Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, il reato di impossessamento illecito di beni culturali di cui all’art. 176 del D.Lgs. n. 42 del 2004 non richiede, quando si tratti di beni appartenenti allo Stato, l’accertamento del cosiddetto interesse culturale, né che i medesimi presentino un particolare pregio o siano qualificati come culturali da un provvedimento amministrativo, essendo sufficiente che la “culturalità” sia desumibile da caratteristiche oggettive del bene. Del resto, spiega la Corte nella Sentenza n. 24988 del 2 settembre 2020 «le cose indicate nall’articolo 10, comma 1, che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni, se mobili… sono sottoposte alle disposizioni della presente Parte fino a quando non sia stata effettuata la verifica di cui al comma 2» (art. 12, comma 1, d.lgs. 42 del 2004, come modificato dall’art. 1, comma 175, lett. c, l. 4 agosto 2017, n. 124, che ha elevato il termine in precedenza fissato in cinquanta anni), vale a dire la verifica della sussistenza di interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico.
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