente come “l’integrità fisica della popolazione” e “un bene pubblico da tutelare attraverso attività poste a difesa, nell’ambito delle comunità locali, del rispetto delle norme che regolano la vita civile, per migliorare le condizioni di vivibilità nei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale.” ., stabilisce che per «incolumità pubblica» deve intendersi “l’integrità fisica della popolazione” e per «sicurezza urbana» “un bene pubblico da tutelare attraverso attività poste a difesa, nell’ambito delle comunità locali, del rispetto delle norme che regolano la vita civile, per migliorare le condizioni di vivibilità nei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale.”

La possibilità di emanare Ordinanze tangibili ed urgenti è stata data per contrastare:

  • le situazioni urbane di degrado o di isolamento che favoriscono l’insorgere di fenomeni criminosi, quali lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, l’accattonaggio con impiego di minori e disabili e i fenomeni di
    violenza legati anche all’abuso di alcol;
  • le situazioni in cui si verificano comportamenti quali il danneggiamento al patrimonio pubblico e privato o che ne impediscono la fruibilità e determinano lo scadimento della qualità urbana;
  • l’incuria, il degrado e l’occupazione abusiva di immobili tali da favorire le situazioni indicate ai punti a) e b);
    d. le situazioni che costituiscono intralcio alla pubblica viabilità o che alterano il decoro urbano, in particolare quelle di abusivismo commerciale e di illecita occupazione di suolo pubblico;
  • i comportamenti che, come la prostituzione su strada o l’accattonaggio molesto, possono offendere la pubblica decenza anche per le modalità con cui si manifestano, ovvero turbano gravemente il libero utilizzo degli spazi pubblici o la fruizione cui sono destinati o che rendono difficoltoso o pericoloso l’accesso ad essi.

Tali provvedimenti sono preventivamente comunicati al Prefetto anche ai fini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione.

Al fine di assicurare l’attuazione dei provvedimenti adottati dal Sindaco ai sensi dell’art. 54 T.U.E.L., il Prefetto, ove le ritenga necessarie, dispone anche le misure adeguate per assicurare il concorso delle Forze di polizia.
Il decreto del Ministero dell’Interno 05 agosto 2008 disciplina l’ambito di esercizio del potere di ordinanza, anche con riferimento alle definizioni relative all’incolumità pubblica e alla sicurezza urbana.
Il Decreto del Ministro dell’Interno 05 agosto 2008, ai fini della configurazione del potere di ordinanza e, quindi, dell’applicazione dell’art. 54 T.U.E.L., stabilisce che per«incolumità pubblica» deve intendersi “l’integrità fisica della popolazione” e per «sicurezza urbana» “un bene pubblico da tutelare attraverso attività poste a difesa, nell’ambito delle comunità locali, del rispetto delle norme che regolano la vita civile, per migliorare le condizioni di vivibilità nei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale”.

Altra novità di rilievo che viene introdotta con il D.L. 92/2008 è la possibilità per la Polizia Locale di accedere alla Banca Dati CED per verificare i veicoli rubati e i documenti d’identità rubati o smarriti, nonché per il personale dotato della qualifica di Pubblica Sicurezza, alle informazioni concernenti i permessi di soggiorno rilasciati e rinnovati.
In merito a quest’ultima normativa occorre precisare che per quanto riguarda l’accertamento sui veicoli rubati vi è da alcuni anni la possibilità per la Polizia Locale di accedere agli archivi, mentre per quanto riguarda i permessi di soggiorno, sono relativamente pochi ( ed in verità si tratta solo di alcuni Comandi di Polizia Locale delle Città più grandi) ad essere stati dotato del terminale S.D.I. per il controllo dei Permessi di Soggiorno.

Coinvolgimento degli enti locali nella gestione del problema sicurezza: il concetto di prossimità

L’approvazione del D.L. 92/2008 come appena descritto, ha fatto si che gli Enti Locali fossero coinvolti nella gestione del problema legato all’insicurezza urbana nelle città.
Questo coinvolgimento è legato alla vicinanza che le singole realtà comunali riescono ad avere con i propri cittadini, tutto ciò attraverso varie politiche, ma una su tutte ha il suo punto cardine nella Polizia Locale, che come è noto è la forza di Polizia che è più vicina al cittadino, e che quindi incardina nel verso senso della parola il concetto di : Polizia di Prossimità.
La prossimità nasce per rispondere alla necessità di semplificare il passaggio tra le richieste della cittadinanza e le risposte delle amministrazioni, tutto ciò serve a far sì che cittadini non possano sentirsi soli davanti ai problemi riguardo la sicurezza, ma anzi, grazie all’azione che le nostre Polizie Locali pongono in essere quotidianamente, e cioè controlli appiedati dei luoghi sensibili (quali Centri Storici, Parchi ecc..) attuando quindi il vero senso di Polizia di Prossimità (vicinanza al cittadino), gli agenti diventano veri e propri interlocutori “in carne e ossa” che ascoltano e sono in grado di fornire risposte.

