Alla luce degli attentati terroristici che hanno colpito Parigi la notte di venerdì 13 Novembre, tutti gli Stati d’Europa, tra cui l’Italia, hanno alzato il livello di allerta, in particolare intensificando le operazioni di controllo alle frontiere.
Ma dal punto di vista della sicurezza urbana e delle operazioni di contrasto al finanziamento del terrorismo di matrice islamico-jihadista che cosa può fare il nostro Paese?
Ce ne parla Andrea Girella, Ufficiale della Guardia di Finanza.
“I terroristi hanno bisogno di soldi: per finanziare i propri attacchi, per addestrare sé e i propri accoliti, per pagare uno stipendio, per mantenere le famiglie, per promuovere la propria ideologia. Se in passato le principali fonti di finanziamento dei gruppi terroristici provenivano principalmente da Stati, la fine della Guerra Fredda ha imposto di procurarsi altre disponibilità, individuando tali risorse negli affari, nel commercio, in sponsor privati”.
La dimensione domestica della minaccia del terrorismo
Il 15 ottobre 2014 il Presidente della Repubblica, nell’ambito del Consiglio Supremo di Difesa, ha lanciato un inconsueto segnale di allarme alla collettività italiana dichiarando che “la pressione militare dell’ISIS in Siria e Iraq implica rischi rilevanti per l’Europa e per l’Italia” e che “la minaccia costituita dai cosiddetti foreign fightersrende evidente l’esigenza di uno sforzo integrato e senza soluzione di continuità, sia sul fronte informativo sia su quello esecutivo, da parte dei dispositivi di sicurezza esterna e interna nazionali e internazionali”. Da tale avviso i commentatori hanno subito desunto che a livello istituzionale ci si aspetta una progressione di rischi e minacce e che quindi il Paese, per farvi fronte, deve ‘attrezzarsi’.
Con riguardo alle partenze dall’Italia, nel settembre 2014 il Ministro dell’interno ha dichiarato che il Comitato di Analisi per le Strategie Antiterrorismo (CASA) ha stimato in 48 le persone indirettamente collegate all’Italia che sono partite come volontarie per combattere la jihad siriana e che, tornando, potrebbero avere la volontà di proseguire nello jihadismo con altre modalità, anche eversive. È evidente che la pronunciata fluidità della situazione nell’area nordafricana e mediorientale incide sulla portata della minaccia terroristica di matrice jihadista in territorio nazionale (come nel resto dell’Europa) in relazione sia agli sviluppi sul terreno sia all’evoluzione delle strategie qaediste.
Il finanziamento del terrorismo nella legislazione italiana
La casistica finora emersa dalle indagini di polizia giudiziaria ha rilevato l’esistenza di forme di finanziamento diversificate riconducibili nel complesso a due tipologie fondamentali: finanziamenti che utilizzano fondi provenienti da attività legali e finanziamenti sostenuti da proventi derivanti da attività illegali. Al fine di garantire la sicurezza del territorio nazionale e dei suoi interessi all’estero, il legislatore italiano ha promulgato una serie di disposizioni legislative mirate al contrasto del fenomeno terroristico in genere e al suo finanziamento.
Contrasto normativo
Tra i principali provvedimenti d’urgenza che il legislatore nazionale ha emanato, finalizzati ad integrare la normativa interna per l’attuazione delle misure antiterrorismo alle disposizioni della comunità internazionale, emergono:
• il decreto legge n. 374 del 18 ottobre 2001 (convertito, con modificazioni, in legge n. 438 del 15 dicembre 2001, recante “Disposizioni urgenti per contrastare il terrorismo internazionale”);
• il decreto legge n. 144 del 27 luglio 2005 (convertito, con modificazioni, in legge n. 155 del 31 luglio 2005, recante “Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale”).
Si tratta di due provvedimenti che più di altri hanno introdotto misure innovative in materia penale e processuale ai fini antiterrorismo.
Contrasto investigativo
A. Sanzioni
L’art. 270-bis c.p. prevede la pena della reclusione da sette a quindici anni per le condotte considerate di rango superiore (promotore, costituente, dirigente, organizzatore e finanziatore dell’associazione) e della reclusione da cinque a dieci anni per coloro che invece sono accusati di semplice partecipazione.
