Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale “sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie concernenti gli atti amministrativi adottati dalle Pubbliche Amministrazioni nell’esercizio del potere loro conferito dall’art. 2 del d.lgs. n. 165 del 2001, aventi ad oggetto la fissazione delle linee e dei principi fondamentali della organizzazione degli uffici, nel cui quadro i rapporti di lavoro si costituiscono e si svolgono; spetta, invece, al giudice ordinario pronunciarsi sull’illegittimità e/o inefficacia di atti assunti dalle stesse Pubbliche Amministrazioni con la capacità e i poteri del datore di lavoro privato ai sensi dell’art. 5 dello stesso decreto, di fronte ai quali sono configurabili solo diritti soggettivi, restando irrilevante il fatto che venga in questione un atto amministrativo presupposto, che può essere disapplicato a tutela del diritto azionato” (cfr. Cass., Sez. Lav., 26 giugno 2019, n. 17140; SS.UU., 23 ottobre 2018, n. 26802; 15 dicembre 2016, n. 25840; 3 novembre 2011, n. 22733; 4 aprile 2007, n. 8363).
Con la determinazione di attribuzione dei gradi non viene in rilievo alcun atto di organizzazione dell’ufficio, né la fissazione delle linee fondamentali della relativa organizzazione ai sensi dell’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 165/2001, bensì il mero inquadramento funzionale dei singoli dipendenti, rientrante nell’ambito delle misure inerenti alla gestione del rapporto di lavoro ai sensi dell’art. 5, comma 2, d.lgs. n. 165/2001.
L’attribuzione dei gradi attiene a un rilevante profilo del rapporto di lavoro, e cioè l’inquadramento funzionale e l’assegnazione delle attività e mansioni ai dipendenti. Non può pertanto dubitarsi che la controversia incide sul rapporto di lavoro, risolvendosi nella contestazione dell’erroneo e pregiudizievole inquadramento funzionale riservato agli appartenenti alla Polizia locale: il che dà luogo a un giudizio in materia di diritti soggettivi nell’ambito del rapporto di pubblico impiego contrattualizzato, devoluto alla giurisdizione ordinaria a norma dell’art. 63, comma 1, d.lgs. n. 165 del 2001. Nessun atto di conformazione degli uffici o definizione delle loro linee fondamentali (e, dunque, di cd. “macro-organizzazione”), né alcuna procedura concorsuale viene infatti in rilievo; né tanto meno si è al cospetto di “esercizio del potere pubblicistico contraddistinto dal requisito indefettibile dell’autoritatività (…) di fronte al quale il cittadino non può che vantare, dunque, una posizione d’interesse legittimo”: più semplicemente si verte in materia di attribuzione delle funzioni ai singoli dipendenti, nell’esercizio di poteri (meramente) datoriali nell’ambito del rapporto di pubblico impiego contrattualizzato.
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