Si capisce quindi che, da una definizione data dal Ministero dell’Interno la Polizia di Prossimità è :
“Una filosofia operativa che s’inserisce nella complessiva pianificazione dell’azione di polizia e modifica l’approccio professionale degli operatori chiamati ad espletare attività di controllo del territorio, soprattutto a livello di quartiere, in modo da incidere in modo positivo sulla percezione di sicurezza del cittadino garantendo così una rassicurante vicinanza ed un momento di compartecipazione ai suoi problemi”.
Con questa definizione si cerca di andare oltre all’accezione fisica di vicinanza fisica della polizia al cittadino, cioè ad una redistribuzione della presenza della polizia sul territorio, che sarebbe di per sé un concetto troppo scontato.
Aumentiamogli Agenti, aumentano i controlli, e quindi le persone si sentono più sicure……questa equazione però non sta in piedi se non viene accompagnato da un cambio di prospettiva. Non serve a niente mettere i vigili in strada se non si riesce a capire il perché avvengono determinati fatti, o situazioni…il punto cruciale è proprio questo.
È sbagliata la filosofia di quegli amministratori che ritengono che i problemi delle persone si possano risolvere mettendo una pattuglia o un singolo Agente, come spesso capita a fare la statuina in Centro Storico..
Vi deve essere a partire dagli amministratori, per arrivare fino agli Agenti, l’idea che vi deve essere un cambio di prospettiva rispetto al tradizionale lavoro di polizia conseguente all’emergere di una diverso bisogno di sicurezza espresso dai cittadini.
Non si avrà più quindi una generica richiesta di mantenere l’ordine e la sicurezza pubblica, ma di assicurare livelli di sicurezza legati alle proprie attività quotidiane in relazione a fenomeni di criminalità diffusa, tutto ciò implica per i corpi di polizia un cambiamento nelle definizione degli obbiettivi, degli ambiti lavorativi e delle modalità operative.
Ciò che preoccupa di più un abitante delle nostre zone, non è la pericolosità delle infiltrazioni mafiose al Nord (di cui ahimè si parla poco…ma che è un problema su cui bisognerebbe creare molte più campagne di informazione) ma soprattutto i vari fenomeni di micro-criminalità che sono in aumento un po’ dappertutto.

Qualche dato può risultare utile: il Graf. 1 mostra la risposta ad un’indagine che l’Istat ha fatto chiedendo ai cittadini quale è la loro percezione di sicurezza nella città in cui risiedono, il Graf. 2 invece riporta la differenza nella percezione di sicurezza tra uomini e donne nel Comune di residenza rispetto a qualche anno prima in cui è stato perfezionato il sondaggio.

Come si ha modo di vedere nei grafici sotto-riportati sono soprattutto le donne a percepire un senso di insicurezza nelle città in cui vivono, e questo è dovuto sicuramente ai vari fatti di cronaca che si sono succeduti negli ultimi mesi.
Graf. 1 : Percezione di sicurezza dei cittadini nella propria città di residenza Anno 2009
Fonte: elaborazione Cittalia su dati SWG
Graf. 2: Percezione di sicurezza dei cittadini uomini e donne nella propria città di residenza Anno 2009
Fonte: elaborazione Cittalia su dati SWG
I Graf. 3 e il Graf. 4 invece mostrano che cosa i cittadini vorrebbero fosse fatto per migliorare le condizioni di sicurezza nelle città in cui vivono, ed in generale chi secondo loro ha competenza nel migliorare le condizioni di sicurezza.
Fonte: elaborazione Cittalia su dati SWG
Eccoci al punto cruciale su cui vi deve essere il cambio di prospettiva: le varie forze di polizia di polizia possono sperare di poter diminuire i fenomeni di micro-criminalità, cercando di attuare nel vero senso della parola, il concetto di Polizia di Prossimità, e cioè: l’ascolto del cittadino.
In questo caso diventa fondamentale il ruolo della Polizia Municipale, che è la forza di polizia che per sua natura è la più vicina alla popolazione, e che quindi è sempre in contatto con moltissime persone, riuscendo nel vero senso della parola ad ASCOLTARE!