B. Istituti processuali e strumenti investigativi di polizia giudiziaria
In base alla collocazione sistematica dell’articolato penalistico, inoltre:
– sono applicabili le misure cautelari personali, coercitive ed interdittive, secondo il disposto degli artt. 280 e 287 del codice di procedura penale (oltre, c.p.p.);
– l’arresto in flagranza è obbligatorio, ai sensi dell’art. 380 c.p.p., anche se in tali fattispecie criminose una simile situazione operativa sembra di difficile realizzazione;
– è consentito il fermo di indizio di delitto, ai sensi dell’art. 384 del c.p.p;
– è possibile ricorrere all’istituto delle intercettazioni di conversazioni o di comunicazioni, ai sensi dell’art. 266 c.p.p. e seguenti, nonché agli ulteriori istituti previsti dal c.p.p. ai fini dell’acquisizione e della conservazione delle fonti di prova (perquisizioni, personali e domiciliari ex artt. 247 c.p.p. e seguenti, e sequestri preventivi ex art. 321 c.p.p.).
Tuttavia, accanto a tali attività di polizia giudiziaria svolte da ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, l’ordinamento giuridico prevede per l’attività di contrasto ai delitti commessi con finalità di terrorismo anche strumenti investigativi più incisivi già previsti in altri settori criminali.
C. Indicazioni operative sui possibili percorsi investigativi nelle indagini a contrasto del finanziamento del terrorismo
È di tutta evidenza che l’azione di contrasto al finanziamento del terrorismo non può prescindere dall’individuazione e dal blocco delle fonti finanziarie delle cellule terroristiche. Anche a livello internazionale la lotta al terrorismo viene condotta ormai attraverso una linea d’intervento “integrata” che mette insieme le capacità d’intelligence, l’investigazione criminale e di polizia ma soprattutto l’analisi e l’approfondimento dei flussi finanziari. Ciò significa che in questo settore è fondamentale adottare tutti gli strumenti tipici delle investigazioni di polizia giudiziaria, purché coniugati con lo sviluppo di indagini finanziarie mirate. Come per le indagini antiriciclaggio, le fonti di innesco per indagini a contrasto del finanziamento del terrorismo possono derivare essenzialmente da:
• attività d’intelligence;
• attività di carattere amministrativo;
• indagini delegate dell’Autorità Giudiziaria e/o di iniziativa.
Contrasto finanziario
Il contrasto finanziario al terrorismo internazionale si sostanzia nell’applicazione di sanzioni finanziarie internazionali rientranti tra le misure restrittive utilizzate per impedire l’attività di Stati, individui o organizzazioni che minacciano la pace e la sicurezza internazionale. Tali misure consistono nel congelamento di “fondi” e di “risorse economiche” possedute (in Italia) da persone o organizzazioni legate al terrorismo internazionale e nell’attuazione del divieto di metterli a loro disposizione.
Sono mezzi di contrasto finanziario:
a) la collaborazione attiva: l’efficacia dell’azione di contrasto finanziario al terrorismo è, come per il riciclaggio, strettamente connessa alla necessaria attenzione che gli intermediari finanziari devono prestare per individuare determinati flussi economici e monetari, soprattutto per quei soggetti/società che rientrano in liste di sospetti. Tale condotta, definita di “collaborazione attiva”, è indispensabile per attuare le prescritte misure di congelamento dei fondi e delle risorse economiche di soggetti legati ad organizzazioni terroristiche;
b) il congelamento di fondi e risorse economiche: per congelamento dei Fondi, si intende il divieto, in virtù dei Regolamenti comunitari e dei Decreti ministeriali, di movimentazione, trasferimento, modifica, utilizzo o gestione dei fondi o di accesso ad essi, cosi da modificarne il volume, l’importo, la collocazione, la proprietà, il possesso, la natura, la destinazione o qualsiasi altro cambiamento che consente l’uso dei fondi, compresa la gestione di portafoglio. Per congelamento delle Risorse Economiche, si intende il divieto, in virtù dei Regolamenti comunitari e dei Decreti ministeriali, di trasferimento, disposizione o, al fine di ottenere in qualsiasi modo fondi, beni o servizi, utilizzo delle risorse economiche, compresi, a titolo meramente esemplificativo, la vendita, la locazione, l’affitto o la costituzione di diritti reali di garanzia;
c) le liste.
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