Una revoca della posizione organizzativa effettuata dall’ente in modo illegittimo comporta il risarcimento della retribuzione di posizione persa ma non rientra nell’ipotesi di danno da demansionamento, quest’ultimo invece si ha tutte le volte in cui il dipendente sia stato, in modo progressivo, svuotato delle sue mansioni ed accompagnato anche da atti e comportamenti lesivi della dignità personale e professionale. Inutile, inoltre, l’insistenza del dipendente nel chiamare in causa il Sindaco, quale autore e responsabile principiale delle vessazioni arrecate, qualora la causa sia stata proposta quale azione contrattuale, in quanto in quest’ultimo caso la responsabilità degli amministratori e dei dipendenti dell’ente locale non trova titolo nell’inadempimento di un rapporto contrattuale, di cui essi non sono parte, ma il dipendente avrebbe dovuto attivare una distinta ed autonoma azione di tipo extracontrattuale nei confronti del Sindaco. Inoltre, la revoca illegittima della posizione organizzativa attrae esclusivamente nel calcolo del danno risarcibile la retribuzione di posizione e non quella di risultato, a meno che il dipendente dimostri che gli obiettivi sarebbero stati da lui conseguiti. Sono queste le conclusioni della Cassazione contenute nell’ordinanza n.7067/2021.
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