Per questo motivo diventano fondamentali alcuni servizi di stretta competenza della P.M., quali:

  • Il servizio davanti alle scuole, dove è appurato, che si riescono a cogliere moltissime segnalazioni…dal cane che disturba fino al bambino che viene molestato ecc…
  • i controlli residenziali: cosa che forse un po’ ci viene invidiata dalle altre forze di polizia. La Polizia Locale infatti durante lo svolgimento dei controlli residenziali riesce ad entrare nelle case delle persone, e in alcuni casi riesce a scoprire episodi di illegalità che altrimenti rimarrebbero insoluti;
  • la vigilanza appiedati dei luoghi sensibili. Infatti il cittadino è più propenso ad effettuare segnalazioni alla pattuglia appiedata rispetto a quella auto-montata. Ecco perché nelle grandi città si è deciso di istituire la figura del vigile di quartiere. Il vigile di quartiere è un operatore di Polizia Municipale che viene dislocato in una zona della città dove opera e dove è in contatto continuamente con la realtà che lo circonda. I Comuni che hanno optato per la figura del vigile di quartiere hanno cercato di assegnare ad ogni zona cittadina sempre gli stessi operatori, in modo che ogni cittadino in difficoltà, o con qualche problematica possa fare riferimento sempre agli stessi operatori, come avviene per i Comuni più piccoli, mantenendo quindi fermo il“rapporto di fiducia” tra istituzioni e cittadino caratteristico della Polizia di Prossimità;
  • l’attività di Educazione Stradale. Con l’Educazione stradale, i Corpi di Polizia Locale, riescono a far comprendere fin da giovani ai ragazzi, quanto sia importante la cultura della legalità, dalle prime regole fondamentali su come andare in strada, fino a capire quando una persona sta commettendo un atto illegale, meritevole, di un intervento di coloro che loro fin dalle prime lezioni di “Educazione Stradale”, sentono come “amici poliziotti”.

Così facendo, gli operatori di polizia raggiungono un duplice obbiettivo: mettere i bambini in contatto con la cultura della legalità fin dai primi anni di scuola, e cominciare anche a capire quali saranno i ragazzini che per il proprio carattere, modi di fare e di atteggiarsi si potrebbero trasformare in bulli di paese, per poter poi agire tramite le maestre e nei casi più gravi tramite i Servizi Sociali del Comune per poter evitare il formarsi di veri e propri baby-delinquenti.

Se si riuscirà ad ascoltare e quindi a vedere quali siano i problemi delle persone si riuscirà ad attuare vere e proprie politiche di prevenzione dell’illegalità, cosa che è fondamentale per un qualsiasi Corpo di Polizia, come sancito dall’art. 1 del Codice Europeo di Etica per la Polizia attuato il 19.09.2001 dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa con Raccomandazione (2001) 10:

“Gli scopi principali della polizia in una società democratica in cui vige lo stato di diritto sono:

  • mantenere la quiete pubblica, la legge e l’ordine nella società;
  • tutelare e rispettare i diritti e le libertà fondamentali dell’individuo, contenuti, in particolare, nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo;
  • prevenire e combattere la criminalità;
  • indagare sul crimine;
  • fornire assistenza e funzioni di servizio alla cittadinanza.”
    (Art. 1 del Codice europeo di Etica per la Polizia)

La prossimità quindi deve servire ad attuare politiche preventive, senza però arrivare a confondere il ruolo dell’operatore di polizia, che non dovrà proporsi come polizia di prossimità che risolve tutti i problemi, bensì come valido interlocutore in grado di aiutare a trovare la soluzione dei medesimi.

L’agente, quindi di polizia non dovrà mai sostituirsi ad operatori sociali, docenti, animatori di attività giovanili, ecc., ma dovrà mantenere il proprio ruolo di persona incaricata di far rispettare la legge in modo fermo, corretto e al tempo stesso educato, cortese e rispettoso del cittadino, cercando attraverso la collaborazione con quest’ultimo e con le diverse, istituzioni in campo di risolvere i vari problemi, cercando di privilegiare le competenze specifiche della polizia locale e dove ciò non fosse possibile, di indirizzare il cittadino presso gli organi che potranno essere utili alla soluzione della problematica in questione.
Il buon funzionamento della figura del “vigile di quartiere” ha portato il Governo Italiano, a istituire altre due nuove figure: precisamente “Il Carabiniere e il Poliziotto di quartiere”, che sono nati con le medesime funzioni del vigile, cioè come viene affermato nella circolare del Ministero dell’Interno n. 566/A.1.0/983:“..con la filosofia di intervento finalizzata ad alimentare e rafforzare un proficuo rapporto di fiducia e collaborazione reciproca tra il cittadino e la polizia in grado di ridurre sia i livelli di criminalità esistenti nel nostro paese, sia nel senso di insicurezza diffuso tra gli italiani, e come …un grande contenitore di tutte quelle iniziative che, avvicinando le istituzioni della sicurezza al cittadino ed alle sue esigenze, costituiscono strumento di garanzia della libera fruibilità dei diritti fondamentali che caratterizzano un Stato democratico”.
(Una parte della circolare del Ministero dell’Interno n. 566/A.1.0/983)

Mission dell’operatore di Polizia: identificarsi nel ruolo

Nessuna delle competenze e delle qualifiche proprie della Polizia Municipale può essere acquisita dal singolo operatore se egli non si identifica con il Ruolo che ricopre. Con questa frase si vuol sottolineare un concetto: che per essere degli ottimi operatori di polizia si deve essere consapevoli del lavoro che si è chiamati a porre in essere quotidianamente!

Se l’operatore di polizia si identifica in pieno nel ruolo che ricopre, riesce a raggiungere la c.d. “mission”. Il concetto di mission di per sè è da intendersi come scopo, e cioè fine ultimo che una qualsiasi organizzazione vuol raggiungere. Nel caso della Polizia Locale è chiaro che lo scopo principale non potrà che essere il raggiungimento della sicurezza per i cittadini. Qui entra in gioco il concetto di Polizia di Prossimità per quanto riguarda il cambiamento di prospettiva che abbiamo descritto poc’anzi, che deve essere la soluzione al bisogno di sicurezza che continua ad essere espresso da molti cittadini. Per combattere la paura del crimine, l’unica cosa da fare è aumentare la fiducia dei cittadini negli organi preposti a garantire sicurezza e legalità. E questo è appunto il problema che si vuole in questa sede discutere..se il cittadino deve avere fiducia degli organi di Polizia, la stessa Polizia deve essere di per sé consapevole che è chiamata a ricoprire questo tipo di ruolo!

Questo è il cambiamento fondamentale che è uno dei punti base dello stesso concetto di Polizia di Prossimità: il vigile deve essere consapevole che il suo ruolo principale è la sicurezza e la tranquillità del cittadino e non quello di far cassa.
Ciò che si sta cercando di spiegare è che il cambiamento di mentalità deve avvenire proprio in ogni singolo operatore, infatti sanzionare un determinato tipo di illecito (stradale, amministrativo che dir si voglia..) è d’obbligo per l’operatore, anzi il non farlo è un reato previsto dal Codice Penale come omissione in atti d’ufficio, ma è il fine che deve essere diverso!
L’operatore di polizia deve esser consapevole che il fine della sanzione non è far cassa, ma bensì evitare che il comportamento del trasgressore possa esser ripetuto nuovamente!!La sanzione quindi ha un fine preventivo: evitare ulteriori futuri comportamenti illeciti della medesima specie.

Se l’operatore di polizia entrerà in quest’ottica si può dire che è riuscito ad identificarsi a pieno nel ruolo che ricopre in quanto riuscirà a garantire più sicurezza per i cittadini, raggiungendo quindi la propria “mission”.
Tutto ciò però non è del tutto scontato viste le mille competenze in cui un operatore di polizia locale è chiamato a cimentarsi, infatti si spazia dal C.D.S, al rilievo dei sinistri, alla polizia giudiziaria che vede coinvolti molti cittadini extracomunitari, e quindi per forza di cosa ci si deve specializzare anche in materia di immigrazione, la polizia commerciale e la polizia edilizia nonché la polizia urbana, la polizia amministrativa e di pubblica sicurezza
Ed in ognuno di questi settore l’operatore di polizia è tenuto, soprattutto nelle piccole realtà, dove non esistono le suddivisioni per reparti, ad avere una conoscenza generale di ogni materia di competenza, e quindi è definitivamente sparita l’idea della vecchia guardia comunale, che passava il suo turno in Centro Storico, cercando con molta inventiva di risolverei problemi di semplice quotidianità (quali ad esempio piccole liti tra condomini, liti per un parcheggio ecc….), ora l’Agente di Polizia Locale è tenuto a risolvere problemi ben più gravi, e molto spesso anche al limite delle proprie competenze, rischiando quindi di perdere il contatto con la popolazione.
Qua appunto si capisce nel verso senso della parola il concetto di “mission”, infatti se un agente di P.M. vede la parola “popolazione” lontano dalle nuove competenze che gli sono attribuite, si rischia di fare il proprio lavoro per raggiungere una semplice soddisfazione personale, perdendo il c.d. scopo, e cioè la sicurezza dei cittadini.
Contrariamente se invece io come operatore di P.M. riesco ad intersecare questi due aspetti, ponendo le persone alla base delle nuove competenze, e quindi come un punto di riferimento per la risoluzione di qualsiasi voglia problematica, riuscirò a raggiungere fino in fondo l’obbiettivo di far sentire più tranquille le persone.
 

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